Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29271 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2018, (ud. 18/10/2018, dep. 14/11/2018), n.29271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14059-2017 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PELAGIO

PRIMO 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA CENTOMIGLIA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.S.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 34, presso lo studio dell’avvocato ETTORE

TRAVARELLI rappresentato e difeso dall’avvocato BERNARDINO ZINNO;

controricorrente –

avverso la. sentenza n. 649/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 25/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/10/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA

CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Salerno, Sezione specializzata agraria, D.S.A. convenne in giudizio F.D., chiedendo che fosse dichiarato cessato, alla data del 10 novembre 2012, il contratto di affitto agrario a suo tempo stipulato tra il convenuto e la dante causa dell’attore. Espose, a sostegno della domanda, di avere tempestivamente comunicato al convenuto la propria volontà di porre fine al contratto, con atto notificato il 4 novembre 2011.

Si costituì in giudizio il convenuto, rilevando che l’atto di donazione intercorso tra l’attore e la precedente proprietaria era in realtà simulato, trattandosi viceversa di un vero e proprio contratto di compravendita concluso allo scopo di aggirare il diritto di prelazione del F. stesso. Chiese quindi, in via riconvenzionale, che fosse dichiarata l’inefficacia della donazione che simulava un atto in frode al suo diritto di prelazione.

Il Tribunale accolse la domanda principale, ordinò il rilascio del fondo per la data del 10 novembre 2016 e dichiarò inammissibile la domanda riconvenzionale, non avendo il convenuto chiesto lo spostamento della prima udienza.

2. l pronuncia è stata impugnata dal convenuto soccombente e la Corte d’appello di Salerno, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 25 novembre 2016, ha rigettato l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che il Tribunale aveva errato nel dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale, ma che, nonostante ciò, l’appello non poteva ugualmente essere accolto. Nella specie, infatti, il F. era privo di interesse all’accoglimento dell’appello, perchè l’eventuale positivo accertamento dell’esistenza della simulazione non era idoneo a determinare il rigetto della domanda di rilascio proposta dall’originario attore; effetto che si sarebbe potuto, astrattamente, determinare solo col vittorioso esercizio della domanda di riscatto da parte dell’affittuario, domanda che non era stata in concreto esercitata.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Salerno propone ricorso F.D. con atto affidato ad un motivo.

Resiste D.S.A. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., ed entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 1344 c.c. e della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8. Osserva il ricorrente che il potere di agire per la simulazione dovrebbe essere riconosciuto a coloro i quali sono negativamente incisi dal contratto simulato e che la dissimulazione della compravendita integrerebbe, nella specie, un’ipotesi di frode alla legge.

1.1. Il motivo, che dimostra di non cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata nella sua globalità, è privo di fondamento.

La Corte d’appello ha correttamente richiamato alcuni precedenti di questa Corte, fra i quali maggiormente significativa è la sentenza 5 novembre 1997, n. 10848, secondo cui l’azione di simulazione postula un interesse correlato all’esercizio di un proprio diritto. Qualora, pertanto, un tale diritto risulti non configurabile, o comunque non pregiudicato dall’atto che si assume simulato, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi. Ne consegue che l’affittuario di un fondo rustico, ove non abbia esercitato il diritto di riscatto ai sensi della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, (facendo valere, nella specie, il fatto che dietro l’atto di donazione si nasconda una vendita dissimulata del fondo), non può avvalersi dell’azione di simulazione al limitato fine di paralizzare la domanda di rilascio per cessazione del contratto, proposta dalla donataria.

Tale principio rende irrilevante l’accertamento della simulazione ai fini del rilascio, posto che, se il D.S. non fosse donatario, ma proprietario acquirente, potrebbe ugualmente chiedere il rilascio; il che è confermato dalla giurisprudenza di questa Corte (benchè dettata in un caso diverso) secondo cui in materia di contratti agrari, il contratto di affitto di fondi rustici, in quanto avente natura consensuale e fonte di rapporti obbligatori, spiega i suoi effetti indipendentemente dal diritto di proprietà della persona del concedente, purchè questi abbia la disponibilità del bene, sì da essere in grado di trasferirne all’affittuario la detenzione e il godimento (sentenze 14 marzo 2006, n. 5482, e 18 aprile 2016, n. 7633). E, d’altra parte, il diritto di riscatto non esercitato in questo giudizio, ove ipoteticamente fondato, non potrebbe essere pregiudicato dall’avvenuto rilascio del fondo.

1.2. Non conduce a mutamento dell’esito della decisione l’affermazione della parte ricorrente – contenuta nella memoria di cui all’art. 380-bis c.p.c. – secondo cui l’esercizio del diritto di riscatto era, nella specie, concretamente impossibile in quanto, essendo l’atto contestato un atto di donazione, non vi era alcuna indicazione del prezzo pagato, elemento necessario nel sistema delineato della L. n. 590 del 1965, art. 8. Ed infatti, l’odierno ricorrente ben avrebbe potuto agire per il riscatto lamentando il fatto della donazione compiuta in frode alla legge, senza che la mancata presenza di un’indicazione del prezzo potesse ritenersi elemento ostativo (v. il caso di cui alla sentenza 17 marzo 2015, n. 5201).

2. 11 ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.

Non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,

art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, trattandosi di causa esente per legge (sentenza 31 marzo 2016, n. 6227, e ordinanza 22 maggio 2018, n. 12577).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.700, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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