Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29334 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. II, 28/12/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 28/12/2011), n.29334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.O. (C.F.: (OMISSIS)); B.E.

(C.F.: (OMISSIS)); B.M.C. (C.F.:

(OMISSIS)); B.R. (C.F.: (OMISSIS)) e

B.S. (C.F.: (OMISSIS)), tutti rappresentati

e difesi, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli

Avv.ti Carattoni Giovanni e Giulio Guarnacci ed elettivamente

domiciliati presso lo studio del secondo, in Roma, alla v. Zara, n.

13;

– ricorrenti –

contro

B.A.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Brescia n.

330 del 2009, depositata il 10 marzo 2009 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 26

ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità

dei ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione notificato il 26 marzo 1998, B.A. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bergamo, B. E., B.S., B.R., B.M.C. e A.O., tutti quali eredi di B.M., nonchè Br.Ad. e B.D. per sentir dichiarare lo scioglimento della comunione relativa ad alcuni cespiti immobiliari siti in Bergamo. Nella costituzione dei convenuti, il Tribunale adito, con sentenza n. 1080 del 2003, accertata la comproprietà del compendio immobiliare dedotto in controversia, disponeva lo scioglimento della comunione, assegnando all’attore il lotto A ed ai convenuti il lotto B, secondo il primo progetto predisposto dal nominato c.t.u., accordando un conguaglio a favore dei convenuti e compensando integralmente le spese del giudizio.

Interposto appello da parte di A.O., B. E., B.M.C. e B.R., la Corte di appello di Brescia, nella costituzione dell’appellato, con sentenza n. 330 del 2009 (depositata il 10 marzo 2009), rigettava il gravame e condannava gli appellanti, in solido fra loro, alla rifusione delle spese del grado. Avverso la citata sentenza di secondo grado (non notificata) hanno proposto ricorso per cassazione (notificato il 16 aprile 2010 e depositato il 30 aprile successivo) A. O., B.E., B.M.C., B.R. e B.S. articolato in due motivi, in ordine al quale non ha svolto attività difensiva in questa fase l’intimato Br.

A..

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione della sentenza in forma semplificata. Con i due motivi proposti i ricorrenti hanno dedotto la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avuto riguardo: – alla prova della simulazione, con precipuo riferimento al capo b.1) della sentenza 330/2009 della Corte di appello di Brescia; – all’eccezione di prescrizione della simulazione, con precipuo riguardo al capo b.2) della stessa sentenza; – alle domande di attribuzione e divisibilità del bene, con precipuo riferimento ai capi c. e c.1) della medesima sentenza.

Ritiene il collegio che sussistono, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso con riferimento a tutti i motivi proposti, per inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e “ratione temporis” applicabile nella fattispecie, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs., siccome pubblicata il 10 marzo 2009: cfr. Cass. n. 26364/2009 e Cass. n. 6212/2010). Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366-bis c.p.c., ne prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dai n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte (secondo la quale, inoltre, ai fini dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto non può essere implicitamente desunto dall’esposizione del motivo di ricorso, nè può consistere o essere ricavato dalla semplice formulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla fattispecie, poichè una simile interpretazione si sarebbe risolta nell’abrogazione tacita della suddetta norma codicistica), deve escludersi che i ricorrenti si siano attenuti alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., poichè:

– con riguardo al motivo riferito alla dedotta violazione di legge (della quale, peraltro, non vengono nemmeno indicate le specifiche disposizioni assunte come violate, in dispregio della prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), non risulta inserita alcuna indicazione, in modo appropriato ed autonomo, di un quesito di diritto riferibile alla supposta violazione di norme, la cui formulazione – tale da contenere un riferimento riassuntivo relativo all’oggetto della doglianza – avrebbe dovuto assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e di chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v., tra le tante, Cass. n. 7197/2009);

– con riferimento al supposto vizio di motivazione, dopo la diffusa esposizione della doglianza, non si evince alcuna appropriata sintesi dello stesso vizio prospettato e manca del tutto la chiara indicazione, in apposito quadro riepilogativo, del fatto controverso in relazione al quale si assume che la motivazione della sentenza impugnata era contraddittoria, così come difetta la prospettazione delle ragioni, in termini adeguatamente specifici, per le quali la stessa adottata motivazione si sarebbe dovuta ritenere inidonea a supportare la decisione (non potendo certamente qualificarsi congruo allo scopo il riferimento, peraltro correlato alla sola prima questione dedotta, alla circostanza, dopo lo sviluppo delle argomentazioni critiche, che “la sentenza impugnata, pertanto, sul punto è errata per palese contrasto colle sentenze citate e, comunque, priva di adeguata motivazione, tanto da meritare la piena riforma per cui sin d’ora si insta”, risolvendosi tale affermazione, oltretutto generica e priva di correlazione con la fattispecie specifica esaminata dalla Corte di appello, in una mera asserzione tautologica della sussistenza del vizio denunciato).

In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza doversi far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese della presente fase per mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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