Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2928 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2928 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
VITALE Maria Rosaria

(rrL

MRS 54E65 B519W),

rappresentata

e difesa, per procura speciale in calce al

ricorso, dagli

Avvocati Ennio Cerio e Giovanni Romano,

elettivamente

domiciliata presso lo studio del secondo

in Roma, via

Valadier n. 43;
– ricorrente

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE,
Ministro

pro

tempore,

in persona del

rappresentato

e

difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;

44

Data pubblicazione: 10/02/2014

- resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Bari
depositato in data 11 settembre 2012s.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Giovanni Romano;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto
raccoglimento del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 17

novembre 2011 presso la Corte d’appello di Bari, Vitale
Maria Rosaria chiedeva la condanna del Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento del danno non
patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di un
giudizio iniziato dinnanzi al TAR per il Molise
Campobasso, con ricorso depositato il 5 novembre 1997,
definito con sentenza depositata il 31 agosto 2011;
che l’adita Corte d’appello riteneva che il giudizio
presupposto avesse avuto una durata irragionevole di
undici anni, stimata come ragionevole quella di tre anni;
che, quanto all’indennizzo, la Corte d’appello,
rilevato che subito dopo il deposito del ricorso la
ricorrente aveva ottenuto un provvedimento cautelare
favorevole e considerato l’affievolimento dell’interesse

– 2 –

udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.

alla definizione del giudizio, reso evidente dal lasso
temporale intercorso tra le istanze di fissazione di
udienza e di prelievo, liquidava un indennizzo di euro
3.300,00, ragguagliato al parametro riduttivo di euro

che secondo la Corte d’appello sussistevano giusti
motivi per compensare per la metà le spese del
procedimento, in considerazione del rilevantissimo
scostamento tra la somma richiesta e quella riconosciuta;
che per la cassazione di questo decreto Vitale Maria
Rosaria ha proposto ricorso sulla base di un unico
articolato motivo;
che l’intimato Ministero non ha resistito con
controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai
fini della partecipazione alla discussione della causa.
Considerato

che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso la ricorrente,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2
della legge n. 89 del 2001 e degli artt. 6, par. l, e 41
della CEDU, si duole della esiguità della liquidazione
dell’indennizzo, rilevando che non sussistevano, nel caso
di specie, indici di un suo disinteresse alla rapida
definizione della controversia, avendo ella depositato una

300,00 per anno di ritardo;

prima istanza di fissazione nel 1998 e poi una successiva
istanza nel 2009, a seguito della comunicazione di cui
all’art. 9 della legge n. 205 del 2000;
che il ricorso è fondato;

in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che
la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non
indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro
750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a
euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in
capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in
misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle
peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari i criteri di determinazione
dell’indennizzo facendo riferimento al fatto che la
ricorrente aveva ottenuto immediata tutela cautelare e

che, infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,

che, per tale ragione, l’interesse ad una rapida
definizione del giudizio si sarebbe affievolito;
che, tuttavia, lo scostamento operato dalla Corte
territoriale appare non ragionevole, essendo la stessa

simbolico;
che,

in proposito, occorre rilevare che,

con

riferimento ai giudizi amministrativi di durata
irragionevole, questa Corte, in applicazione dei criteri
elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(decisioni Volta et autres c. Italia,

Falco et autres c. Italia,

del 16 marzo 2010 e

del 6 aprile 2010; Cass., 18

giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271;
Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), è solita liquidare un
indennizzo che corrisponde a circa 500,00 euro per anno di
irragionevole durata;
che il ricorso deve quindi essere accolto, con
conseguente cassazione del decreto impugnato;
che non essendo tuttavia necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.;
che, invero, avuto riguardo alla accertata violazione
della ragionevole durata del giudizio presupposto per
undici anni e alla natura del giudizio presupposto, alla
ricorrente va riconosciuto un indennizzo pari ad euro

pervenuta al riconoscimento di un indennizzo meramente

5.500,00 determinato sulla base dell’indicato parametro di
500,00 euro per anno di ritardo;
che il Ministero dell’economia e delle finanze va
dunque condannato al pagamento, in favore della

interessi legali dalla data della domanda al saldo;
che il Ministero deve essere altresì condannato al
pagamento delle spese dell’intero giudizio, che si
liquidano in dispositivo, avuto riguardo alla operata
rideterminazione dell’importo dovuto alla ricorrente;
che le spese del giudizio di merito devono essere
distratte in favore dell’Avvocato Ennio Cerio,
dichiaratosi antistatario, e quelle del giudizio di
legittimità devono essere distratte in favore dei
difensori della ricorrenti, Avvocati Ennio Cerio e
Giovanni Romano, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore
della ricorrente, della somma di euro 5.500,00, oltre agli
interessi legali dalla domanda; condanna il Ministero al
pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida
in euro 1.140,00, di cui euro 50,00 per esborsi, euro
600,00 per diritti ed euro 490,00 per onorari, oltre alle

ricorrente, della somma di euro 5.500,00, oltre agli

spese generali e agli accessori di legge; condanna il
Ministero al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in euro 506,25, oltre ad euro
100,00 per esborsi e agli accessori di legge. Dispone la

dell’Avvocato Ennio Cerio, dichiaratosi antistatario, e
quelle del giudizio di legittimità in favore dei difensori
dei ricorrenti, Avvocati Ennio Cerio e Giovanni Romano,
dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Civile della Corte suprema di cassazione, il 16
gennaio 2004.

distrazione delle spese del giudizio di merito in favore

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