Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29283 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 22/12/2020), n.29283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16825-2019 proposto da:

MAXFON SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE CAIAZZA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MADDALONI, IAP SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2252/8/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 13/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RITA

RUSSO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – La società MAXFON ha impugnato gli avvisi di accertamento TARSU gli anni 2010, 2011, e 2012 deducendo il vizio di motivazione dell’avviso di accertamento. Il ricorso è stato rigettato in primo grado e il giudice d’appello ha confermato la decisione assumendo che non vi è il difetto di motivazione dell’avviso impugnato in quanto riporta la causale, l’estensione delle aree considerate, l’uso dell’immobile, l’aliquota applicata e gli interessi per ciascuna annualità.

2. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la società, affidandosi a due motivi. Non hanno spiegato difese gli intimati. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., notificando la proposta e il decreto alle parti. La contribuente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

3. – Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2012, n. 212, art. 7. Con il secondo motivo del ricorso si lamenta e la nullità della sentenza sotto il profilo della motivazione mancante o apparente.

I motivi sono trattati congiuntamente in ricorso.

La parte osserva che le ragioni esposte dalla CTR in sentenza non sono sufficienti a ritenere assolto l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, poichè non si rinvengono in esso quegli elementi necessari per ritenere soddisfatto l’obbligo di motivazione previsto dal citato art. 7. In particolare è apodittica la statuizione relativa all’asserita indicazione dell’aliquota applicata e, quanto alla indicazione della tariffa, non si tiene conto che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 65, in materia di determinazione tariffaria prescrive una articolata attività di conteggio. La mera indicazione dell’entità monetaria della tariffa non assolve quindi l’onere dell’ente creditore di motivare l’atto di accertamento.

Deduce inoltre che, con riguardo alle sanzioni, la CTR non ha esaminato la censura dell’appellante che contesta il relativo importo e il criterio di calcolo utilizzato dalla resistente per la loro determinazione. Nella memoria, la parte lamenta che la sentenza indicata nella proposta del relatore non corrisponde al principio di diritto ivi enunciato, atteso che la sentenza n. 28750/2019 è in realtà una sentenza della sezione lavoro afferente ad altra fattispecie.

I motivi sono inammissibili.

4. – Il principio di diritto applicabile alla presente fattispecie è stato correttamente enunciato nella proposta, pur se per un errore materiale è indicato come affermato dalla sentenza n. 28750/2019, anzichè dalla sentenza n. 28570/2019.

Si tratta peraltro di una specifica applicazione del generale principio di autosufficienza del ricorso, di diretta derivazione dall’onere di specificità imposta dall’art. 366, cui fanno riferimento molti altri precedenti di questa Corte ai quali il Collegio intende dare continuità (ex multis Cass. n. 10072/2018) ed anche, in termini generali, le stesse sezioni unite (si veda ad. es. Cass. S.U. n. 34469/2019)

In particolare, la sentenza n. 28570/2019 muovendo dalla considerazione che, ove il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, ritiene “necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass., sei. 5, 28106/2017, n. 16147, Rv. 644703 – 01; Cass., sei. 5, 13/02/2015, n. 2928, Rv. 634343 -01)” ed estende il predetto principio anche alla cartella di pagamento.

Il principio di autosufficienza del ricorso postula infatti che esso deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere particolarmente, nel caso in cui si tratti di interpretare il contenuto di fonti estranee allo stesso ricorso, ad elementi o ad atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 20281/2017).

La giurisprudenza della sezione tributaria è quindi costante nell’affermare che è inammissibile, in relazione ai requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia ritenuto correttamente motivato l’atto impositivo, qualora non sia trascritta la motivazione di quest’ultimo, precludendo, pertanto, al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. 2928/2015; 16147 /2017; 29093/2018).

Nella fattispecie la parte non trascrive l’avviso di accertamento in questione, nè in verità trascrive quelle parti dell’atto di appello in cui avrebbe contestato anche la carenza di motivazione e l’omesso esame in ordine al criterio di calcolo delle sanzioni.

Il ricorso è pertanto inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione degli intimati.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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