Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29293 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/12/2020, (ud. 24/11/2020, dep. 22/12/2020), n.29293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24305-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2241/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 13/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento relativo ad IRPEF per l’anno d’imposta 2010;

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale dichiarava estinto il giudizio con compensazione delle spese rilevando che “il ricorrente ha prodotto l’istanza di definizione di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, convertito con modificazioni dalla L. n. 225 del 2016 che prevede la definizione agevolata (cd. rottamazione) dei carichi affidati agli agenti di riscossione negli anni dal 2000 al 2016, con l’impegno a rinunciare al giudizio in corso, in modo totale o parziale. Ad avviso del giudicante, la semplice produzione del modulo DA1 è sufficiente a determinare l’estinzione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 44 (con compensazione delle spese ex art. 92) del contenzioso pendente, non essendo necessario il perfezionamento della definizione medesima (domanda e pagamento integrale)”;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso, mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 50 del 2017, art. 11, e del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, per avere la CTR dichiarato l’estinzione del giudizio senza verificare, in punto di fatto, i carichi relativi a quali atti il contribuente avesse inteso riferire la definizione nonchè la natura dei carichi stessi;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 44 e 46, con riferimento al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, per avere la CTR affermato che la semplice produzione del modulo DA1 è sufficiente a determinare l’estinzione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 44, del contenzioso pendente, non essendo necessario il perfezionamento della definizione medesima (domanda e pagamento integrale)”, in quanto per il perfezionamento della definizione agevolata non è sufficiente la presentazione della dichiarazione di volersi avvalere della definizione agevolata e con il pagamento della prima rata, occorrendo il pagamento integrale e tempestivo delle somme dovute.

Il primo motivo è inammissibile.

Infatti, secondo questa Corte: è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. SU n. 34476 del 2019; Cass. n. 22120 del 2020); in tema di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il controllo di legittimità non si esaurisce in una verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, ma è esteso alla sussunzione del fatto nell’ipotesi normativa, fatto però come accertato dal giudice di merito: nel caso di specie il ricorrente invece, nel dolersi formalmente di una violazione di legge, lamenta in realtà che la CTR non avrebbe verificato, “in punto di fatto”, i carichi relativi a quali atti il contribuente avrebbe inteso riferire la definizione nonchè la natura dei carichi stessi, senza oltretutto spiegare quale sarebbe la differenza tra contenzioso pendente e carichi tributari relativi agli atti impugnati, con il che il ricorso appare altresì inammissibile per difetto di chiarezza (Cass. n. 8425 del 2020).

Il secondo motivo è infondato.

Secondo questa Corte infatti, in tema di adesione del contribuente alla definizione agevolata D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6 (conv., con modif., dalla L. n. 225 del 2016), poichè la dichiarazione di adesione reca l’impegno del contribuente a rinunciare ai giudizi pendenti sui relativi carichi, il ricorrente che deposita nel giudizio di legittimità l’attestazione di ammissione alla procedura manifesta un’inequivoca rinuncia al ricorso onde va dichiarata l’estinzione del giudizio (Cass. n. 29394 del 2017).

Inoltre, secondo questa Corte, “va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. 2/5/2019, n. 11.540; Cass. 3/10/2018, n. 24082 e 24083), secondo la quale in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6 conv. con modif. in L. n. 225 del 2016, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perchè ricorre un caso di estinzione “ex lege”, qualora sia resistente o intimato; in entrambe le ipotesi, peraltro, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato; nel caso in esame, parte resistente ha documentato la domanda di adesione alla definizione agevolata, l’avvenuta comunicazione dell’esattore ed anche il pagamento della prima rata, e ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere” (Cass. n. 19908 del 2020); inoltre, sempre secondo questa Corte, “in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, conv. con modif. in L. n. 225 del 2016, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3, di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perchè ricorre un caso di estinzione “ex lege”, qualora sia resistente o intimato; in entrambe le ipotesi, peraltro, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato. Ebbene, ferma la pacifica proposizione dell’istanza ex art. 6 cit., da parte del ricorrente, cui è seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3, non sussiste nella specie anche la prova dell’integrale pagamento delle somme dovute, giacchè dall’estratto di ruolo rilasciato da ADeR – Ufficio di (OMISSIS), in data (OMISSIS), non è possibile evincersi l’integrale pagamento delle somme come riepilogate dall’esattore in detta comunicazione. Ne consegue che non può procedersi alla declaratoria della cessazione della materia del contendere, dovendo invece dichiararsi, come da orientamento prima richiamato (e pienamente condiviso), l’estinzione del giudizio di legittimità, ex art. 391 c.p.c., per rinuncia del ricorrente” (Cass. n. 19651 del 2020): è vero dunque che il pagamento integrale costituisce valido requisito per l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere ma non è un requisito indispensabile per la semplice estinzione dello stesso, essendo sufficiente anche solo la domanda di adesione alla definizione agevolata e il pagamento della prima rata, e del resto l’estinzione del giudizio non determina anche l’estinzione del debito tributario dal momento che, secondo questa Corte, “non sussiste l’interesse del convenuto ad impugnare un’ordinanza di estinzione del giudizio, trattandosi di statuizione meramente processuale inidonea ad arrecare pregiudizio alle parti coinvolte ed a costituire giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi l’efficacia di tale giudicato al solo aspetto del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio” (Cass. n. 21977 del 2018). In effetti, secondo il D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 2, convertito in L. n. 225 del 2016, “ai fini della definizione di cui al comma 1, il debitore manifesta all’agente della riscossione la sua volontà di avvalersene, rendendo, entro il novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, apposita dichiarazione…; in tale dichiarazione il debitore indica… la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione, e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi”: pertanto, ai fini dell’estinzione del giudizio è sufficiente – come esattamente riportato dalla Commissione Tributaria Regionale – l’impegno a rinunciare a i giudizi in corso, non anche l’integrale pagamento di quanto dovuto.

Pertanto, ritenuto inammissibile il primo motivo di impugnazione e infondato il secondo, il ricorso va conseguentemente respinto; nulla va statuito in merito alle spese non essendosi costituita la parte contribuente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

 

 

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