Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29309 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/11/2018, (ud. 10/05/2018, dep. 14/11/2018), n.29309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17302 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Millenium Costruzioni s.r.l., in liquidazione, rappresentata e

difesa, per procura a margine del ricorso, dall’Avv. Vito A.

Martinelli, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Umberto Tupini,

n. 133, presso lo studio dell’Avv. Agostino De Zordo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Equitalia ETR s.p.a., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dall’Avv. Ivana Carso per procura speciale in

calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via

Nomentana, n. 403 B/2, presso lo studio dell’Avv. Antonella Fiorini;

– controricorrente-

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Puglia, n. 60/5/2010, depositata in data 8 giugno

2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10

maggio 2018 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

Fatto

RILEVATO

che:

la società Millenium Costruzioni s.r.l., in liquidazione, ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in epigrafe, con la quale è stato accolto l’appello principale proposto da Equitalia ETR. s.p.a. nonchè l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate e rigettato l’appello incidentale della società contribuente, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari, che aveva accolto il ricorso proposto dalla medesima contribuente;

il giudice di appello, ha premesso, in punto di fatto, che: la società contribuente aveva impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari la cartella di pagamento notificata a seguito della liquidazione automatizzata della dichiarazione Modello Unico 760/2005, presentata per l’anno di imposta 2004, a seguito di verifica dell’omesso versamento delle imposte Irap, Ires e Iva per un importo complessivo di Euro 180.499,25, comprese sanzioni e interessi; la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso, avendo riconosciuto la fondatezza dei motivi relativi alla illegittimità della cartella di pagamento sia per omessa notifica della comunicazione di irregolarità, sia per mancata sottoscrizione della cartella da parte dell’Agente della riscossione e per mancata indicazione del responsabile del procedimento; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello principale Equitalia ETR s.p.a. e appello incidentale l’Agenzia delle entrate;

la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello principale di Equitalia ETR s.p.a. e quello incidentale dell’Agenzia delle entrate, rigettando l’appello incidentale della società contribuente; in particolare, ha ritenuto che la mancata notifica della preventiva comunicazione di irregolarità, nonchè la mancata sottoscrizione della cartella da parte dell’agente della riscossione e l’indicazione del responsabile del procedimento, non comportassero nullità della cartella di pagamento;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso la società contribuente affidato a quattro motivi;

l’Agenzia delle entrate si è costituita depositando controricorso;

si è costituita Equitalia ETR s.p.a., depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

possono essere esaminati unitamente il primo e quarto motivo di ricorso, in quanto attengono alla questione della decadenza dell’amministrazione dalla notifica della cartella di pagamento conseguente alla liquidazione automatizzata relativa alla dichiarazione Modello Unico 760/2005 (relativamente al primo motivo di ricorso, nella parte sotto indicata alla lettera a);

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non avere pronunciato sui motivi di appello incidentale proposti dalla contribuente relativi: a) alla illegittimità dell’iscrizione a ruolo per intervenuta decadenza e tardiva notifica della cartella di pagamento; b) alla assoluta carenza di motivazione della cartella di pagamento, riportante in maniera criptica i soli codice del tributo richiesto e il relativo importo iscritto a ruolo;

con il quarto motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, con riferimento alla L. n. 156 del 2005, art. 1, comma 5 bis, e al combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, applicabile ratione temporis;

con riferimento a questo motivo di ricorso, in particolare, la ricorrente osserva che alla fattispecie, avente ad oggetto omessi versamenti di imposta per l’anno 2004, non potevano trovare applicazione i nuovi termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento introdotti dal D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5-bis, convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, in quanto osterebbe il principio di irretroattività della legge;

preliminarmente, va osservato, differentemente da quanto sostenuto dalla difesa di Equitalia ETR s.p.a., che il giudice di appello non si è pronunciato sul motivo di appello relativo alla decadenza della pretesa impositiva;

in sede di svolgimento del processo della sentenza censurata non è in alcun modo fatto riferimento nè esposto il contenuto del motivo di appello in esame, mentre l’unico riferimento risulta compiuto nel dispositivo, ove il giudicante si limita a rigettare l’appello incidentale della ricorrente, senza che sia rinvenibile alcun passaggio motivazionale in ordine alle ragioni del rigetto;

non può, quindi, ritenersi che il giudice di appello abbia esaminato la questione della decadenza, pur risultando la stessa prospettata, secondo i passaggi riportati dalla ricorrente in sede di ricorso;

ciò comporta una omessa pronuncia su di un motivo di appello, censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4);

tuttavia, ritiene questa Corte di potere fare applicazione, al caso di specie, della previsione contenuta 384 c.p.c., comma secondo, potendosi in questa sede esaminare la questione di diritto prospettata, non essendo necessari accertamenti di fatto;

in particolare, è incontestato che la cartella di pagamento è stata notificata alla contribuente in data 23 febbraio 2008 (vd. Sentenza, pag. 2, rigo 9) e che la stessa conseguiva alla verifica del mancato versamento degli importi indicati dalla contribuente nel modello unico 760 del 2005, presentata per l’anno di imposta 2004;

tenuto conto di tali dati fattuali, va osservato che la disciplina della decadenza dell’amministrazione finanziaria nella notifica delle cartelle di pagamento è stata sottoposta ad un intervento normativo con il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, conv., con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, art. 1;

in particolare, il D.L. in esame, all’art. 1, comma 5 bis, ha previsto che: “Al fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributari, la notifica delle relative cartelle di pagamento è effettuata, a pena di decadenza:

a) entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1^ gennaio 2004”;

facendo applicazione al caso di specie della previsione normativa in esame, quindi, poichè la liquidazione era relativa alla dichiarazione Modello unico del 2005, il termine di decadenza per la notifica della cartella di pagamento era da individuarsi al 31 dicembre 2008, sicchè la notifica della cartella di pagamento, avvenuta il 23 febbraio 2008, è da considerarsi tempestiva;

sul punto, va ribadito l’orientamento di questa Suprema Corte (Cass. civ. Sez. 5, Ord., 14 marzo 2018, n. 6283), secondo cui “La giurisprudenza di Legittimità, in tema di riscossione delle imposte sui redditi e di imposte sul valore aggiunto, ha ripetutamente affermato che il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis, convertito con modificazioni nella L. n. 156 del 2005, ha fissato i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni; sostituendo il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2, con l’art. 5 ter, ha peraltro stabilito che, per le somme che risultano dovute a seguito di attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo per le dichiarazioni da presentarsi entro il 31 dicembre 2001; entro il quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione per quelle presentate entro il 31 dicembre 2002, (Cass., Sez. 5, sent. n. 4745 del 2006; Cass. Sez. 5, sent. n. 24048 del 2011; Cass., Sez. 5, sent. n. 15661 del 2014). La disciplina è stata introdotta, modificando la precedente, all’esito di un processo di riequilibrio del rapporto amministrazione-contribuente in ordine ai tempi di accertamento delle imposte e della relativa riscossione, più adeguato ai parametri costituzionali. Si è così dato seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, nella parte in cui non prevedeva un termine di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alle imposte liquidate D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, così di fatto lasciando il contribuente in una situazione di intollerabile incertezza sui tempi dell’azione esecutiva del fisco, per essere sottoposto, anche dopo l’accertamento e la iscrizione a ruolo di maggiori imposte, alla prescrizione decennale del potere di notifica della cartella esattoriale (cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 22223 del 2015). Peraltro la norma, di chiaro ed inequivoco valore transitorio, trova come tale applicazione non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, che siano pendenti presso l’ente impositore, ma anche a quelle ancora “sub iudice”, così garantendo non solo la tutela dell’interesse del contribuente, ma, attesa la sua sopravvenienza rispetto a rapporti pendenti, l’interesse dell’erario ad evitare termini decadenziali precedentemente insussistenti (cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 15661 del 2014)”;

con riferimento, poi, alla parte sopra indicata alla lettera b) del primo motivo di ricorso, relativo alla omessa pronuncia sul difetto di motivazione della cartella di pagamento, si ritiene che le eccezioni sul punto prospettate dalla difesa di Equitalia ETR s.p.a., siano fondate;

la pronuncia in esame ha dato risposta alla doglianza della contribuente circa il difetto di motivazione della cartella di pagamento nell’ambito dell’esame della questione della mancata notifica della comunicazione di irregolarità;

in particolare, la stessa ha precisato (vd. pag. 6 della sentenza) che, nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate aveva fatto corretta applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ponendo in essere un mero riscontro cartolare rientrante nelle procedure automatizzate, non avendo fatto altro che iscrivere a ruolo, a seguito di controllo automatizzato, imposte che, pur essendo state esattamente quantificate e regolarmente indicate dalla società nella propria dichiarazione dei redditi, prodotta per l’anno 2004, sono risultate non pagate alla scadenza prescritta, ed ha, altresì, precisato, che: non avendo operato con accertamento, ma per effetto della mera liquidazione di quanto non versato, è proprio nella sufficienza e idoneità della cartella di pagamento a motivare adeguatamente la pretesa tributaria e, insieme, nella interazione della cartella esattoriale medesima con la dichiarazione dei redditi, che risiede, come già detto, il motivo per cui il legislatore non ha previsto, nel caso di mancato versamento delle imposte, riscontrato a conclusione dell’attività di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni dei redditi, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, la emissione del prodromico avviso di accertamento; nei casi quali quello di specie, il legislatore ha disposto la diretta iscrizione a ruolo dei tributi non pagati, con la consequenziale emissione della cartella di pagamento, dalla cui semplice lettura dei dati in essa riportati – evidenzianti le somme relative alle imposte non corrisposte e il periodo di imposta – il destinatario può comprendere, agevolmente e perfettamente, tutti i motivi del richiesto pagamento; i dati innanzi citati sono, peraltro, immediatamente rilevabili anche dalla dichiarazione dei redditi;

i suddetti passaggi della sentenza censurata, come è dato vedere, danno adeguata risposta alla doglianza di parte ricorrente circa il ritenuto difetto di motivazione della cartella impugnata, facendo espresso richiamo alla circostanza che, nella fattispecie, la pretesa impositiva derivava dalla mera attività di liquidazione dell’imposta non versata e dichiarata dalla stessa parte contribuente;

ciò, peraltro, è in linea con la giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo cui “La cartella di pagamento emessa all’esito di un procedimento di controllo cd. formale o automatizzato, a cui l’Amministrazione finanziaria ha potuto procedere attingendo i dati necessari direttamente dalla dichiarazione, può essere motivata con il mero richiamo a tale atto, atteso che il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa, anche qualora si richiedano somme maggiori di quelle risultanti dalla dichiarazione” (Cass. n. 15564/2016);

si è ancora aggiunto – Cass. n. 21817/2017, richiamando Cass. n. 25329/2014 – che “In tema di motivazione della cartella di pagamento, l’atto con cui siano rettificati i risultati della dichiarazione e, quindi, sia esercitata una vera e propria potestà impositiva, va motivato debitamente, dovendosi rendere edotto il contribuente dei fatti su cui si fonda la pretesa, mentre quello con cui si proceda, in sede di controllo cartolare D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, alla liquidazione dell’imposta in base ai dati contenuti nella dichiarazione o rinvenibili negli archivi dell’anagrafe tributaria, può essere motivato con il mero richiamo alla dichiarazione, poichè il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa”;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. a), per avere ritenuto che la mancata sottoscrizione e indicazione del responsabile del procedimento non comporta nullità della cartella di pagamento;

il motivo è infondato;

circa il quadro normativo di riferimento, va osservato, da un lato, che la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, pur qualificando come “tassativo” l’obbligo dell’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione, non sanziona la violazione dell’obbligo e, dall’altro, che non può trovare applicazione alla fattispecie, ratione temporis, il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, che, invece, contempla espressamente la sanzione della nullità nel caso di omessa indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, ma soltanto in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008;

nella materia, le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 11722 del 14/05/2010 hanno affermato il principio (costantemente seguito, anche di recente, v. ord. n. 11856 del 12/05/2017) secondo cui “l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008″;

con riferimento, inoltre, al profilo della mancanza di sottoscrizione della cartella di pagamento, va dato seguito alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’autorità da cui promana. Ciò in quanto l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione (Cass. n. 26053 del 30/12/2015; n. 25773 del 05/12/2014);

con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, per non avere ritenuto che la mancata notifica della comunicazione di irregolarità comportasse la nullità della cartella di pagamento;

il motivo è infondato;

sul punto, va ribadito il principio espresso da questa Suprema Corte secondo cui in materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2”;

invero, la liquidazione prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, costituisce un controllo automatico della dichiarazione in via informatica volto non alla rettifica del reddito, ma a correggere errori materiali e formali risultanti da contenuto della dichiarazione stessa, ipotesi tipica disciplinata dalla norma in esame che implica un controllo di tipo documentale dei dati contabili riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. n. 7536/2011, n. 15312/2014, ed ancora più di recente, Cass. n. 27716/2017);

la norma va interpretata nel senso che solo per il caso in cui il controllo automatico della dichiarazione riveli “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”, ossia un errore del contribuente, v’è la necessità dell’avviso bonario, non anche per il diverso caso dell’omesso o tardivo versamento, nel quale il riscontro di irregolarità non investe “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, come appunto richiesto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, in quanto i dati contabili utilizzati dall’Amministrazione finanziaria si considerano a tutti gli effetti come dichiarati dal contribuente (art. 54 bis citato), o anche dal sostituto d’imposta (art. 36 bis, comma 4 e art. 54 bis citati), per cui risulterebbe del tutto inutile comunicare al dichiarante su quanto dal medesimo allegato (Cass. n. 17396/2010, n. 8342/2012, n. 12023/2015);

nella fattispecie, la cartella di pagamento era stata emessa a seguito della verifica dell’omesso versamento di quanto dichiarato nel modello unico 2005, sicchè l’Ufficio nulla aveva da comunicare, proprio poichè non risulta che, a seguito del controllo automatico, abbia contestato o rettificato in alcun modo la dichiarazione;

quindi, nel caso in esame, posto che l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella non hanno fatto seguito ad una rettifica della dichiarazione in sede di controllo, bensì all’omesso o insufficiente pagamento di quanto dichiarato, la potestà impositiva è stata esercitata dall’amministrazione finanziaria iscrivendo direttamente nei ruoli le imposte non versate così come risultante dalla dichiarazione, sicchè manca in radice l’obbligo della comunicazione, ed è del tutto erroneo il riferimento agli effetti invalidanti che la relativa omissione determina (quando tale comunicazione sia invece doverosa) sull’atto amministrativo finale (iscrizione a ruolo ed emissione della cartella di pagamento);

in conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle controricorrenti, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di ciascuna delle controricorrenti delle spese di lite, che si liquidano in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia delle entrate, e spese generali nella misura del 15% degli onorari e accessori di legge, in favore di Equitalia ETR s.p.a..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile, il 10 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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