Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29325 del 07/12/2017


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Cassazione civile, sez. III, 07/12/2017, (ud. 03/10/2017, dep.07/12/2017),  n. 29325

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2003 R.M., B.A. e B.R., eredi di B.P., convennero dinanzi al Tribunale di Milano l’avv. A.A., deducendo che:

– B.P. aveva stipulato con la società SCI s.p.a. un contratto preliminare di compravendita immobiliare;

– la SCI, promittente venditrice, non adempì l’obbligo di stipulare il definitivo;

– B.P. di conseguenza diede mandato all’avv. A. di introdurre una domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrattare ex art. 2932 c.c., nei confronti della società SCI s.p.a.;

– l’avvocato A.A. introdusse la lite, ma non trascrisse l’atto di citazione;

– la domanda venne accolta dal Tribunale di Genova con sentenza n. 1275 del 1996, ma il successivo fallimento della SCI rese rv inopponibile quella sentenza al fallimento, a causa della mancata trascrizione dell’atto di citazione;

– gli attori, di conseguenza, erano stati costretti a “rinegoziare” il trasferimento dell’immobile promesso in vendita dalla SCI con la curatela di quest’ultima, ad un prezzo più alto di quello concordato nel contratto preliminare.

Chiesero dunque la condanna del convenuto al risarcimento del danno patito in conseguenza dei fatti sopra descritti, indicato in misura pari al maggior prezzo pagato per la stipula del definitivo.

2. A.A. si costituì ed eccepì che la responsabilità dell’accaduto andava ascritta agli stessi attori, per non avere trascritto la sentenza che accolse la loro domanda. Se l’avessero fatto, essa sarebbe stata opponibile alla curatela, dal momento che il fallimento fu dichiarato due anni dopo la pronuncia.

3. Con sentenza n. 10756 del 2006 il Tribunale di Milano accolse la domanda, e con sentenza n. 2318 del 2010 la Corte d’appello di Milano rigettò il gravame proposto dal soccombente.

4. La sentenza d’appello venne cassata con rinvio da questa Corte (sentenza n. 11699 del dell’11.7.2012), per contraddittorietà della motivazione.

Ritenne, in particolare, la sentenza di legittimità appena ricordata che fu contraddittorio nella sentenza d’appello da un lato accertare in fatto che trascorsero due anni tra la pronuncia della sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrattare (ex art. 2932 c.c.) e il fallimento, e dall’altro escludere qualsiasi concorso di colpa degli attori, ex 1227 c.c. nella causazione del danno.

5. Riassunto il giudizio, la Corte d’appello di Milano, con sentenza 25.6.2015 n. 2745, attribuì agli attori un concorso di colpa del 50% nella produzione del danno, e riliquidò quest’ultimo in proporzione.

6. La seconda sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione in via principale da A.A., con ricorso fondato su un motivo; ed in via incidentale da R.M., B.A. e B.R., con ricorso fondato anch’esso su un motivo.

A.A. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale e depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale.

1.1. Con l’unico motivo di ricorso A.A. sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, (si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 1227 c.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Nonostante tale intestazione formale del motivo di ricorso, nella sua illustrazione il ricorrente sostiene che:

(a) la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello in sede di rinvio non sarebbe coerente coi principi stabiliti dalla sentenza di cassazione con rinvio (così il ricorso, p. 13);

(b) la Corte d’appello avrebbe attribuito agli attori solo il 50% di colpa, “senza motivazione”;

(c) in ogni caso, il convenuto A. aveva eccepito non già che gli attori avessero concorso alla produzione del danno, ma che l’avessero aggravato (art. 1227 c.c., comma 2), e dunque la Corte d’appello avrebbe dovuto stabilire quanta parte del danno gli attori avrebbero potuto evitare, con l’ordinaria diligenza: e con l’ordinaria diligenza avrebbero evitato tutto il danno, sol che si fossero premurati di trascrivere la sentenza ad essi favorevole.

1.2. La censura riassunta al p. che precede, sub (a), è manifestamente infondata.

La prima sentenza d’appello pronunciata nel presente giudizio fu infatti cassata da questa Corte per la contraddittorietà della motivazione, e dunque il giudice del rinvio non aveva alcun principio di diritto cui attenersi, ma doveva soltanto motivare ex novo ed in modo non contraddittorio la sua decisione.

1.3. La censura sub (b) è inammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, hanno stabilito che per effetto della riforma “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Nella motivazione della sentenza appena ricordata, inoltre, si precisa che “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti”.

Non è questo il nostro caso, nel quale la Corte d’appello ha ridotto il risarcimento del 50% sul presupposto che la condotta dei danneggiati ebbe “eguale efficacia causale”, rispetto all’omissione del professionista e dunque adottando una motivazione che non può dirsi nè mancante, nè incomprensibile.

1.4. La censura sub (c), infine, è infondata.

La differenza tra la previsione di cui al primo, e quella di cui all’art. 1227 c.c., comma 2 sta in ciò: la prima si applica quando il danno, senza la condotta della vittima, mai si sarebbe potuto verificare; la seconda si applica quando il danno si sarebbe comunque verificato, ma la condotta della vittima l’ha reso più grave.

Nel primo caso la condotta della vittima precede l’avverarsi del danno, nel secondo lo segue.

Nei caso di specie, la negligenza dei sigg.ri B.- R. nel trascrivere la sentenza ad essi favorevole fu con evidenza una concausa di danno, non un aggravamento di esso: sia perchè la condotta negligente precedette il danno; sia perchè senza di essa quest’ultimo non si sarebbe verificato.

Correttamente, pertanto, la Corte d’appello ha proceduto a graduare percentualmente la responsabilità del danneggiante e dei danneggiati, trovandosi al cospetto di un concorso di cause di danno, e non dell’aggravamento d’un danno.

Stabilire, poi, in che misura la condotta degli odierni controricorrenti abbia inciso sul determinismo del danno, è questione squisitamente di merito, non sindacabile in questa sede.

2. Il ricorso incidentale.

2.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, si lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

I ricorrenti incidentali deducono, al riguardo, che la Corte d’appello non avrebbe considerato il “fatto decisivo” rappresentato dalla circostanza che all’avv. A. era stato affidato anche il compito di trascrivere la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c., e quindi se questa non venne trascritta ciò andava imputato a responsabilità del professionista, e non dei suoi clienti.

2.2. Il motivo è infondato per plurime e concorrenti ragioni, ovvero:

(a) la Corte d’appello ha ritenuto che gli attori avessero tardivamente dedotto in giudizio il profilo di colpa del professionista, consistita nel ritardo col quale trasmise loro i necessari conteggi per il pagamento dell’imposta di registro necessaria per la trascrizione della sentenza (così la sentenza, p. 5); correttamente, pertanto, la Corte d’appello ha omesso di esaminare una questione inammissibile perchè nuova;

(b) in ogni caso la Corte d’appello ha ritenuto “inescusabile” l’attesa, da parte dei clienti dell’avvocato, di due anni prima di trascrivere la sentenza; e tale motivazione costituirebbe comunque un rigetto implicito dell’eccezione secondo cui la sentenza non venne trascritta per renitenza dell’avvocato. Infatti, quand’anche fosse stato davvero conferito un mandato all’avvocato in tal senso, resterebbe il fatto che qualunque persona diligente, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 1, non avrebbe atteso due anni prima di decidersi a rivolgersi ad un altro professionista;

(c) infine, sono gli stessi ricorrenti incidentali ad ammettere di avere revocato il mandato all’avv. A., e la revoca del mandato sollevava l’avvocato dall’obbligo di trascrivere la sentenza.

3. Le spese.

3.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno compensate integramente tra le parti, in considerazione della soccombenza reciproca.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico sia del ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso principale;

(-) rigetta il ricorso incidentale;

(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di A.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di R.M., B.A. e B.R., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2017

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