Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29268 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. I, 22/12/2020, (ud. 27/11/2020, dep. 22/12/2020), n.29268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1257/2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Sarzana (SP), Via 8 marzo

3, presso lo studio dell’avv. Federico Lera, che lo rappresenta e

difende per procura in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1098/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 3/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2020 dal Dott. Roberto Bellè.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

la Corte d’Appello di Genova ha rigettato l’appello proposto da A.A. avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città che aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale;

l’ A. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi;

il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

con il primo motivo il ricorrente ha sostenuto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) sostenendo l’erroneità della valutazione di non credibilità svolta dalla Corte territoriale rispetto al racconto con cui egli aveva esposto di essere fuggito dal Bangladesh per le persecuzioni a suo danno poste in essere dalla famiglia della moglie, in quanto contraria al matrimonio; la Corte d’Appello ha ritenuto tale racconto non attendibile, perchè vi erano state plurime contraddizioni rispetto all’andamento del rapporto matrimoniale, che sarebbe passato anche per una separazione ed il rientro della sposa nella famiglia di origine, ma anche, nel medesimo contesto, avrebbe visto il concepimento di un figlio in circostanze non meglio spiegate;

il motivo ha la consistenza di una mera richiesta di una rilettura del racconto fornito, richiedendo una diversa valutazione di esso, certamente estranea al giudizio di legittimità (Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148), stante la pacifica pertinenza al giudice del merito del giudizio di fatto sull’attendibilità in tema di protezione internazionale (v. tra le molte, Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

con il secondo motivo è addotta (art. 360 c.p.c., n. 3) la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in tema di protezione sussidiaria;

la valutazione di inattendibilità del racconto del ricorrente inficia necessariamente la domanda di protezione ai sensi dell’art. 14, lett. b) fondata sul presupposto di una carenza della protezione di polizia in suo favore che avrebbe senso solo se quel racconto, con riferimento ai conflitti con i potenti familiari della moglie, fosse stato ritenuto veritiero;

quanto alla situazione di cui all’art. 14, lett. c), il ricorrente fa genericamente leva, nonostante la Corte territoriale citi fonti tali da deporre per l’assenza di una situazione di violenza indiscriminata, su altre fonti, mirate a suscitare un diverso convincimento di merito, ancora estraneo al giudizio di legittimità e per giunta incentrato sulla corruzione esistente nel paese e dunque su aspetti di cui non è spiegato il nesso con il pericolo di una violenza sulle persone;

il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in tema di protezione umanitaria;

il ricorrente in proposito si limita ad affermazioni generiche e fa rilevare di avere ottenuto, dopo la sentenza di secondo grado, un contratto di lavoro a tempo indeterminato;

al di là del fatto che l’integrazione interna in sè non risponde in senso impugnatorio al rilievo della Corte di merito in ordine all’assenza di condizioni soggettive di vulnerabilità, è palese che, facendosi riferimento ad un elemento successivo alla sentenza impugnata, esso non è idoneo a costituire rituale profillo di censura, secondo le regole sulla pertinenza cronologica del giudicato e stante l’impossibilità di introdurre elementi nuovi in sede di legittimità, sicchè la sentenza impugnata non può essere qui criticata per non aver considerato dati da essa non conoscibili in quanto emersi dopo la sua pubblicazione;

il ricorso va quindi complessivamente disatteso;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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