Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29277 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 11/11/2011, dep. 28/12/2011), n.29277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14354-2010 proposto da:

IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI GESTIONE COMMISSARIALE FONDO

BUONUSCITA POSTE ITALIANE SPA, in persona del procuratore speciale e

Commissario, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 15,

presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 844/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO

dell’1/07/09, depositata il 13/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. Il Tribunale di Torino accoglieva la domanda proposta da B. M.T. contro l’IPOST – Gestione Commissariale Fondo buonuscita lavoratori Poste, diretta ad un diverso computo, rispetto alla somma corrisposta dal suindicato ente, dell’indennità di buonuscita componente del complessivo trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore.

A seguito di appello dell’Ipost, la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosceva esclusivamente il diritto del lavoratore agli interessi maturati, fino alla data della corresponsione dell’indennità, dopo il decorso di 105 giorni dalla data della cessazione del rapporto. La Corte, infatti, ha ritenuto che sarebbe stato onere dell’Ipost dimostrare l’insussistenza nella specie di una di quelle specifiche causali di cessazione del rapporto (raggiungimento dei limiti di età, inabilità o decesso del dipendente, ecc.), comportanti l’inapplicabilità del termine per il pagamento di nove mesi previsto dal D.L. n. 79 del 1997, art. 3, comma 2, e l’applicazione invece del complessivo termine di 105 giorni previsto dal comma 5.

2. Avverso questa decisione l’IPOST – Gestione Commissariale Fondo Buonuscita Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con due motivi.

3.1. Il primo motivo, lamentando violazione del D.L. n. 79 del 1997, art. 3 convertito in L. n. 140 del 1997, in relazione alla L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, e all’art. 2697 c.c., osserva che le fattispecie previste dal citato art. 3, comma 5, costituiscono, in base alla stessa struttura della norma, ipotesi residuali che comportano eccezione al principio generale stabilito dal comma 2, con la conseguenza che può farsi applicazione della regola derogatoria solo in caso di allegazione e prova dei relativi presupposti da fatto da parte del soggetto richiedente.

3.2. Il secondo motivo lamenta la disapplicazione della norma regolatrice della materia per non essersi tenuta presente la circostanza documentata della cessazione del rapporto per risoluzione consensuale.

4. Il ricorso risulta manifestamente fondato sulla base della censura, assorbente, di cui al primo motivo, in quanto le circostanze indicate nel comma 5 del D.L. n. 79 del 1997, art. 3 comma 2 convertito con modificazioni dalla L. n. 140 del 1997, nel testo vigente all’epoca dei fatti di causa (“Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione nei casi di cessazione dal servigio per raggiungimento dei limiti di età o di servigio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d’ufficio a causa del io dell’anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge e di regolamento applicabili nell’amministrazione, per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonchè per decesso del dipendente. Nei predetti casi l’amministrazione competente è tenuta a trasmettere, entro quindici giorni dalla cessazione del servizio, la necessaria documentazione all’ente previdenziale che dovrà corrispondere il trattamento di fine servizio nei tre mesi successivi alla ricezione della documentazione medesima, decorsi i quali sono dovuti gli interessi”), appaiono indubbiamente qualificabili come presupposto dell’applicazione della relativa regola, derogatoria della regola generale dettata dal secondo comma (del seguente tenore, nel testo all’epoca vigente: “Alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per i dipendenti di cui al comma 1, loro superstiti o aventi causa, che ne hanno titolo, l’ente erogatore provvede decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Alla corresponsione agli aventi diritto l’ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi”). Ne consegue che l’onere di allegare e provare l’esistenza di una ipotesi di applicabilità della regola più favorevole al lavoratore ricade sul medesimo, sulla base del principio che ognuno ha l’onere di provare tutti i fatti costitutivi del diritto fatto valere.

Il secondo motivo rimane assorbito.

5. All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con decisione nel merito nel senso del rigetto anche della domanda accolta in appello.

Considerato l’esito e l’andamento del giudizio, si ritiene di confermare la regolazione delle spese del giudizio di merito disposta nella relativa sede e di condannare l’intimata a rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta anche la domanda accolta in appello; conferma la regolazione delle spese dei giudizi di merito come già disposta dal giudice di appello e condanna l’intimata a rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro trenta per esborsi ed Euro mille per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 11 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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