Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29325 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. III, 13/11/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 13/11/2019), n.29325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24893/2016 R.G. proposto da:

P.G., e V.I., rappresentati e difesi

dall’Avv. Emilio Bagianti, con domicilio eletto in Roma, Piazza di

Pietra, n. 26, presso lo studio dell’Avv. Loredana Rondelli;

– ricorrente –

contro

Cerved Credit Management s.p.a., quale procuratrice speciale della

Sagrantino Italy s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Achille

Saletti, domiciliata, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, presso

la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

FBS s.p.a., quale mandataria di Gemini SPV s.r.l., rappresentata e

difesa dall’Avv. Paolo Enrico Amirati, con domicilio eletto in Roma,

via Livio Andronico, n. 25, presso lo studio dell’Avv. Andrea Greco;

– controricorrente –

Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore;

Banca di Aghiari e Stia soc. coop., in persona del legale

rappresentante pro tempore;

Jupiter Finance s.p.a., quale mandataria di Zeus Finance s.r.l.;

P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1252 della Corte d’appello di Firenze

pubblicata il 22 luglio 2017 e notificata il 26 luglio 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30 aprile 2019

dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo;

uditi l’Avv. Antonio Bagianti, in sostituzione dell’Avv. Emilio

Bagianti, e l’Avv. Achille Saletti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di Sansepolcro, dichiarò l’intervenuta usucapione, in favore dei coniugi P.G. e V.I., di un immobile appartenente ad P.A., fratello dell’attore.

Innanzi al medesimo Tribunale proposero separatamente opposizione di terzo, ex art. 404 c.p.c., la International Credit Recovery s.r.l. e la Cassa di risparmio di Firenze s.p.a., le quali, deducendo di essere creditori di P.A. garantiti da ipoteca iscritta sull’immobile anteriormente alla trascrizione della domanda di usucapione, chiesero che fosse dichiarata l’inefficacia nei loro confronti della citata sentenza. Nei giudizi, successivamente riuniti, intervennero anche la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio e la Banca di Anghiari e Stia soc. coop..

La domanda venne accolta e la tale decisione fu appellata dai convenuti soccombenti P.G. e V.I..

La Corte d’appello di Firenze ha rigettato il gravame, rilevando che la decisione di primo grado si fondava su due distinte rationes decidendi, una delle quali – quella relativa all’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori ipotecari, litisconsorti necessari – non era stata specificatamente impugnata.

Contro tale decisione i coniugi P. – V. hanno proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Hanno resistito con controricorso la Cerved Credit Management s.p.a., quale procuratrice speciale della Sagrantino Italy s.r.l., e la FBS s.p.a., quale procuratrice speciale della Gemini SPV s.r.l..

Ai sensi dell’art. 378 c.p.c., hanno depositato memorie difensive i ricorrenti P.G. e V.I., nonchè la Sagrantino Italy s.r.l., rappresentata come sopra illustrato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, occorre procedere alla verifica della ritualità della notifica del ricorso. Infatti, come si evince dalla “nota deposito documenti”, i ricorrenti hanno tentato di notificare il ricorso alla Banca di Anghiari e Stia soc. coop. e alla Jupiter Finance s.p.a., mandataria della Zeus Finance S.r.l. (cessionaria del credito della stessa Banca di Anghiari e Stia soc. coop.), presso l’avvocato domiciliatario M.P., la quale tuttavia aveva richiesto la cancellazione dall’albo degli avvocati, con conseguente inoperatività del domicilio presso di lei eletto, già nel 2011.

Siffatta notifica è nulla, giacchè indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla, siccome ormai privo di ius postulandi, tanto nel lato attivo che in quello passivo. Tale nullità, tuttavia, non determina il passaggio in giudicato della decisione impugnata, giacchè un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 301 c.p.c., comma 1, porta ad includere la cancellazione volontaria suddetta tra le cause di interruzione del processo, con la conseguenza che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al relativo suo venir meno o fino alla sostituzione del menzionato difensore (Sez. U, Sentenza n. 3702 del 13/02/2017, Rv. 642537-02).

La notifica è stata, quindi, validamente reiterata presso l’avvocato T.F., del foro di Arezzo, procuratore costituito di entrambe le società, essendo la M. mero domiciliatario per il grado d’appello. Il rapporto processuale risulta, quindi, ritualmente instaurato.

2. Venendo all’esame dei motivi, con il primo si deduce la violazione dell’art. 83 c.p.c. e art. 105 c.p.c., comma 3.

I ricorrenti sostengono che la citazione ex art. 404 c.p.c., fatta dalla International Credit Recovery s.r.l. sarebbe nulla, essendo stata omessa l’indicazione della persona fisica conferente la procura alle liti.

Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.

Anzitutto i ricorrenti omettono di riferire che, secondo quanto si evince dalla sentenza d’appello, la Cassa di risparmio di Firenze s.p.a. propose in via autonoma opposizione di terzo avverso la sentenza di usucapione e che le due cause vennero solo successivamente riunite. Pertanto, la questione dedotta non è in grado, neppure in astratto, a determinare la nullità dell’intero procedimento.

In secondo luogo, va rilevato che la causa venne introdotta dalla Servizi Immobiliari Banche SIB s.p.a., procuratrice speciale della International Credit Recovery s.r.l.. Fu dunque quest’ultima a conferire la procura alle liti all’avvocato T.F. e il firmatario di tale procura è chiaramente individuato, come risulta formalmente dall’intestazione dell’atto, nella persona del dottor N.F., procuratore e condirettore generale della società mandataria. Pertanto, non sussiste la lamentata violazione dell’art. 83 c.p.c..

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 100,324,327 e 329 c.p.c., nonchè dell’art. 2909 c.c..

La censura si rivolge contro la sentenza d’appello nella parte in cui ravvisa l’esistenza di una doppia ratio decidendi nella sentenza di primo grado.

Il motivo è manifestamente infondato.

In realtà, sono gli stessi opponenti a riconoscere, nel riferire le ragioni della decisione di primo grado, che questa si basava non soltanto sulla rilevata collusione fra gli attori in usucapione e il convenuto (rimasto contumace), ma anche sulla circostanza che al giudizio di usucapione non avevano partecipato i creditori ipotecari. Infatti, a pag. 12 del ricorso si legge: “il primo giudice, a questo punto, rilevava (peraltro erroneamente) anche che nel giudizio oggetto di opposizione (ex art. 404 c.p.c.; trattasi del giudizio di usucapione; n.d.r.) era stata pretermessa la citazione dei creditori ipotecari, considerati litisconsorti necessari, per cui la pronuncia sarebbe stata inutiler data nei loro confronti ai sensi dell’art. 102 c.p.c.”.

4.1 Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 404 c.p.c., commi 1 e 2, consistita nell’aver ritenuto che i creditori ipotecari iscritti anteriormente alla trascrizione della domanda di usucapione fossero litisconsorti necessari in tale giudizio.

Il motivo è inammissibile in quanto, una volta accertato che questa è una delle due rationes decidendi rappresentate nella decisione di primo grado, si deve rilevare, come ha già fatto la corte d’appello, che sul punto la sentenza del Tribunale non è stata impugnata e si è formato il giudicato interno. Pertanto, i ricorrenti non possono “recuperare” nel giudizio di legittimità una censura che invece avrebbero dovuto proporre con l’atto d’appello, in quanto relativa ad una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado.

4.2 Sussistono, tuttavia, i presupposti perchè sulla questione prospettata, avente rilievo nomofilattico in assenza di precedenti specifici, questa Corte si pronunci d’ufficio nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3.

Com’è noto, l’usucapione compiutasi all’esito di possesso ventennale esercitato da un soggetto privo di titolo trascritto estingue le iscrizioni e trascrizioni risultanti a nome del precedente proprietario. Tale effetto estintivo non va ricondotto ad una presunta usucapio libertatis, bensì dipende dall’efficacia retroattiva dell’usucapione stessa (Sez. 2, Sentenza n. 8792 del 28/06/2000, Rv. 538121-01).

Tuttavia, proprio perchè l’usucapione determina l’acquisto (retroattivo) a titolo originario della proprietà del fondo, con conseguente estinzione delle iscrizioni pregiudizievoli contro il proprietario risultante dai registri immobiliari, i creditori ipotecari, titolari di diritto reale (di garanzia) sull’immobile oggetto della domanda di usucapione, devono considerarsi litisconsorti necessari del relativo giudizio.

Il creditore ipotecario, infatti, è titolare di un diritto reale parimenti risultante dai pubblici registri e opponibile erga omnes, sicchè la domanda di usucapione del bene immobile sul quale è iscritta l’ipoteca si rivolge direttamente anche nei suoi confronti. L’estinzione della garanzia non costituisce un mero effetto indiretto dell’accertamento dell’usucapione, che si esaurisce nella sfera dei rapporti fra proprietario usucapito e creditore garantito; al contrario, l’usucapione produce l’estinzione diretta e contestuale di ogni diritto reale formalmente insistente sul bene, in guisa che tutti i rispettivi titolari sono litisconsorti necessari nel relativo giudizio.

Nè varrebbe obiettare che detti creditori potrebbero trovare tutela nel rimedio impugnatorio previsto dall’art. 404 c.p.c., comma 1, dal momento che tale opposizione serve, per l’appunto, a denunciare le ipotesi di violazioni del litisconsorzio necessario. Contro una simile conclusione, inoltre, militano i principi della ragionevole durata del processo e della necessità di evitare la formazione di giudicati contrastanti.

Pertanto, la sentenza di accertamento dell’usucapione, resa all’esito di un giudizio intercorso, in via esclusiva, tra il titolare formale del diritto di proprietà e l’usucapiente, non può spiegare effetti contro il creditore garantito da ipoteca iscritta su quel bene. Con la conseguenza che l’usucapiente non può invocarne l’efficacia diretta nel giudizio di opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., all’esecuzione immobiliare successivamente da lui proposta. Il giudice dell’esecuzione non potrà riconoscere alla sentenza di usucapione efficacia di giudicato anche nei confronti del creditore ipotecario e dovrà, semmai, tenerne conto, con motivato e logico apprezzamento, solo come un’eventuale prova dell’intervenuta usucapione, in relazione alla cui sussistenza egli è, pertanto, tenuto dare corso all’istruzione della causa (Sez. 3, Sentenza n. 15698 del 18/09/2012, Rv. 623790-01).

In conclusione, nell’interesse della legge va affermato, d’ufficio, il seguente principio di diritto, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3:

“Il creditore garantito da ipoteca iscritta nei registri immobiliari anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale di usucapione del medesimo immobile è litisconsorte necessario nel giudizio di usucapione, con la conseguenza che la sentenza pronunciata all’esito di un giudizio al quale non sia stato posto nelle condizioni di partecipare è a lui inopponibile e potrà, semmai, essere prudentemente apprezzata quale mero elemento di prova dal giudice dell’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., promossa dall’usucapiente avverso l’espropriazione immobiliare del bene usucapito”.

5. Con il quarto motivo si denuncia la violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., per avere il giudice di merito erroneamente ripartito l’onere della prova quanto all’esistenza dell’accordo collusivo fra le parti del giudizio di usucapione ai danni dei creditori aventi garanzia reale sull’immobile che ne era oggetto.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, tale doglianza si riferisce alla prima delle rationes decidendi enunciate nella sentenza di primo grado, mentre la dichiarazione di inammissibilità dell’appello è dipesa dall’omessa impugnazione della seconda ratio.

Ciò posto, una volta ritenuta la correttezza di tale decisione, le impugnazioni che riguardano la prima ragione della decisione di primo grado risultano sostanzialmente sprovviste di interesse ad agire.

6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, i ricorrenti devono essere alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti controricorrenti, nella misura liquidata nel dispositivo in considerazione della diversa attività difensiva svolta.

Sussistono, inoltre, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte degli impugnanti soccombenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da loro proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi per Cerved Credit Management s.p.a. e in Euro 5.600 per FBS s.p.a., oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 per ciascun controricorrente, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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