Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2930 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2930 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motiva:ione
semplificata

sul ricorso proposto da:

DROGHINI Giancarlo (DRG GCR 45P03 H501H), rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dagli
avvocati Ugo Sgueglia e Andrea Sgueglia, presso lo studio
dei quali in Roma, via Ottorino Lazzarini n. 19, è
elettivamente domiciliato;
ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;

53M

Data pubblicazione: 10/02/2014

- resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia,
depositato il 15 novembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Andrea Sgueglia;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 20 aprile 2011
presso la Corte d’appello di Perugia, Droghini Giancarlo
proponeva, ai sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di
equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a
causa della non ragionevole durata di un giudizio di equa
riparazione svoltosi dinnanzi alla Corte d’appello di
Roma, iniziato con ricorso depositato in data 4 gennaio
2008 e conclusosi con decreto depositato in data 20
gennaio 2011;
che l’adita Corte d’appello dichiarava la domanda
inammissibile ritenendo non esperibile il rimedio di cui
alla legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti
relativi alla denunciata violazione della durata
ragionevole di giudizi presupposti, non discendendo tale
– 2 –

udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.

proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo nella definizione
dei procedimenti di cui alla legge n. 89 del 2001
compensabile dal giudice del procedimento;

Giancarlo ha proposto ricorso, sulla base di un motivo,
illustrato da memoria;
che l’intimata Amministrazione non ha resistito con
controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai
fini della partecipazione alla udienza di discussione.
Considerato

che il collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e
ss. della legge n. 89 del 2001, degli artt. 6, 13 e 41
della Convenzione europea per i diritti dell’uomo e del
principio di sussidiarietà di cui all’art. 35 della
medesima Convenzione, nonché vizio di motivazione,
dolendosi del fatto che la Corte d’appello non si sia
attenuta alla giurisprudenza di questa Corte, che ha
ritenuto ammissibile la domanda di equa riparazione in
riferimento a giudizi di equa riparazione;
che il ricorso è fondato;

che per la cassazione di questo decreto Droghini

che questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più
volte in ordine alla applicabilità del procedimento
disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai procedimenti
introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve

ragionevole di durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione;
che, come affermato di recente (Cass. n. 17686 del
2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre conformi), il
giudizio di equa riparazione, che si svolge presso le
Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione,
dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una
definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto
più pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto
finalizzati proprio all’accertamento della violazione di
un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un
patema d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti di cui alla legge n. 89 del 2001;
che non appare condivisibile l’assunto che il giudizio
dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte
– 4 –

ritenersi predicabile l’operatività del termine

europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato
diritto fondamentale, atteso che il procedimento interno
rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace,

di una ragionevole durata;
che, quanto alla determinazione della ragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione, questa
Corte ha ritenuto che ove venga in rilievo un giudizio
“Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cassazione,
la durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta
ragionevole ove non ecceda il termine di due anni;
che dunque, tenuto conto che il termine di durata
ragionevole di un giudizio di legittimità è normalmente
fissato in un anno, deve ritenersi che il giudizio di
primo grado debba essere concluso nel termine ragionevole
di un anno, non potendosi a tal fine attribuire al termine
di quattro mesi di cui all’art. 3, comma 4, della legge n.
89 del 2001, natura diversa da quella sollecitatoria che
gli è propria e quindi non espressiva in modo assoluto
della ragionevole durata del procedimento di equa
riparazione;
che il ricorso deve quindi essere accolto, essendo
erronea la decisione della Corte territoriale che ha
– 5 –

sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito

ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per
la irragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra
natura;
non essendo necessari ulteriori

accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito;
che, nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato
depositato presso la Corte d’appello di Roma il 4 gennaio
2008 e l’unico grado di giudizio di merito si è concluso
con decreto depositato il 20 gennaio 2011, sicché la
durata complessiva del procedimento di equa riparazione è
stata di circa tre anni;
che, pertanto, detratto il termine ragionevole,
stimato in un anno, la durata non ragionevole risulta
essere stata di circa due anni;
che alla luce dell’accertata irragionevole durata del
giudizio, al ricorrente spetta un indennizzo che va
liquidato sulla base di euro 750,00 per anno, e quindi in
complessivi euro 1.500,00, oltre interessi legali dalla
data della domanda al saldo;
che al ricorrente compete altresì il rimborso delle
spese dell’intero giudizio, liquidate nella misura
indicata in dispositivo;

che tuttavia,

che le spese del giudizio, come liquidate, devono
essere distratte in favore dei difensori del ricorrente,
Avvocati Ugo Sgueglia e Andrea Sgueglia, dichiaratisi
antistatari.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento, in favore di Droghini
Giancarlo, della somma di euro 1.500,00, oltre interessi
legali dalla data della domanda al saldo; condanna il
Ministero alla rifusione delle spese dell’intero giudizio
che liquida, per il giudizio di merito, in euro 775,00, di
cui euro 50,00 per esborsi, euro 280,00 per diritti e euro
445,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli
accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in
euro 506,25 per compensi, oltre a euro 100,00 per esborsi
e agli accessori di legge. Dispone la distrazione delle
spese di entrambi i gradi in favore dei difensori del
ricorrente, Avvocati Ugo Sgueglia e Andrea Sgueglia,
dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 16
gennaio 2004.

PER QUESTI MOTIVI

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