Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29304 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29304

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.I. e F.P. (quali eredi di F.A.),

F.E. e B.Z. (quali eredi di Fa.Al.),

elettivamente domiciliati in Roma, via Carlo Mirabello n. 17, presso

l’Avv. Fulvio Zardo, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Mancini

Mario G. e Roberto Fiorucci per procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

REGIONE UMBRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende per

legge;

COMUNITA’ MONTANA UMBRIA NORD, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Grazioli Lante n.

16 presso lo studio dell’Avv. Bonaiuti Domenico, rappresentata e

difesa dall’Avv. Pacciarini Anna M. per procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 829/2009 della Corte d’appello di Perugia,

depositata in data 8.04.10;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito l’Avv. Pacciarini;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

BASILE Tommaso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- Con ricorso al Pretore del lavoro di Città di Castello del 22.09.1983, F.A. esponeva di essere stato dipendente dell’azienda agraria Opera Pia Regina Margherita – Fondazione Franchetti, fino alla sua soppressione avvenuta nel 1981 e di essere rimasto in servizio, con mansioni di guardiano, anche quando l’azienda e tutti i beni del suo comprensorio erano passati nel patrimonio della Regione Umbria, che ne aveva assegnato l’amministrazione alla Comunità montana Alto Tevere Umbro. Il predetto conveniva in giudizio questi ultimi due enti per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un infortunio sul lavoro accaduto nel (OMISSIS), il pagamento di differenze retributive e del trattamento di fine rapporto, nonchè la regolarizzazione contributiva per gli anni 1979, 1981, 1982 e 1983.

2.- Costituitasi in giudizio, la Regione contestava il rapporto di lavoro con l’attore; la Comunità montana si costituiva in corso di giudizio eccependo il difetto di giurisdizione. Sospeso il giudizio in ragione di regolamento di giurisdizione promosso dalla Comunità montana – risolto dalla Corte di cassazione a favore del giudice ordinario (S.u. 28.4.89 n. 2006) – transitato alla Pretura di Perugia, succeduta alla soppressa Pretura di Città di Castello, interrotto per il decesso del F., il giudizio era riassunto dai suoi eredi F.I., Fa.Al. e F.P..

3.- Con sentenza del 2.3.95 il Pretore di Perugia condannava la Regione e la Comunità montana a pagare varie somme in favore di detti eredi, a titolo di differenze salariali, di trattamento di fine rapporto, oltre spese di giudizio e di consulenza tecnica di ufficio, medica e contabile.

4.- Proposto appello principale separatamente dalla Regione e dalla Comunità montana, gli eredi F. si costituivano solo nei confronti della Regione proponendo appello incidentale per il rigetto della richiesta di risarcimento del danno patito dal loro dante causa a seguito dell’infortunio. Riuniti i due appelli, il Tribunale di Perugia con sentenza 9.2.96 dichiarava improcedibile l’appello della Comunità montana, in quanto non notificato agli appellati, e accoglieva l’impugnazione principale della Regione rigettando l’impugnazione incidentale degli eredi F..

5.- Proponevano ricorso per cassazione la Comunità montana e gli eredi F.. La Corte di cassazione, riuniti i due ricorsi, dichiarava inammissibile il ricorso dei F. ed accoglieva quello della Comunità montana, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa al Tribunale di Terni, atteso che il giudice non avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità dell’appello della Comunità, ma fissare un’altra udienza di discussione ed assegnare all’appellante un termine perentorio per la notifica del ricorso (Cass. 28.12.99 n. 14623). Il Tribunale di Terni con sentenza 4.3.05, tuttavia, dichiarava inammissibile il ricorso in riassunzione della Comunità montana e l’appello incidentale degli eredi F., dato che il Tribunale stesso era stato adito in composizione monocratica.

6.- Proposto nuovamente ricorso per cassazione dalla Comunità montana, la Corte di cassazione cassava anche la sentenza del Tribunale di Terni (Cass. 12.8.08 n. 21542), ritenendo che il giudice monocratico avrebbe dovuto rimettere la causa al Presidente del Tribunale per l’assegnazione al giudice collegiale, e rinviava alla Corte d’appello di Perugia.

7.- La causa era riassunta dalla Comunità montana Umbria Nord (succeduta alla Comunità montana Alto Tevere Umbro); si costituivano la Regione Umbria, F.P. e F.I., eredi dell’originario attore F.A., nonchè F.E. e B.Z., eredi di Fa.Al., nelle more anch’egli deceduto. La Corte d’appello di Perugia con sentenza 8.4.10 accoglieva l’impugnazione della Comunità montana, respingendo la domanda del F., e dichiarava inammissibile l’appello incidentale proposto dagli eredi del F. contro detta Comunità montana.

8.- Proponevano ricorso per cassazione F.P. e F. I., eredi dell’originario attore F.A., nonchè F.E. e B.Z., eredi di Fa.Al., anch’egli erede e deceduto nelle more del giudizio. Resistono con controricorso la Comunità montana Umbria Nord e la Regione Umbria.

9.- Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

I ricorrenti F. hanno depositato memoria.

10.- I ricorrenti deducono cinque motivi, lamentando a) violazione dell’art. 2112 c.c. in relazione al D.P.R. 22 maggio 1981 di scioglimento dell’Opera Pia, avendo la Corte di merito omesso di rilevare che F.A. dopo lo scioglimento aveva continuato a lavorare, seppure contra legem per mancanza di formale incarico e per raggiungimento dell’età massima, di modo che, pure solo per questo limitato motivo, avrebbe dovuto essere riconosciuto il credito del F.; b) nullità della sentenza in quanto avrebbe dovuto essere ribadita l’originaria improcedibilità dell’appello della Comunità montana per omessa notifica; c) violazione degli artt. 436, 333 e 334 c.p.c. per l’erronea dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale per tardività, atteso che la tardiva notifica dell’appello aveva rimesso in termini anche gli appellanti incidentali; d) violazione dell’art. 91 c.p.c. per la condanna degli eredi F. alle spese del terzo giudizio di cassazione (promosso con ricorso della Comunità montana contro la sentenza del Tribunale di Terni che aveva dichiarato il ricorso in appello inammissibile), in quanto si trattava di errore del giudice non condiviso da detti eredi, che in Cassazione non si erano costituiti; e) violazione degli artt. 112, 324 e segg. con vizio di ultrapetizione, avendo la Corte di merito posto a carico degli eredi F. le spese della consulenza medico legale e di quella contabile del primo grado.

11.- Il primo motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata ha accertato che la persistenza del rapporto di lavoro dopo il 1981 (anno di scioglimento dell’Opera Pia) fu affermata da un soggetto incompetente (il Commissario straordinario dell’ente di beneficenza), ma non fu mai riconosciuta dalla Regione e mai è stata provata (pag.

8-9-10, della sentenza, la quale ha concluso che “il F. non fu trasferito alle dipendenze della Regione, dopo la soppressione dell’Opera Pia, neppure con un rapporto di fatto …”), di modo che il rapporto di lavoro non poteva essere trasferito alla Comunità montana, perchè mai instaurato. Non essendo questa conclusione contestata, viene a mancare il presupposto per il compenso della prestazione, e cioè che la prestazione stessa sia stata effettuata.

12.- Quanto al secondo motivo, la pronunzia di improcedibilità dell’appello della Comunità montana, proposto nel 1995 e originariamente non notificato, fu cassata dalla Corte di cassazione (sentenza 14623 del 1999), la quale, secondo l’orientamento dell’epoca, ritenne che il giudice avrebbe dovuto concedere un termine per la sua notifica. La Corte d’appello, in sede di rinvio ai sensi dell’art. 384 c.p.c. doveva uniformarsi al principio di diritto enunziato dalla Corte rescindente e non poteva adottare una diversa statuizione, conforme al nuovo orientamento, ma contraria alla sentenza rescindente.

13.- Il terzo motivo è inammissibile, atteso che con doppia motivazione la Corte d’appello ha ritenuto l’appello incidentale inammissibile e, allo stesso tempo, infondato nel merito.

L’impugnazione odierna si rivolge solo contro la pronunzia di inammissibilità e, quindi, non è idonea a colpire il decisum nella sua interezza.

14.- Il quarto ed il quinto motivo sono infondati, in quanto il giudice di appello nell’attribuire le spese del terzo giudizio di cassazione (sentenza n. 21542 del 2008) e quelle delle due consulenze di ufficio ha fatto applicazione del principio di soccombenza, in applicazione dell’art. 91 c.p.c..

15.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità debbono essere compensate, in ragione del rilevato mutamento giurisprudenziale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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