Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29292 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/12/2020, (ud. 24/11/2020, dep. 22/12/2020), n.29292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22643-2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato STEFANO DEL CORTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI AREZZO – UFFICIO

PROVINCIALE DI AREZZO TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 35/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA TOSCANA, depositata il 14/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate rettificava il classamento e la rendita catastale proposta per un’unità immobiliare situata nel comune di (OMISSIS), in seguito a verifica della dichiarazione DOCFA proposta per “diversa distribuzione degli spazi interni”;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate ritenendo che il classamento in cat. A/1 come rettificato dall’Ufficio si giustifichi in relazione alla irrilevanza delle modifiche apportate (mutamento della destinazione di una stanza e di un bagno in soffitta e ripostiglio) ai fini di un classamento inferiore dal momento che l’immobile era già classato A/1 e tale classamento era stato già impugnato dal contribuente e rigettato con sentenza della Commissione Tributaria Provinciale passata in giudicato; inoltre l’immobile è di 400 mq con portico e giardino e gli altri immobili presi in considerazione nella stessa zona e con caratteristiche simili risultano essere accatastati in categoria A/1;

avverso detta sentenza la parte contribuente proponeva ricorso per Cassazione affidato a due motivi di impugnazione e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso, mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il primo motivo d’impugnazione, la parte contribuente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione della normativa catastale, in particolare per non aver tenuto conto dell’ubicazione, dei servizi e delle qualità urbanistico-sociali e ambientali dell’immobile;

con il secondo motivo d’impugnazione, la parte contribuente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia omesso esame di un fatto del giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, per non aver tenuto conto della relazione relativa all’immobile redatta su richiesta della stessa Agenzia delle entrate, relazione secondo la quale l’immobile non presenterebbe rifiniture di lusso e sarebbe inserito in un contesto urbano in cui prevarrebbero gli immobii classati A/2;

ritenuto che il primo motivo – a prescindere da una analisi circa i profili di inammissibilità, dal momento che è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 del 2017) e quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17570 del 2020), in considerazione da un lato dell’assenza nel motivo dell’indicazione delle norme di diritto che sarebbero state violate e dall’altro della sostanziale contestazione da parte della parte contribuente della valutazione di merito operata dalla CTR è infondato in quanto secondo questa Corte:

in tema di classamento di immobili, l’attribuzione della rendita catastale mediante procedura cd. DOCFA si distingue dal riclassamento operato su iniziativa dell’ufficio ai sensi della L. n. 211 del 2004, art. 1, comma 335: nel primo caso, trattandosi di procedura collaborativa, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; nel secondo caso, invece, dovendosi incidere su valutazioni già verificate in termini di congruità al fine di mutare il classamento precedentemente attribuito, la motivazione è più approfondita, in quanto volta ad evidenziare gli elementi di discontinuità che legittimano la variazione (Cass. n. 30166 del 2019);

in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (la Cassazione ha affermato l’enunciato principio in una fattispecie in cui l’accatastamento operato dall’Ufficio, diverso da quello proposto dal contribuente, teneva comunque conto della destinazione e delle caratteristiche dell’immobile, così come risultanti dall’elaborato DOCFA presentato: Cass. n. 31809 del 2018; Cass. n. 12777 del 2018): nella specie la CTR ha dato atto, in maniera esauriente e ragionevole, della circostanza che il classamento dell’immobile è avvenuto in base ad una procedura tecnica e che la differenza tra la rendita proposta e quella attribuita è dipesa da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, corroborando la motivazione con i decisivi rilievi che il classamento attribuito dall’Ufficio è stato lo stesso già attribuito in precedenza e che la parte contribuente pretenderebbe che da una mera diversa ripartizione degli spazi interni dipenderebbe un peggioramento della classificazione catastale, così di fatto sostenendo – in maniera del tutto irrazionale – che dallo svolgimento di lavori all’interno di un immobile discenderebbe il peggioramento dello stato complessivo dell’immobile stesso, così profondo e strutturale da determinare addirittura un cambio in peggio della categoria catastale;

ritenuto che il secondo motivo di impugnazione è inammissibile perchè, per un verso in tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avverso la sentenza che abbia ritenuto correttamente motivato l’atto impositivo, qualora non sia trascritta la motivazione di quest’ultimo, precludendo, pertanto, al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 27415 del 2018) e per un altro verso perchè l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio – atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente), cui è assimilabile la relazione relativa all’immobile di cui la parte contribuente lamenta la mancata considerazione – in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente (Cass. n. 12387 del 2020) e per un altro verso ancora perchè l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia: Cass. n. 27415 del 2018) e nella specie non vi è alcun elemento per sostenere che tale relazione avesse un carattere decisivo e che non si stata tenuta in considerazione dalla CTR nel soppesare gli elementi a favore e contro l’accoglimento della nuova categoria catastale proposta dal contribuente.

Pertanto, ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione e inammissibile il secondo, il ricorso va conseguentemente respinto; le spese seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 9.000, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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