Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2930 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 07/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 07/02/2020), n.2930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22342/2014 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA

n. 102, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PASQUALE MOSCA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3891/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/09/2013 R.G.N. 1551/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello di D.M. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico, volta ad ottenere il pagamento di differenze retributive ulteriori rispetto a quelle già corrisposte dall’amministrazione in esecuzione della sentenza n. 10.625 del 1 giugno 2005, passata in giudicato, con la quale il giudice del lavoro di Roma aveva riconosciuto il diritto dei lavoratori ricorrenti, tutti appartenenti alla ex 9^ qualifica funzionale alla “equiparazione del trattamento stipendiale in godimento a quello percepito dal personale del soppresso ruolo ad esaurimento – ispettori generali – con decorrenza dal 16/2/1999”;

2. la Corte territoriale, esaminato il contenuto della sentenza passata in giudicato e del ricorso deciso con la stessa, ha ritenuto che la domanda proposta in quel procedimento avesse ad oggetto unicamente l’equiparazione dello stipendio tabellare a quello degli ispettori generali del ruolo ad esaurimento e non la totale omologazione delle due carriere e del relativo trattamento economico, comprensivo della voce riferita all’anzianità;

3. la liquidazione effettuata dal Ministero era, quindi, corretta perchè l’appellante non poteva pretendere “alcunchè di diverso ed ulteriore” ed in particolare non poteva rivendicare, sulla base del precedente giudicato, una “ricostruzione virtuale della carriera di ispettore generale avente pari anzianità di servizio”;

4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.M. sulla base di un unico motivo, al quale il Ministero, che aveva inizialmente depositato atto di costituzione chiedendo di poter partecipare alla discussione orale, ha opposto difese con la memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso denuncia, con un unico motivo, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., ed addebita alla Corte territoriale di avere errato nell’interpretazione della sentenza n. 10625/2005 del Tribunale di Roma, passata in giudicato, perchè quest’ultima aveva riconosciuto il diritto alla piena equiparazione del trattamento economico, senza limitarla allo stipendio tabellare, sicchè la retribuzione da assumere come riferimento non poteva che essere quella riconosciuta in favore di un ispettore generale di pari anzianità;

1.1. il ricorrente aggiunge che nell’atto introduttivo del giudizio definito con la sentenza passata in giudicato gli allora ricorrenti non avevano in alcun modo limitato la domanda e solo per contrastare le difese del Ministero avevano dedotto che quest’ultimo non poteva fare leva sulla maggiore anzianità degli ispettori generali per negare il diritto all’equiparazione;

2. il ricorso è infondato, perchè corretta e condivisibile è l’interpretazione del giudicato sulla base della quale la Corte territoriale ha ritenuto destituita di fondamento la domanda proposta dal D.;

3. è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento che, facendo leva sull’assimilazione del giudicato agli “elementi normativi”, riconosce alla Corte di Cassazione il potere di accertare “l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito” (Cass. S.U. n. 24664/2007);

4. è stato precisato, ed il principio deve essere qui ribadito, che qualora sorga contrasto fra le parti in merito al contenuto delle statuizioni della sentenza passata in giudicato, l’esegesi della stessa va fornita attribuendo rilievo prevalente al dispositivo della decisione ed alla motivazione che lo sorregge, potendo farsi riferimento, in funzione interpretativa, alla domanda della parte solo in via residuale qualora, all’esito dell’esame degli elementi dispositivi ed argomentativi di diretta emanazione giudiziale, persista un’obiettiva incertezza sul contenuto della statuizione (Cass. n. 21165/2019);

5. nel caso di specie la sentenza del Tribunale di Roma n. 10625/2005, integralmente trascritta alle pagine da 11 a 14 del ricorso, non contiene alcuna affermazione sulla quale possa essere fondata la tesi sostenuta dal ricorrente, perchè il giudicato ha riguardato unicamente il riconoscimento dell’equiparazione stipendiale con effetto dal 16 febbraio 1999 ed ha dato atto nelle premesse che i lavoratori in quel giudizio, facendo leva sulla equivalenza delle funzioni svolte e sull’inquadramento nell’unica categoria C3, avevano domandato l’accertamento del diritto “all’equiparazione del trattamento retributivo e degli incrementi stipendiali rispetto ai colleghi, con decorrenza dal 16/2/1999, data di aumenti stipendiali ex c.c.n.l. Comparto Ministeri che però avevano differenziato i 2 gruppi di dipendenti con aumenti più favorevoli per il cosiddetto ruolo ad esaurimento”;

6. il Tribunale ha ritenuto non giustificato il trattamento differenziato introdotto dalle parti collettive, perchè in contrasto con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 e solo su questo ha statuito, senza fare cenno alcuno all’anzianità pregressa e senza estendere l’equiparazione alle ulteriori voci che, secondo la previsione dell’art. 28 del CCNL, compongono la struttura della retribuzione;

7. nè si può sostenere che, pur in assenza di una specifica statuizione in tal senso, il principio della parità di trattamento, interpretato nei termini indicati dal Tribunale nella sentenza passata in giudicato, imporrebbe comunque di effettuare la comparazione con il trattamento economico riservato agli ex ispettori generali, con pari anzianità di servizio rispetto al ricorrente;

8. la questione è già stata esaminata da questa Corte che, con l’ordinanza n. 27676/2018, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., ha respinto analoga domanda proposta nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico, affermando che il diritto all’equiparazione stipendiale riconosciuto con sentenza passata in giudicato, salva espressa statuizione in tal senso, non comporta il riconoscimento della retribuzione individuale di anzianità calcolata con gli stessi parametri del personale direttivo del soppresso ruolo ad esaurimento, stante il diverso regime normativo che ha regolato tale categoria di personale quanto all’incidenza economica dell’anzianità e considerato altresì che l’accorpamento delle qualifiche nell’area C, posizione C3, non può produrre effetti rispetto a quelle componenti che presuppongono il possesso di una pregressa anzianità nel ruolo ad esaurimento;

9. si è già rilevato che nel caso di specie il giudicato non contiene alcuna statuizione espressa riferibile alla R.I.A. sicchè per ciò solo, sulla base del principio riportato nel punto che precede, al quale il Collegio intende dare continuità, la domanda di riliquidazione delle competenze spettanti sulla base della sentenza del Tribunale di Roma n. 10625/2005 deve essere ritenuta infondata;

10. si deve, poi, aggiungere che ogni dubbio sulla portata della precedente decisione intervenuta fra le stessi parti è fugato dall’esame diretto dell’atto introduttivo del giudizio nel quale il giudicato si è formato, perchè in quella sede i ricorrenti, dopo avere dato atto della diversa disciplina che fino all’accorpamento aveva regolato l’incidenza economica dell’anzianità, avevano precisato con chiarezza che la domanda formulata si riferiva alla “retribuzione funzionale tabellare” e non alla “parte relativa alle rispettive anzianità che è pacifico rimanga diversamente determinata dalle rispettive norme che l’hanno riconosciuta in modi diversi in relazione alla differente originaria anzianità di servizio fra le rispettive categorie” (pag. 10 del ricorso del 10.12.2001, riportata a pag. 31 del ricorso per cassazione);

11. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del Ministero che, dopo essersi costituito in giudizio riservando di illustrare le difese nel corso dell’udienza pubblica, ricevuto l’avviso di fissazione dell’adunanza camerale, ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.;

12. quanto all’ammissibilità di detto atto processuale va ribadito che, relativamente ai ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 e per i quali venga fissata adunanza camerale, la parte intimata che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c., ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà può presentare memoria, al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost., oltre che dell’art. 6 CEDU (Cass. n. 4906/2017 e Cass. n. 12803/2019 che richiama anche l’art. 1 del Protocollo di intesa del 15.12.2016 nella parte in cui prevede che “per i ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, l’intimato che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c., ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, possa, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà, presentare memorie, munita di procura speciale, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente”);

13. sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020

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