Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29313 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. I, 22/12/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 22/12/2020), n.29313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14465/2017 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Panama n. 86, presso lo

studio dell’avvocato Melucco Andrea, che la rappresenta e difende,

giusta procura al margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r..l, Fallimento n. (OMISSIS) (OMISSIS) in

Liquidazione;

avverso la sentenza n. 2851/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/07/2020 del Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 2851 del giorno 2.5.2017, la Corte di Appello di Roma rigettava il reclamo, L. Fall., ex art. 18, proposto (OMISSIS) srl avverso la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal Tribunale ordinario di Roma, su istanza del Fallimento (OMISSIS) spa, basata su un decreto ingiuntivo emesso, L. Fall., ex art. 150, per Euro 30.000,00 a titolo di capitale sociale non versato, non opposto, e rimasto insoddisfatto nonostante il tentativo di pignoramento immobiliare infruttuoso.

A supporto delle ragioni di rigetto del reclamo, la Corte territoriale ha ritenuto non fondato il difetto di legittimazione del curatore del fallimento istante a richiedere l’ingiunzione L. Fall., ex art. 150 per l’intera somma del capitale sociale non versato dai soci (in quanto secondo la società (OMISSIS) srl essa non sarebbe stata l’unica socia e, quindi, sarebbero state richiesta somme non dovute), perchè sulla base della somma di Euro 30.000,00 portata dal suddetto decreto ingiuntivo, del quale non risultava neppure l’opposizione, poteva dirsi sufficientemente provato il credito che legittima il suddetto creditore alla istanza di fallimento. Mentre nel merito, la Corte territoriale riteneva non idonea la documentazione ad acclarare l’insussistenza dei requisiti di fallibilità, perchè erano state prodotte solo copie informali dei bilanci sprovviste del requisito dell’approvazione da parte della società e del requisito del deposito presso il Registro delle imprese.

Avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, mentre il Fallimento (OMISSIS) non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la Corte d’appello aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione formulata per la prima volta solo all’udienza del 23 febbraio 2017, ma rilevabile d’ufficio, della mancata legittimazione attiva dell’unico creditore istante e cioè, il Fallimento (OMISSIS) spa, L. Fall., ex art. 31, comma 3, per avere il curatore dello stesso assunto la veste di avvocato della procedura in violazione del divieto di cui alla rubrica.

Con il secondo motivo, la società ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. Fall., artt. 6 e 31 e dell’art. 82 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per difetto di legittimazione attiva del curatore, che avrebbe difeso da sè stesso la procedura, promuovendo il relativo giudizio.

Con il terzo motivo, la società ricorrente denuncia il vizio di nullità della sentenza per violazione degli artt. 115,116 c.p.c e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per inesistenza dei parametri dimensionali perchè potesse darsi corso alla propria dichiarazione di fallimento, in quanto alla luce dei bilanci che erano stati predisposti risultava che l’unica posizione debitoria (in assenza di dipendenti e di esposizioni tributarie) era il debito della società per finanziamento dei propri soci.

Con il quarto motivo, in via ulteriormente gradata, la società ricorrente deduce la violazione della L. Fall., art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto delle fatture prodotte e della ricostruzione contabile evidenziata dalla reclamante, dalla quale poteva agevolmente desumersi, l’assenza delle soglie di fallibilità.

Il primo e secondo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto sono fondati, con assorbimento di quelli proposti in via gradata.

Secondo la L. Fall., art. 31, comma 3, “Il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento” e secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione della “legitimatio ad causam” attiva e passiva, che consiste nella titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto secondo la prospettazione della parte, è una questione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (Cass. n. 17092/16), sebbene tale questione, in effetti, nella presente vicenda non sia stata rilevata dalla Corte d’appello di Roma.

La giurisprudenza di questa Corte ha, tuttavia, in più occasioni sancito l’incompatibilità del curatore fallimentare a prestare assistenza tecnica nei giudizi che riguardano il fallimento (v. Cass. n. 4560/10, 8778/08, 18419/04, in tema di giudizi tributari, Cass. n. 4039/1985, in tema di proposizione del controricorso), per difetto di legittimazione processuale, e ciò, per evitare il pericolo che il tornaconto professionale venga anteposto al vantaggio ricavabile dalla procedura collettiva, con conseguente nullità degli atti compiuti in spregio di tale divieto.

Infatti, se questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 8929 del 04/06/2012) ha condivisibilmente escluso, per manifesta infondatezza, l’eccezione di illegittimità costituzionale della L. Fall., art. 31 per eccesso di delega, con riferimento al potere del curatore di nominare autonomamente un difensore, in quanto tale norma non esorbita dai limiti di essa, risultando coerente con i principi della legge delega e rispondendo al criterio di speditezza della procedura, che rappresenta l’obiettivo preminente del legislatore delegante, essa ha sostanzialmente confermato che quel potere esclude una gestione in proprio, venendosi altrimenti a cumulare e sovrapporsi interessi da tenere distinti e separati, pena l’opacizzarsi del suo esercizio. Non a caso è stato escluso altresì la facoltà della mera assistenza in giudizio per l’incompatibilità del curatore fallimentare a prestare assistenza tecnica nei giudizi che riguardano il fallimento, come stabilita dalla L. Fall., art. 31, comma 3, che deve intendersi riferita, per i giudizi tributari, non solo ai soggetti che rivestano la qualifica d’avvocato (o procuratore), ma anche agli appartenenti alle altre categorie professionali (dottore commercialista, ragioniere, perito commerciale, etc.) abilitate, a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12 a prestare assistenza tecnica in quei giudizi. (Sez. 5, Sentenza n. 4560 del 25/02/2010).

Il primo e secondo motivo, assorbiti il terzo e il quarto, vanno pertanto accolti, in ossequio del seguente principio di diritto:

In tema di difesa tecnica del fallimento, ai sensi della L. Fall., art. 31, comma 3, il curatore della procedura, nelle liti attive e in quelle passive, non può assumere il ruolo di difensore, o anche quello di mero assistente, a pena di nullità di tutti gli atti posti in essere in tale veste, atteso che tra i due ruoli vi è previsione d’incompatibilità.

La sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., u.c., u.p., perchè la costituzione tecnica del curatore in sede di reclamo del fallimento non poteva essere proposta (per altra similare ipotesi, si richiama Sez. 2, Sentenza n. 3261 del 22/03/1995).

Le spese di lite del presente giudizio e del grado di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza, ex art. 382, u.c., nei termini di cui in parte motiva.

Condanna il fallimento a pagare a (OMISSIS) srl le spese di lite del grado di appello, che liquida nell’importo complessivo di Euro 3.000,00, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge, ed Euro 4.000,00 per il giudizio di legittimità, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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