Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29284 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. un., 14/11/2018, (ud. 12/09/2017, dep. 14/11/2018), n.29284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14824-2015 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO

2/B, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PICONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ORLANDO MARIO CANDIANO;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona dell’Institore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 16,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CONSOLO, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 54/2015 della CORTE DEI CONTI – TERZA SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO, depositata il 27/01/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato Mario Bassaro per delega orale dell’avvocato

Giuseppe Consolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.C. impugnò dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, il provvedimento della Direzione provinciale del tesoro del 22 dicembre 1997 con il quale era stata applicata la ritenuta pensionistica mensile di Lire 222.894 dal febbraio 1998 al gennaio 2000, per conto dell’ex datore di lavoro Ente Ferrovie dello Stato, ritenuta costituente il rimborso delle somme percepite a seguito del riconoscimento del periodo di servizio militare agli effetti dell’inquadramento economico e dell’anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale, per effetto della sentenza del 1991 del Pretore del lavoro di condanna dell’ex datore di lavoro, sentenza successivamente riformata nel 1993 in accoglimento dell’appello proposto dall’Ente Ferrovie dello Stato di (OMISSIS).

Il ricorrente lamentava la violazione della L. n. 412 del 1991, art. 7, comma 2, che stabilisce la compensazione del debito con i miglioramenti economici intervenuti nel trattamento di quiescenza, e comunque l’erroneità nel quantum della ritenuta applicata.

Le Ferrovie dello Stato spa eccepivano anzitutto il difetto di giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di controversia concernente un’obbligazione estranea alla spettanza ed alla misura del trattamento pensionistico.

Il giudice di primo grado, disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione, accoglieva il ricorso.

La Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale d’appello, adita dalla Rete Ferroviaria Italiana, in riforma della sentenza dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, appartenendo la controversia alla giurisdizione del giudice ordinario. Ciò in quanto il credito vantato dall’appellante in virtù della sentenza del Tribunale di Bari e della conseguente riforma della pronuncia del Pretore era riferito esclusivamente al pregresso rapporto di lavoro del M. con la Rete Ferroviaria Italiana, o per meglio dire con i suoi danti causa, di guisa che non veniva in contestazione l’an o il quantum di una pensione a carico dello Stato.

Nei confronti della decisione il M. propone ricorso per cassazione sulla base di un motivo attinente alla giurisdizione, illustrato con successiva memoria.

La Rete Ferroviaria Italiana resiste con controricorso, mentre il Ministero dell’economia ha depositato atto di mera costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, denunciando “violazione del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62 e dell’art. 386 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione della L. n. 412 del 1991, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, il ricorrente, premesso che alla Corte dei conti sarebbe demandata la cognizione di tutti i provvedimenti che incidono sulla pensione, anche solo per ridurre l’entità, ivi compresi quelli che operano trattenute sulle rate di pensione, ed ivi comprese le controversie in cui si discute dei limiti di ripetibilità di un indebito, dopo aver operato una ricognizione della giurisprudenza di legittimità in materia, assume che la trattenuta in discorso avrebbe inciso sulla misura della pensione. In ogni caso, la L. n. 412 del 1991, art. 7 avrebbe previsto la ripetibilità nel solo caso in cui non vi fossero stati miglioramenti del trattamento di quiescenza, e tale accertamento sarebbe di esclusiva competenza della Corte dei conti, essendo stato esso ricorrente collocato a riposo il 28 dicembre 1990, ancor prima della L. n. 412 del 1991. La sentenza impugnata non avrebbe considerato “che la verifica della condizione per la ripetibilità costituiva l’unico elemento identificativo del petitum, consistente nella constatazione di eventuali sopravvenuti miglioramenti pensionistici che consentissero la ripetibilità”.

Il ricorso è infondato.

Con l’atto introduttivo della controversia dinanzi alla Corte dei conti il ricorrente contesta la ripetizione – da operare con trattenuta mensile di Lire 222.894 dal 1 febbraio 1998 al 31 gennaio 2000 per un totale di Lire 5.348.376 sulla pensione di un ex dipendente – di un pagamento disposta in forza di un titolo giudiziale esecutivo.

Questa Corte ha in proposito affermato che “la controversia relativa alla determinazione dell’importo della trattenuta da operare mensilmente sulla pensione di un pubblico dipendente, per la restituzione di un prestito pluriennale concesso dall’Inpdap (oggi Inps), non rientra nella giurisdizione della Corte dei conti, appartenendo a quella del giudice del rapporto di lavoro, da individuare – per situazioni soggettive azionate dopo il 30 giugno 1998 – nel giudice ordinario” (Cass., sezioni unite, 17 aprile 2014, n. 8930).

La giurisprudenza di queste sezioni unite – si è infatti chiarito in quell’occasione – “è consolidata nel ritenere che la giurisdizione della Corte dei conti in materia di pensioni (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62) ha carattere esclusivo, in quanto affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, onde in essa sono comprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, nonchè, pur in costanza di lavoro, ogni diritto relativo al rapporto pensionistico (Cass., sez. un., nn. 12722 del 2005, 2298 del 2008, 153 e 4853 del 2013). Nella fattispecie, invece, l’oggetto della controversia è estraneo al detto ambito, attenendo alla determinazione dell’importo della trattenuta da operare mensilmente sulla pensione per la restituzione del prestito, con la conseguenza che la giurisdizione appartiene al giudice del rapporto di lavoro e, quindi, essendo la situazione giuridica azionata successiva al 30 giugno 1998, al giudice ordinario (cfr., da ult., Cass., sez. un., n. 17867 del 2013, secondo la quale “è devoluta al giudice del rapporto di lavoro, e non al giudice contabile, la giurisdizione sulla domanda, avanzata dall’INPDAP nei confronti di un dipendente pubblico in pensione, di ripetizione dei ratei dell’indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità indebitamente percepita, la cui percezione è derivata dalle erogazioni effettuate da un Fondo di previdenza interno (e, dunque, di corresponsione dovuta dall’ente pubblico datore di lavoro), trattandosi di prestazioni strettamente inerenti al rapporto di pubblico impiego; ne consegue l’attribuzione alla giurisdizione, rispettivamente, del giudice amministrativo ovvero del giudice ordinario, secondo la disciplina transitoria di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7 (e, prima, dell’omologo D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 7), a seconda che la situazione giuridica azionata, cioè i fatti materiali e le circostanze, siano antecedenti o successivi al 30 giugno 1998 (Cass., Sez. un., n. 21586 del 2011). Tale principio vale, ovviamente, anche nel caso, come quello in esame, in cui è l’ex dipendente ad agire nei confronti dell’ente previdenziale (Cass., Sez. un., n. 10509 del 2010 e Cass., sez. lav., n. 12462 del 2011)” (Cass., sez. un., n. 8930 del 2014, cit., in motivazione; ampia ed analitica ricognizione da ultimo è in Cass., sez. un., 19 giugno 2017, n. 15057).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

La peculiarità e la natura della vicenda processuale inducono a dichiarare compensate fra le parti le spese del giudizio.

Sussistono i presupposti di applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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