Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29270 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 957-2011 proposto da:

T.G. (OMISSIS), M.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

RONCIGLIONE 3, presso lo studio dell’Avvocato GULLOTTA FABIO, che li

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato PEDOJA MICHELE;

– ricorrenti –

contro

P.P. nato a (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 23, presso lo studio

dell’Avvocato VINCENZO CANCRINI, rappresentato e difeso dall’Avvocato

FRANCESCON MARCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 347/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/02/2010.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2011 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;

udito l’Avvocato VINCENZO CANCRINI, per delega dell’Avvocato MARCO

FRANCESCON;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso come da relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 31 ottobre 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: ” P.P., promissario acquirente, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, i promittenti venditori, M.F. e T.G., per ottenere l’esecuzione in forma specifica, ex art. 2932 cod. civ., dell’obbligo di concludere il preliminare in data 17 aprile 1998, di compravendita di immobile abitativo, con giardino ed accessori, in (OMISSIS), previa rideterminazione del prezzo ancora dovuto e condanna dei convenuti all’eliminazione dei vizi e difetti riscontrati, nonchè al risarcimento del danno, da compensarsi con il suddetto residuo prezzo.

I convenuti si costituirono resistendo e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore al versamento dell’intero prezzo, maggiorato dell’incremento di valore subito, nonchè al pagamento dell’indennizzo per l’occupazione fino al rogito e per i danni per il deprezzamento dell’immobile.

Il Tribunale di Treviso, con sentenza in data 21 settembre 2004, dispose il chiesto trasferimento dietro versamento del residuo prezzo, che – tenuto conto della riduzione dovuta per gli accertati vizi e danni – determinò nella minor somma di Euro 73.398,85, oltre interessi legali, e respinse la domanda riconvenzionale.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 15 febbraio 2010, ha respinto l’appello del M. e della T.. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il M. e la T. hanno proposto ricorso, sulla base di tre motivi.

L’intimato ha resistito con controricorso. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e art. 1494 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il ricorrente lamenta il vizio di extrapetizione, perchè la Corte di merito avrebbe riconosciuto voci di danno specificamente non richieste, erroneamente ritenendo che l’attore avesse domandato anche il ristoro dei danni causalmente collegati alla eliminazione dei vizi denunciati. Le voci da escludere sarebbero quelle relative a “pensione completa in albergo tre stelle”, “imprevisti nel corso dei lavori”, “smontaggio, immagazzinaggio, rimontaggio mobili del piano terra” e “minor valore dell’appartamento”.

Il motivo è, ad avviso del giudice relatore, infondato. Come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello, l’attore non si è limitato a richiedere il risarcimento di voci di danno analiticamente elencate e quantificate, ma ha anche domandato il ristoro di tutti i danni comunque causalmente collegati all’eliminazione dei vizi denunciati. Ne consegue che l’elenco dei danni contenuto in dettaglio in citazione è da ritenere esemplificativo e non esaustivo. Non sussiste, pertanto, il lamentato vizio di extrapetizione, avendo il giudice del merito -alla stregua della disposta c.t.u. – riconosciuto, tenuto conto dell’unitarietà del diritto al risarcimento e del suo riflesso processuale rappresentato dall’ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione, voci di danno riconducibili, come domandato, all’inadempimento dei promittenti venditori. Il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) lamenta che la Corte d’appello abbia confermato il rigetto della domanda riconvenzionale di riconoscimento del danno da svalutazione monetaria della somma scaturente dall’obbligazione di valuta del P., non tempestivamente adempiuta. La censura si appalesa infondata, per l’assorbente ragione che il P. non poteva essere considerato in mora, giacchè – promosso dal promissario il giudizio di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre – il suo obbligo di pagamento del prezzo non diventa attuale prima dell’irretrattabilità della pronuncia giudiziale (Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2010, n. 4059).

Con il terzo mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) ci si duole della illegittimità di una condanna generica ad eventuali e non quantificate (nè liquidate) spese di consulenza tecnica di parte.

Il motivo è infondato, perchè la condanna del soccombente alle spese di consulenza tecnica di parte sopportate dalla controparte presuppone non la prova dell’avvenuto pagamento, ma dell’effettività delle spese, ossia che la parte vittoriosa abbia quantomeno assunto la relativa obbligazione (Cass., Sez. 1^, 25 marzo 2003, n. 4357).

D’altra parte, la mera mancanza di quantificazione è emendabile secondo la procedura di correzione di cui all’art. 287 cod. proc. civ..

In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., per esservi rigettato”.

Lette le memorie di entrambe le parti.

Considerato che preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del controricorso sollevata dai ricorrenti con la memoria illustrativa;

che infatti, non rileva l’errore materiale del mandato a margine del controricorso, facilmente riconoscibile, là dove non si indicano gli estremi esatti della sentenza impugnata dalla controparte e si fa riferimento ad una parte (il Comune di Marcon) non presente in causa, ove si consideri che gli estremi esatti della sentenza impugnata e delle parti del giudizio sono desumibili dal testo dello stesso controricorso, a margine del quale la procura è stata apposta (cfr.

Cass., Sez. lav., 9 maggio 2007, n. 10539);

che del pari, l’illeggibilità della firma apposta dal conferente la procura speciale è priva di effetti, attesa la certificazione del mandato da parte del difensore, riguardante appunto l’autografia della sottoscrizione, e data l’assenza di dubbi sulla provenienza del controricorso dal P. (cfr. Cass., Sez. 3, 31 maggio 2006, n. 13018);

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, con le precisazioni che seguono;

che i rilievi critici contenuti nella memoria illustrativa di parte ricorrente non sono idonei a condurre ad una diversa soluzione;

che infatti, con riguardo al primo motivo, va osservato che, come danno atto gli stessi ricorrenti, con la domanda introduttiva del giudizio l’attore, attesa la presenza di alcuni vizi dell’immobile promessogli in vendita, aveva chiesto, specificamente, tra l’altro, il risarcimento del danno di L. 50.000.000 per la messa a norma dell’impianto termoidraulico; di talchè va esclusa la denunciata extrapetizione, in quanto, mantenendosi nei limiti del petitum, il primo giudice – con sentenza confermata dalla Corte d’appello – “ha determinato in allora L. 41 milioni i costi complessivi per l’eliminazione dei vizi dell’impianto termico, da adeguare alle previsioni contrattuali e di legge” (v. pag. 5 e 6 della sentenza impugnata);

che inoltre il Tribunale di Treviso ha quantificato “in ulteriori L. 1.380.000 il minor valore per la mancate finiture architettoniche previste in progetto ed in L. 1.900.000 l’ulteriore minor valore dell’appartamento per la mancanza di scuri”: e l’una e l’altra somma erano state richieste dall’attore, il quale aveva domandato la condanna al pagamento di L. 7.400.000 per spese di dipintura interna e realizzazione battiscopa ed altro, di L. 3.300.000 per l’acquisto di tende oscuranti per il salotto, di L. 10.000.000 per la mancata realizzazione allo stato attuale degli elementi previsti nel progetto (travetti, zoccoletti, piani parapioggia);

che correttamente la Corte d’appello ha escluso che sul residuo prezzo fossero dovuti gli interessi e il maggior danno, atteso che la sentenza di esecuzione in forma coattiva dell’obbligo di contrarre, ex art. 2932 cod. civ., produce gli effetti del contratto definitivo, che è destinata a surrogare, solo col passaggio in giudicato;

che il terzo motivo è inammissibile, prima che infondato, perchè solo con il ricorso per cassazione ci si duole che le spese di consulenza tecnica di parte non fossero state dal primo giudice determinate nel loro ammontare, rimesso di fatto all’arbitrio dei professionisti, laddove – come risulta dall’atto di appello (pag. 14, punto G, rubricato “Sulle spese anticipate ai CTP”) – con l’atto di gravame dinanzi alla Corte territoriale gli appellanti avevano sollevato una diversa censura, e cioè che il Tribunale avesse condannato gli esponenti a tale pagamento d’ufficio, atteso che la relativa domanda era stata proposta “solo in sede di comparsa conclusionale e quindi tardivamente” (censura che la Corte d’appello ha correttamente disatteso, posto che le spese di c.t.p. “non essendo voci di danno, ma spese di lite, gravano sul soccombente”);

che pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida, in complessivi Euro 3.700, di cui Euro 3.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6^-2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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