Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29266 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. I, 22/12/2020, (ud. 27/11/2020, dep. 22/12/2020), n.29266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1254/2019 proposto da:

S.Y., elettivamente domiciliato in Sarzana (SP), Via 8 marzo

3, presso lo studio dell’avv. Federico Lera, che lo rappresenta e

difende per procura in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1060/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 26/6/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2020 dal Dott. Roberto Bellè.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

la Corte d’Appello di Genova ha rigettato l’appello proposto da S.Y. avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città che aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale; il S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi con cui ha sostenuto:

– l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) con particolare riferimento alla vicenda personale che ha visto il ricorrente fuggire dal Mali nel (OMISSIS) all’età di undici anni, per maltrattamenti subiti in famiglia, fino a giungere in Italia anni dopo, ancora minorenne;

– la violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, richiedendo, rispetto alla protezione c.d. sussidiaria, una “nuova e migliore analisi della situazione oggetto di giudizio che renda giustizia all’evidente errata applicazione dei principi” della normativa di pertinenza;

– la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in tema di protezione umanitaria, facendo ancora leva sulla situazione di vulnerabilità personale già posta al centro del primo motivo;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

il ricorso per cassazione è stato redatto in forma cartacea ed è stato avviato a notifica telematica, ai sensi della L. n. 53 del 1994;

agli atti del giudizio di legittimità risulta la sentenza impugnata che, seppur sottoscritta in forma cartacea, riporta la firma digitale del cancelliere ed è munita di regolare attestato di conformità da parte del difensore del ricorrente;

in calce al ricorso per cassazione ed alla procura ad esso allegata (entrambi sottoscritti in forma cartacea), vi è relata di notifica, che comprende al proprio interno l’attestazione di conformità (all’originale cartaceo) della procura alle liti, il tutto seguito dalla dizione di una complessiva sottoscrizione digitale (di relata ed attestazione in essa contenuta) da parte del difensore;

manca invece l’attestazione della conformità della copia del ricorso all’originale cartaceo e comunque la relata della notifica telematica (con unita attestazione di conformità della procura cartacea) manca dell’attestazione di conformità di essa, quale copia cartacea di atto digitale, all’originale digitale, in prima violazione della previsione della L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1-bis;

all’insieme di atti appena indicati, sono allegate poi un foglio indicante la ricevuta di accettazione ed altro foglio indicante l’avvenuta consegna, di cui alla L. n. 53 del 1994, art. 3-bis, comma 3, ma, pur trattandosi di atti nativi digitali, essi non sono corredati dall’attestazione di conformità, ai sensi della cit. L. n. 53, art. 9, comma 1-bis;

la (apparente) notificazione telematica intercetta quindi plurime violazioni di quest’ultima norma;

rispetto a tali violazioni ha portata assorbente il fatto che le copie informi depositate non documentano validamente l’avvenuta notificazione degli atti introduttivi del giudizio di legittimità;

è infatti vero che la cit. L. n. 53, art. 11, fa riferimento all’inosservanza delle regole di cui agli articoli precedenti della stessa legge come causa di nullità delle notificazioni, ma tale previsione non può riguardare il caso in cui la fase di consegna della notificazione manchi di prova secondo le forme di cui alla stessa legge;

la mera copia informe dei documenti di consegna telematica non è idonea a documentare in alcun modo l’avvenuta notificazione o anche il solo tentativo di essa;

tale copia si riduce infatti alla produzione di due fogli privi di qualsiasi elemento che consenta in alcun modo di inferirne la corrispondenza agli eventuali originali telematici e dunque privi di significato giuridico;

alla mancanza di prova della sussistenza materiale dell’atto comunicatorio, stante il fatto che il Ministero è rimasto intimato non possono sopperire ragionamenti in ordine al raggiungimento dello scopo, anche per mancata contestazione (Cass. 13 dicembre 2018, n. 3223) e si deve viceversa processualmente concludere nel senso della mancanza materiale della notificazione, per mancanza di prova di essa in giudizio;

situazione di mancata prova della consegna che, sempre dal punto di vista processuale, si equipara inevitabilmente a quella di inesistenza della notificazione (Cass., S.U., 20 luglio 2016, n. 14916) e che non consente come tale la concessione di un termine per il deposito, nè la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., propria dei soli casi in cui la notifica sia nulla;

ne deriva l’inammissibilità del ricorso per cassazione (con riferimento a dinamica di fondo non dissimile, in caso di notificazione a mezzo posta, in tal senso, v. Cass., S.U., 14 gennaio 2008 n. 627; Cass. 12 luglio 2018, n. 18361);

nulla sulle spese, stante appunto il fatto che il Ministero non ha partecipato al giudizio.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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