Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29293 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/11/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 14/11/2018), n.29293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17228-2012 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO MOSCHETTI

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI VERONA, AGENZIA DELLE

ENTRATE UFFICIO DI LEGNAGO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 9/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

VERONA, depositata il 13 gennaio 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09

ottobre 2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto dei motivi da 1^ a

5^, assorbito il 6^ motivo di ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE FELICE per delega dall’Avvocato

MOSCHETTI che si riporta ai motivi di ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.G., ed il figlio C., hanno impugnato l’avviso di liquidazione emesso per il recupero della ordinaria imposta di registro, avendo l’Agenzia delle Entrate negato le agevolazioni in favore della piccola proprietà contadina, previste dalla L. n. 604 del 1954, in relazione all’atto di permuta, stipulato il 19 ottobre 2006, con cui il secondo cedeva al primo le quote di partecipazione della Redentore IX di A.G. e C. s.a.s., società non agricola, a fronte del trasferimento della nuda proprietà della quota indivisa, pari alla metà dell’intero, di due fondi rustici, con sovrastanti fabbricati rurali, nel Comune di Casaleone (VR) e di altro fondo rustico, ubicato nel Comune in Cerea (VR).

Nell’atto di permuta, A.C., quale “imprenditore agricolo professionale

debitamente iscritto nella gestione previdenziale e assistenziale”, chiedeva l’applicazione delle predette agevolazioni, all’uopo producendo dapprima la attestazione provvisoria dell’Ispettorato Regionale della Agricoltura di Verona, e successivamente il certificato definitivo, ma l’istanza veniva rigettata sulla scorta dei provvedimenti del 13 marzo 2008 e del 22 luglio 2008, con cui la Regione Veneto Servizio Regionale per l’Agricoltura, rilevava l’insussistenza del requisito oggettivo, richiedendo L. n. 604 del 1954, art. 1, comma 1, n. 2, che “per ambedue i permutanti l’atto sia posto in essere esclusivamente per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina”.

Ricorrevano i contribuenti avverso l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate, e notificato il 7 gennaio 2008, per il recupero delle ordinarie imposte di registro, ipotecarie e catastali, e le Commissioni tributarie adite, prima riconoscevano, poi negavano le agevolazioni, sul rilievo che la qualifica di imprenditore agricolo professionale (I.A.P.) era posseduta solo da uno dei permutanti, che le stesse erano state concesse in via provvisoria, ai sensi della L. n. 604 del 1954, artt. 3 e 4, sulla base della attestazione provvisoria, e che l’Ufficio aveva tempestivamente azionato l’azione di recupero delle imposte, “in quanto il termine di decadenza (di cui alla L. n. 604 del 1954, art. 4, comma 3) necessariamente decorreva dalla scadenza del termine triennale e non dal momento della registrazione” dell’atto tassato, termine appunto “concesso per la presentazione della certificazione definitiva”.

Ricorrono per la cassazione della sentenza i contribuenti, con ricorso affidato a sei motivi, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1954, artt. 1, 3 e 4, D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, per avere il Giudice di appello escluso l’intervenuta decadenza della potestà impositiva senza considerare che nel caso in cui l’atto risulti carente, sin dall’origine, dei presupposti oggettivi richiesti dalla legge, il termine di decadenza triennale prende necessariamente a decorrere dalla registrazione dell’atto, perchè palesemente estraneo all’ambito di applicazione delle agevolazioni.

Con il secondo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, illogicità e contraddittoria della motivazione della sentenza su un punto controverso e decisivo per il giudizio, per avere il Giudice di appello, per un verso, riconosciuto che la fattispecie esula dalle previsioni della L. n. 604 del 1954, art. 1, stante il difetto per così dire “genetico” dell’atto, costituito dal difetto dei presupposti oggettivi e, per altro verso, ricollegato decadenza alla scadenza del termine di tre anni dalla registrazione dell’atto tassato, stabilito per la presentazione del certificato definitivo, che attesta la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge.

Con il terzo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost., nonchè l’illegittimità costituzionale della norma agevolativa (L. n. 604 del 1954, art. 1, comma 1, n. 2, ove ritenuta non applicabile nel caso, come quello esaminato, in cui il permutante “paga” con quote di s.a.s., anzichè con quote di terreno, in quanto così si penalizza il soggetto che possiede i requisiti, e che intende dedicarsi all’esercizio dell’attività agricola.

Le suesposte censure, scrutinabili congiuntamente in quanto logicamente connesse, sono infondate.

Giova premettere che, per conseguire le agevolazioni tributarie di cui qui si discute, L. n. 604 del 1954, art. 3, nel testo ratione temporis applicabile, dispone che l’acquirente, i permutanti e l’enfiteuta devono produrre, al momento della registrazione, insieme all’atto, lo stato di famiglia e un certificato dell’ispettorato provinciale agrario competente per territorio, che attesti la sussistenza dei requisiti di cui al precedente art. 2, nn. 1, 2 e 3, ed il successivo art. 4, prevede che, in luogo del certificato dell’ispettorato agrario richiesto dall’art. 3, può essere prodotta una attestazione provvisoria dell’ispettorato medesimo dalla quale risulti che sono in corso gli accertamenti per il rilascio.

In tal caso, le agevolazioni tributarie sono concesse – provvisoriamente – al momento della registrazione, ed entro tre anni da tale formalità l’interessato deve presentare all’ufficio del registro il certificato definitivo, attestante che i requisiti richiesti sussistevano fin dal momento della stipula dell’atto; in difetto, sono dovute le normali imposte, salvo quanto stabilito dal seguente art. 5, e l’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle imposte ordinarie si prescrive col decorso di tre anni dalla scadenza del termine stabilito dal comma precedente.

L’art. 5, infine, dispone che quando sia stata resa nell’atto esplicita dichiarazione di voler conseguire le agevolazioni tributarie di cui alla presente legge e non sia stato prodotto nè il certificato provvisorio previsto dall’art. 4, comma 1, nè quello definitivo previsto dall’art. 3, sono dovute le normali imposte di registro ed ipotecarie, ma non è precluso il diritto al rimborso se nel termine triennale di prescrizione gli acquirenti, permutanti o enfiteuti presentino apposita domanda all’ufficio del registro competente per territorio, corredata dal certificato dell’ispettorato provinciale agrario di cui alla stessa legge, art. 4, comma 2.

Orbene, l’espressa previsione nella L. n. 604 del 1954, art. 4, comma 2, secondo cui “in difetto” di tempestiva presentazione di detto certificato “sono dovute le normali imposte”, ed il correlato disposto del comma 3, secondo cui “l’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero” di tali “imposte ordinarie si prescrive col decorso di tre anni dalla scadenza del termine stabilito dal comma precedente”, ovverosia “dalla scadenza” del termine concesso al contribuente per la presentazione del “certificato definitivo” recante l’attestazione del possesso dei requisiti di cui all’art. 2, militano nel senso che il suddetto termine, di natura decadenziale, è destinato ad operare in tutte le ipotesi in cui le agevolazioni tributarie sono state chieste ed applicate al momento della registrazione, in via provvisoria, in quanto cioè assoggettate ad una “vera e propria condizione risolutiva” (Cass. n. 21050/2007), costituita dall’inutile decorso del termine di tre anni assegnato al contribuente per la presentazione del certificato definitivo, adempimento di parte privata a cui segue il controllo, da parte dell’Ufficio, delle condizioni e dei requisiti per il conseguimento effettivo del beneficio.

Del resto, “essendo naturaliter sospeso durante il termine assegnato al contribuente per la presentazione del certificato definitivo (…) il potere dell’Ufficio di richiedere le imposte ordinarie, sorgendo questo unicamente in ipotesi di mancata osservanza dell’onere predetto” (Cass. n. 21050/2007 citata), la tesi, sostenuta dai ricorrenti, secondo cui il termine entro il quale l’Amministrazione finanziaria ha il potere di recuperare le imposte ordinarie decorrerebbe, nel caso di specie, dalla data di registrazione dell’atto tassato, contrasta con il chiaro tenore letterale dell’art. 4, comma 3, (“decorso di tre anni dalla scadenza del termine stabilito dal comma precedente”), nonchè con il fatto che è proprio il certificato definitivo che rappresenta il documento richiesto dalla legge ai fini della prova dei presupposti soggettivi ed oggettivi delle agevolazioni, e che il contribuente ha l’onere di produrre (Cass. n. 15489/2016, Cass. n. 16425/2016; Cass. n. 21050/2017), cosa che esclude la necessità di una preventiva verifica, dal parte dell’Ufficio, dell’idoneità dei fondi rustici alla formazione ed all’arrotondamento della proprietà contadina (L. n. 604 del 1954, art. 1).

Nè, tantomeno, una opzione negoziale (permuta in luogo di compravendita) liberamente compiuta da A.C. può rilevare, in termini dì irragionevolezza di sistema, sul piano della legittimità costituzionale della L. n. 604 del 1954, art. 1, comma 1, n. 2, il quale subordina l’accesso ai benefici tributari, oltre che alla ricorrenza di condizioni e requisiti previsti dal successivo art. 2, alla ulteriore condizione, nel caso di atti di permuta, che “per ambedue i permutanti l’atto sia posto in essere esclusivamente per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina”, il che impone un’interpretazione restrittiva della suddetta norma in coerenza con la ratio legis, ravvisabile, inequivocabilmente, nell’intenzione del legislatore di favorire “gli atti posti in essere per la formazione o per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina”. L’eccezione di incostituzionalità è, quindi, da rigettare perchè manifestamente infondata.

Con il quarto motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 441 del 1998, art. 14, comma 5, per non avere il Giudice di appello adeguatamente considerato che i contribuenti, sia in primo, che in secondo grado, avevano formulato subordinata domanda di riconoscimento dei benefici previsti dalla normativa per la diffusione e la valorizzazione dell’imprenditoria giovanile in agricoltura.

Con il quinto motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficienza della motivazione della sentenza su un punto controverso e decisivo per il giudizio, per avere il Giudice di appello omesso di indicare quale tra i presupposti richiesti dalla L. n. 441 del 1998, art. 2, fosse in concreto mancate, essendosi limitato rilevare, alquanto genericamente, che “non risultano comprovati neanche gli ulteriori presupposti richiesti dalla normativa”, compresi quelli appunto riferibile alla subordinata domanda dei contribuenti.

Con il sesto motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia sulla domanda subordinata di annullamento parziale dell’atto impositivo, laddove applica, nel caso di specie, l’aliquota ordinaria del 15%, invece che quella ridotta del 6%, come previsto dalla L. n. 441 del 1998, art. 14, comma 5.

Le suesposte censure, scrutinabili congiuntamente in quanto logicamente connesse, sono parimenti infondate.

Questa Corte ha già avuto occasione di affermare il principio per cui “La sottoposizione di un atto ad una determinata tassazione, ai fini dell’imposta di registro, con il trattamento agevolato richiesto o comunque accettato dal contribuente, comporta, in caso di decadenza dal beneficio, l’impossibilità di invocare altra agevolazione, in quanto i poteri di accertamento e valutazione del tributo si esauriscono nel momento in cui l’atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere, sicchè la decadenza dell’agevolazione concessa in quel momento (nella specie, in favore della piccola proprietà contadina) preclude qualsiasi altro accertamento sulla base di altri presupposti normativi o di fatto.” (Cass. n. 10099/2017, Cass. n. 84409/2013), e la L. n. 604 del 1954, art. 7, dispone espressamente che l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta, il quale abbia subito la revoca dell’agevolazione a favore della piccola proprietà contadina è tenuto a pagare i tributi ordinari.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento in solido della spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.900,00 per compensi, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA