Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29333 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/11/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 14/11/2018), n.29333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente – Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere – Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere – Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere – Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere – ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso 11977-2013 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende; – ricorrente – contro P.A., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato ROSARIO CALI’ (avviso postale ex art. 135); – controricorrente – e contro SERIT SICILIA SPA; – intimato – avverso la sentenza n. 43/2012 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO, depositata il 22/03/2012; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

Fatto

PREMESSO

CHE:

1. in controversia relativa alla legittimità di una cartella esattoriale notificata da parte di Se.ri.t. Sicilia spa, per conto della Agenzia delle Entrate, ad P.A., e relativa (per quanto ancora interessa) a somme non versate da quest’ultimo facendo valere crediti di imposta poi, dall’Agenzia, disconosciuti e recuperati a tassazione in esito a controllo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, la commissione tributaria regionale della Sicilia Campania, con sentenza 43/01/12 del 22 marzo 2012, riformando la decisione di primo grado, dichiarava illegittima la cartella impugnata, rilevando, in motivazione, che “quanto al credito d’imposta non risulta affatto evidente, come sostiene l’appellata Amministrazione, che sussista certezza in ordine alla sua quantificazione, proprio come confermato dalla difesa dello stesso Ufficio per la quale vi era stato un accoglimento solamente parziale del credito d’imposta esposto in dichiarazione e rilevato un minore credito Iva. La relativa somma a debito del P. non risulta, dunque, emersa pacificamente dalla sua dichiarazione, sì da necessitare, ai sensi delle disposizioni soprarichiamate (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e 6 Statuto del contribuente), una previa diffida ad adempiere che costituisce eventuale prodromo per una definizione extragiudiziale. La giurisprudenza anche della Suprema Corte (e plurimis la recente ordinanza 22035/2010) è concorde nell’affermare l’obbligo della comunicazione al contribuente qualora dal controllo automatizzato emergano risultati diversi da quelli indicati nella dichiarazione. L’Amministrazione non risulta conclusivamente essersi attenuta alla condizione di procedibilità prescritta, oltre che dal noto Statuto, dall’art. 36-bis come sopra interpretato”;

2. l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della suddetta sentenza, sulla base di due motivi, con i quali lamenta che la commissione ha:

2.1. falsamente applicato l’art. 112 c.p.c. giacchè ha dichiarato per intero insussistente il credito di essa ricorrente nonostante che detto credito fosse stato in parte riconosciuto dal contribuente in esito ad un accesso mirato finalizzato a verificarne i presupposti;

2.2. falsamente applicato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, laddove, nonostante, le somme iscritte a ruolo fossero “esattamente determinate nella misura esposta in dichiarazione dallo stesso contribuente evidenziandosi esclusivamente omessi, carenti o ritardati versamenti”, ha ritenuto doveroso far precedere l’iscrizione a ruolo dall’invio della comunicazione di irregolarità previsto da quelle disposizioni;

3. il P. ha depositato controricorso;

4. la Se.ri.t. Sicilia spa non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. i due motivi di ricorso, strettamente legati e pertanto suscettivi di esame congiunto, sono infondati per le ragioni di seguito illustrate;

2. ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità è dovuto ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta mentre non è dovuto per il caso dell’omesso o tardivo versamento di imposte risultanti dalla dichiarazione;

3. nel caso di specie, alla luce delle affermazioni dei giudici di appello riportate al punto 1 della superiore premessa che mettono in luce un’incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione, non è revocabile in dubbio che l’invio della comunicazione era effettivamente dovuto a pena di nullità della L. n. 212 del 2000, ex art. 6, comma 5;

4. il ricorso deve essere rigettato;

5. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

condanna la Agenzia delle Entrate a rifondere a P.A. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4100,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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