Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29327 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. I, 22/12/2020, (ud. 10/11/2020, dep. 22/12/2020), n.29327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29263/2016 proposto da:

Green Network S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Silvio Pellico n.

24, presso lo studio dell’avvocato Bona Stefano, che la rappresenta

e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Asmez Consortile a r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2142/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2020 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano ha respinto gli appelli, principale ed incidentale, proposti avverso la decisione di primo grado pronunciata il 23 gennaio 2012 dal Tribunale della stessa città, il quale, come ricorda la decisione impugnata, aveva condannato la Green Network s.p.a., associante in partecipazione, a pagare alla associata Asmez Consortile soc. cons. a r.l. la somma di Euro 691.987,20, oltre interessi, ed aveva disatteso la domanda riconvenzionale proposta dall’associante.

Avverso questa sentenza propone ricorso la Green Network s.p.a., affidato a sei motivi ed illustrato da memoria.

Non svolge difese l’intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso censurano:

1) violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1366,1367,1369 e 1371 c.c., perchè ha errato la corte d’appello nel ritenere l’accordo inter partes un contratto ordinario a prestazioni corrispettive, quando esse avevano invece concluso un’associazione in partecipazione, ove essa ricorrente aveva assunto la veste di associante e la Asmez Consortile soc. cons. a r.l. quella di associata, in cui allora il diritto agli utili spetta solo ove realizzati, non essendo a ciò sufficiente l’esecuzione della prestazione da parte dell’associata;

2) violazione o falsa applicazione dell’art. 2549 c.c., il quale costituisce contratto associativo, in cui le parti collaborano per il compimento di uno o più affari e dove presupposto per la corresponsione degli utili all’associato è che questi siano stati, in effetti, prodotti;

3) violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., avendo la corte del merito affermato che fosse onere della associante dimostrare la mancata produzione di utili, quando, al contrario, era onere dell’associata dimostrarne la sussistenza, al fine del diritto alla rispettiva quota;

4) violazione o falsa applicazione degli artt. 61 e 191 c.p.c., per non avere la corte del merito disposto la richiesta consulenza tecnica d’ufficio, volta ad accertare il risultato economico previsto e conseguito dall’associazione;

5) violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la corte omesso di pronunciare sul quinto motivo di appello, con il quale l’appellante aveva chiesto la condanna della controparte al risarcimento del danno di Euro 124.412,22, in relazione alle assicurazioni fornitele circa l’esistenza del contratto firmato dal Comune di (OMISSIS), confidando nel quale essa aveva eseguito una fornitura di energia elettrica, subendo un danno;

6) violazione o falsa applicazione degli artt. 2594 e 2697 c.c., non avendo la corte del merito condannato la controparte alla restituzione della somma di Euro 376.872,48, versatale a titolo di anticipo degli utili di gestione, poi in fatto non realizzati, con conseguente diritto alla ripetizione dell’indebito.

2. – La sentenza impugnata ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che correttamente il primo giudice abbia disatteso la domanda riconvenzionale di restituzione di quanto corrisposto alla controparte, proposta dalla associante Green Network s.p.a., dal momento che il contratto prevedeva comunque il pagamento di un dato importo, semplicemente a seguito dell’esecuzione di date prestazioni ad opera di Asmez Consortile (e cioè: stipula di contratti di fornitura di energia elettrica con gli enti locali, campagna promozionale verso privati ed imprese, distribuzione di lampade ai comuni aderenti), le quali risultano eseguite, sulla base della prova documentale in atti.

Ha aggiunto che comunque la Green Network s.p.a. non ha provato l’inadempimento di controparte, trattandosi di obbligazioni assunte a titolo di obbligazioni di mezzi, nè l’insussistenza di utili, e che la mancata esecuzione di alcuni contratti non può imputarsi a condotta della associata.

Ha, altresì, ritenuto esplorativa la consulenza tecnica, che non ha disposto, ed “assorbita ogni altra questione dedotta e trattata”.

3. – Il primo, secondo, terzo e sesto motivo attengono tutti alla natura del contratto ed all’assunto, esposto dalla ricorrente, secondo cui non potevano pagarsi utili non effettivamente conseguiti.

Essi, che dunque possono essere congiuntamente trattati, sono infondati.

E’ vero, infatti, che il contratto di associazione in partecipazione tipico, di cui agli artt. 2549 c.c. e ss., prevede la partecipazione dell’associato agli utili effettivamente conseguiti. Con tale contratto, invero, l’associante attribuisce all’associato a fronte di un determinato apporto una partecipazione agli utili, ai sensi dell’art. 2553 c.c., cui dunque l’associato partecipa, come pure, di regola, alle perdite, con il solo limite che le perdite non possono superare il valore del suo apporto.

In tale figura, quindi, si è affermato che soltanto l’associante fa propri gli utili e subisce le perdite, mentre l’associato può pretendere, una volta che l’affare sia concluso con esito positivo, la liquidazione ed il pagamento di una somma di denaro corrispondente all’apporto ed alla quota spettante degli utili (Cass. 21 giugno 2016, n. 12816).

Ma ciò non esclude che le parti possano concludere, nell’ambito della propria autonomia negoziale garantita dall’art. 41 Cost. ed espressa dall’art. 1322 c.c., anche contratti associativi aventi connotazioni di atipicità.

In alcuni precedenti di questa Corte ciò è già stato ammesso, discorrendosi di contratto misto (Cass. 1 dicembre 2015, n. 24427) e di possibile diversa determinazione della misura di partecipazioni agli utili (Cass. 1 ottobre 2008, n. 24376).

Ancor più specificamente, questa Corte ha ritenuto (cfr. Cass. 21 giugno 1988, n. 4235) che con il contratto di associazione in partecipazione sia compatibile anche la “garanzia di un guadagno minimo”: la quale, infatti, può ritenersi, sul piano causale, non estranea al divieto, sancito dall’art. 2553 c.c., che le perdite che colpiscono l’associato possano superare il valore del suo apporto.

In tal caso, la riconducibilità del rapporto al contratto di associazione in partecipazione “puro” ovvero ad contratto parzialmente atipico o misto esige un’indagine del giudice di merito, volta a cogliere gli elementi causali caratterizzanti dell’accordo, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto e degli elementi che caratterizzano i diversi contratti.

La configurazione del contratto di associazione in partecipazione come avente una causa caratterizzata non soltanto dal profilo di associazione al rischio di impresa, in cui sussiste lo scambio tra l’apporto dell’associato all’impresa dell’associante ed il vantaggio economico che quest’ultimo si impegna a corrispondere all’associato medesimo in presenza di utili, ma anche sinallagmatica rispetto a specifiche prestazioni rese dall’associato, è questione di accertamento del concreto accordo.

Ciò è quanto ha ritenuto, sia pure senza adeguato approfondimento ricostruttivo teorico, la sentenza impugnata: la quale, procedendo all’interpretazione del contratto concluso tra le parti ad essa riservata, ha valutato – in conformità all’opinione del primo giudice – che esse vollero prevedere un utile garantito e presunto, quantificato ex ante e ricollegato al semplice adempimento di talune prestazioni di mezzi da parte dell’associata.

Ogni pretesa di diversa interpretazione dell’accordo – che pure la ricorrente riporta, in adempimento dell’onere ex art. 366 c.p.c. – si scontra con i limiti del giudizio di legittimità, che non può riguardare il fatto; mentre anche la violazione dei canoni di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. non può limitarsi al richiamo di talune essenziali disposizioni, come quelle invocate dal motivo, nè alla sollecitazione ad una diversa, più o meno plausibile, interpretazione del testo contrattuale, una volta che quella offerta dal giudice del merito risulti comunque, come nella specie, con esso perfettamente compatibile.

In tal senso è, invero, il costante orientamento di questa Corte (fra le tante, si vedano Cass. 1 marzo 2019, n. 6156, non massimata; Cass. 10 maggio 2018, n. 11254; Cass. 6 febbraio 2007, n. 2560).

4. – Il quarto motivo è infondato, atteso il principio secondo cui la valutazione circa la necessità di disporre la consulenza tecnica d’ufficio è rimessa all’esclusivo apprezzamento del giudice del merito (e multis, Cass. 13 gennaio 2020, n. 326; Cass. 20 agosto 2019, n. 21525).

5. – Il quinto motivo merita accoglimento.

Con esso si lamenta che la corte del merito non abbia deciso la domanda di condanna della associata al risarcimento del danno, cagionato per avere suscitato l’affidamento dell’associante circa l’esistenza del contratto sottoscritto dal Comune di (OMISSIS), sulla cui base essa ha eseguito forniture di energia elettrica, in tal modo subendo un danno.

La ricorrente ha assolto l’onere di specificità del motivo, riproducendo l’impugnazione proposta nell’atto di appello, ai sensi dell’art. 366 c.p.c.

Orbene, la corte territoriale non ha esaminato tale motivo, limitandosi – dopo l’accertamento del contenuto contrattuale e della debenza degli utili – a dichiarare “assorbita ogni altra questione dedotta e trattata”.

Tuttavia, la domanda risarcitoria non era risolvibile con la tecnica dell’assorbimento.

Per “assorbimento” in senso proprio, infatti, si intende l’evenienza in cui la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno; si ha “assorbimento” in senso improprio, invece, quando la decisione su di una questione escluda la necessità, o la possibilità, di provvedere sulle altre, da reputare di regola implicitamente respinte.

In entrambi i casi, non si verifica il vizio di omessa pronuncia, in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento: per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa (principio consolidato: es. Cass. 3 febbraio 2020, n. 2334; Cass. 12 novembre 2018, n. 28995; Cass. 27 dicembre 2013, n. 28663).

Proprio questo il caso di specie, non potendosi ravvisare la predetta situazione, in senso tecnico-giuridico, a fronte dell’accoglimento di una domanda di pagamento degli utili da parte dell’associato in partecipazione, la quale non escludeva di per sè una contraria obbligazione risarcitoria a carico dello stesso associato, per il pregiudizio cagionato con la propria condotta all’associante.

6. – Ne deriva che, in accoglimento del quinto motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, affinchè decida sulla domanda risarcitoria non esaminata ed erroneamente dichiarata assorbita.

Alla corte del merito si demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo, respinti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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