Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29270 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. II, 22/12/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 22/12/2020), n.29270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20656/2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI N. 30, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FERRARA,

che lo rappresenta, e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO

RICCIARDI;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI ROMA, IN PERSONA DEL PREFETTO PRO TEMPORE,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositate il

11/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Con ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 18, M.S., cittadino marocchino, proponeva opposizione avverso il decreto di espulsione, con contestuale ordine di lasciare il territorio nazionale, adottato nei suoi confronti dal Prefetto di Roma il 12 novembre 2018.

Il Giudice di pace di Roma, con ordinanza depositata l’11 giugno 2019, rigettava il ricorso.

2. Contro l’ordinanza ricorre per cassazione M.S..

L’intimato Ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione in giudizio “al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa”.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 13, comma 2-bis, artt. 4 e 5 e 8 della CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, per avere il Giudice di pace omesso di pronunciarsi “sul motivo di ricorso inerente l’illegittimità dell’espulsione prefettizia per assenza di valutazione alcuna in merito ai rilevanti legami sociali, culturali e familiari” del ricorrente.

Il motivo è fondato. Il Giudice di pace, rilevato che il decreto di espulsione è stato emesso ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), in quanto il ricorrente non ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno, scaduto nel 2005, e non ha ottemperato alla misura alternativa dell’obbligo di firma, ha considerato il certificato medico di “sospetto diagnostico” e l’attestazione di frequentazione della Comunità di (OMISSIS), ritenendoli elementi non sufficienti “per ritenere illegittimo il decreto di espulsione”.

Il giudice nulla ha detto in relazione alle doglianze del ricorrente (riportate alle pp. 6-9 del ricorso) circa la mancata considerazione del grado di radicamento e integrazione sul territorio nazionale, dei legami familiari (in particolare con la madre) e della durata del suo soggiorno in Italia. Elementi che – secondo quanto prescrive del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2-bis – devono essere considerati nell’adottare il provvedimento di espulsione e trovano applicazione, “con valutazione caso per caso, in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE, anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorchè non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte Cost.” (così Cass. 23957/2018).

b) L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo (che contesta “violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 35 e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 43, come modificato nel 2004, in relazione agli artt. 10,32 e 117 Cost., ex art. 360 c.p.c., n. 3”, per avere il Giudice di pace considerato irrilevante la patologia psichiatrica del ricorrente, così come documentata dal certificato medico prodotto).

2. Il provvedimento impugnato va pertanto cassato e la causa deve essere rinviata al Giudice di pace di Roma, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo motivo di ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa al Giudice di pace di Roma, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella adunanza Camerale della Sezione Seconda Civile, in data 25 giugno 2020, anzi in sede di riconvocazione, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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