Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29315 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/11/2018, (ud. 30/05/2018, dep. 14/11/2018), n.29315

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29903/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Fondazione Cassa di Risparmio della provincia dell’Aquila, in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli

Avvocati Adriano Rossi e Francesco Camerini, elettivamente

domiciliato presso il loro studio, in Roma, Viale delle Milizie n.

1, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo n. 42/2/2011 depositata l’11 aprile 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 maggio

2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila presentava istanza di rimborso, evidenziando che nel 1992, in esecuzione della legge delega n. 218 del 1990 e del D.Lgs. n. 356 del 1990, la Cassa di Risparmio della provincia dell’Aquila aveva conferito la propria azienda bancaria alla società per azioni di nuova costituzione denominata Cassa di Risparmio della provincia dell’Aquila (Carispaq), che, a seguito del trasferimento, l’ente conferente aveva ottenuto la maggioranza delle azioni della società conferitaria, che era stata mutata la denominazione della conferente in Fondazione Cassa di Risparmio della provincia dell’Aquila, che nella dichiarazione dei redditi per l’esercizio 1995-1996 la Fondazione aveva applicato l’aliquota piena del 36% e non quella ridotta del 18% ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, che, quindi, la Fondazione chiedeva il rimborso della somma di lire 925.000.000.

1.1. A seguito del diniego di rimborso la Fondazione presentava ricorso, evidenziando che doveva applicarsi la normativa precedente al D.Lgs. n. 153 del 1999, che il controllo societario faceva presumere la sussistenza di un potere di indirizzo e coordinamento della controllante ai sensi dell’art. 2497 sexies c.c., che però dai documenti prodotti, e segnatamente dal bilancio corredato della relazione degli amministratori e dei sindaci, oltre che dal protocollo di autonomia diretto alla Banca d’Italia, emergeva che la Fondazione non aveva esercitato nel concreto il controllo della banca, che aveva impegnato tutto il reddito disponibile a fini di interesse generale, che non disponeva di personale, ma si avvaleva di personale della banca.

2. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, in quanto dai documenti emergeva che, a fronte di un ragguardevole valore delle partecipazioni gestite dalla ricorrente ed iscritte in bilancio, modeste erano state le erogazioni monetarie per finalità non a scopo di lucro, sicchè la Fondazione non aveva dato la prova che “la provvista di risorse destinate all’esercizio delle attività sociali, culturali e di beneficenza fosse stata di entità tale da far ritenere non prevalente l’attività economica da essa fondazione esercitata”. Inoltre, a fronte di un ragguardevole valore delle partecipazioni gestite dalla ricorrente i scritte in bilancio, modeste erano state le erogazioni monetarie nell’esercizio considerato per le finalità non a scopo di lucro.

3. La Commissione tributaria regionale accoglieva l’appello proposto dalla Fondazione evidenziando che l’attività svolta era stata solo non lucrativa, come si ricavava dallo Statuto della Fondazione, dal protocollo di autonomia e dall’esame del bilancio da cui “si ricava che gli introiti della Fondazione provengono, a prescindere da altra redditività del patrimonio, solo dai dividendi della sua partecipazione azionaria nella società partecipata e che le attività, al netto di tutte le riserve di legge, sono state destinate solo agli scopi istituzionalmente propri dell’ente”.

4. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle entrate.

5. Resisteva con controricorso la Fondazione che depositava memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, e dei principi comunitari in tema di concorrenza sul mercato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1”, in quanto ciò che rileva ai fini della applicazione della aliquota di imposta dimezzata è la intrinseca natura dell’attività statutariamente prevista e di quella concretamente esercitata. Il controllo della Fondazione sulla banca in base alla titolarità della maggioranza delle azioni comporta la presunzione della sussistenza della attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 sexies c.c.. L’onere della prova dello svolgimento di una prevalente attività di interesse sociale, diversa da quella bancaria, incombe alla Fondazione, che peraltro gestisce solo poche unità di personale messe a disposizione dalla Banca.

2. Con il secondo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “motivazione insufficiente ed illogica su fatti controversi e decisivi della causa, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62,comma 1”, in quanto la Commissione regionale si è limitata ad esaminare i profili inerenti agli scopi istituzionali della Fondazione, trascurando la natura dell’attività effettivamente esercitata. Inoltre, la Commissione non ha tenuto conto dell’attività di controllo concretamente svolta dalla Fondazione sull’istituto di credito, quale azionista di maggioranza. Dal bilancio di esercizio, poi, emerge che la Fondazione ha compiuto altre importanti operazioni mobiliari sul mercato finanziario, incrementando da Lire 3.588.650.500 a Lire 10.571.226.550 il valore patrimoniale dei titoli in portafoglio, come da verbale di assemblea dei soci del 20 dicembre 1996. Nè è stata in alcun modo esaminata la tipologia di attività di assistenza e beneficenza asseritamente svolta dalla Fondazione. L’organizzazione della Fondazione è poi limitata ad un paio di impiegati messi a disposizione dalla stessa Banca.

3. I due motivi, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati.

Invero, sono stati più volte affermati e vanno ribaditi i seguenti principi (da ultimo Cass. Civ., 11 maggio 2017, n. 11648; in precedenza Cass. Civ., Sez. Un., 22 gennaio 2009, n. 1576):

a) gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie (cc.dd. fondazioni), quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della L. n. 218 del 1990 ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati nè alle persone giuridiche di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, nè agli enti ed istituti di interesse generale elencati nel D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, il quale riconosce l’agevolazione della riduzione alla metà dell’aliquota IRPEG in ragione del profilo soggettivo dei beneficiari e non in relazione all’attività da essi oggettivamente svolta;

b) la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione agli enti considerati nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, nè in via estensiva, poichè la sua ratio va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme;

c) la successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, D.P.R. n. 917 del 1986, ex art 87, comma 1, lett. c), non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti;

d) ne deriva l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attività dell’ente creditizio e, di conseguenza, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, è subordinata alla dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c., di avere in concreto svolto un’attività, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale, anzichè quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie, e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni, nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni (cfr. Cass. nn. 25738 e 26883 del 2009, 3415 e 12243 del 2010, 16842 del 2013, 17669 del 2014, 9696/2015).

3.2. Tra l’altro, proprio in un precedente di legittimità tra le stesse parti, si è affermato che è necessario che la Fondazione alleghi e fornisca la prova della complessiva attività effettivamente svolta, e non soltanto dì quella di gestione della partecipazione di origine, esercitata nell’anno di imposta (Cass. Civ., 20 giugno 2007, n. 14358, con riferimento ad un avviso di accertamento relativo agli anni 1993 e 1994).

3.3. La Cassazione, a Sezioni Unite (Cass. Civ., Sez. Un., 22 gennaio 2009, n. 1576) ha precisato che le fondazioni devono, ai sensi dell’art. 2697 c.c., fornire la prova positiva dell’attività svolta in concreto, prova che può essere fornita mediante la produzione di estratti dei libri contabili o idonee certificazioni del collegio dei revisori o del collegio sindacale delle società partecipate. Pertanto, tale verifica postula una indagine sull’esercizio in concreto dell’attività di impresa, non limitata ai modi di gestione della partecipazione di origine, ma estesa all’attività complessivamente esercitata dalla fondazione nell’anno di imposta.

3.4. Nel caso in esame, quindi, la Commissione tributaria regionale si è limitata a riportate alcuni articoli dello Statuto ed a richiamare il protocollo di autonomia, senza tenere conto che era onere della Fondazione allegare e dimostrare l’attività effettivamente svolta in concreto “diversa” da quella relativa alla gestione della partecipazione, prevalente e diretta a finalità di promozione sociale (Cass. Civ., 20 aprile 2016, n. 7882).

Solo in un passaggio della motivazione si rileva che “dall’esame del bilancio si ricava che gli introiti della Fondazione provengono, a prescindere da altra redditività del patrimonio, solo dai dividendi della sua partecipazione azionaria nella società partecipata e che le attività, al netto di tutte le riserve di legge, sono state destinate solo agli scopi istituzionalmente propri dell’ente”.

Tuttavia, la motivazione si mostra del tutto generica, in quanto la Commissione avrebbe dovuto accertare se la Fondazione aveva fornito la prova della effettiva attività esercitata per i fini di interesse pubblico e di utilità sociale, soprattutto valutando se tale attività era “prevalente” o “esclusiva” rispetto a quella di gestione della partecipazione maggioritaria della società.

Del resto, la Commissione aggiunge che “Nè in proposito si può andare di contrario avviso alle ragioni del contribuente, sul rilievo che questi non avrebbe fornito la prova negativa di aver esercitato altro tipo di attività, così come sembra si sia voluto argomentare”.

In realtà, era proprio onere della Fondazione dimostrare che l’attività svolta in prevalenza era quella indirizzata a fini di interesse pubblico o di utilità sociale, rispetto a quella svolta quale socio azionario di maggioranza della banca, con la ricezione dei dividendi.

4. La sentenza va, quindi, cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto suindicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto suindicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA