Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29264 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 28/12/2011), n.29264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MORINI & BOSSI s.r.l., in persona del legale rappresentante

pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Zampieri Gabriella del foro

di Venezia, in virtù di mandato a margine del ricorso, ed

elettivamente domiciliata nello studio dell’Avv.to Claudio Marcone in

Roma, via della Camilluccia n. 19;

– ricorrente –

contro

R.A.;

– intimato –

e contro

Avv.tO C.N. quale c.t.u.;

– intimata –

per l’annullamento del provvedimento del Tribunale di Rimini

depositato il 28 settembre 2010 (e comunicato il 1 ottobre 2010).

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 ottobre 2010 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il relatore designato, nella relazione depositata il 14 settembre 2010, ha formulato la seguente proposta di definizione:

“Il Giudice di Pace di Mestre, su istanza del c.t.u. Avv.to C. N. nominato dal medesimo giudice nella qualità di traduttore, ha liquidato al consulente la somma di Euro 900,00 per onorari, oltre accessori, per l’attività prestata nel procedimento (R.G. n. 1581/06) instaurato dalla medesima società ricorrente in opposizione a decreto ingiuntivo n. 389/06 emesso in favore di R.A., con decreto (depositato il 28.9.2010) pronunciato successivamente alla sentenza che definiva lo stesso procedimento (la n. 1999/2009 depositata il 30 novembre 2009) che aveva solo genericamente previsto a carico della Morini & Bossi la “rifusione delle spese di c.t.u. e delle spese di giudizio relative alla fase monitoria”.

Avverso il menzionato decreto ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7 (notificato il 4 novembre 2010 e depositato il 19 novembre 2010) la Morini & Bossi s.r.l., articolato un unico motivo. Con l’unico motivo è stata dedotta la violazione di legge per non avere più il giudice il potere di provvedere alla liquidazione dei compensi in favore del consulente una volta definito il giudizio e regolato con sentenza l’onere delle spese processuali.

Le parti intimate non risultano essersi costituite in questa fase.

(…).

Ritiene il relatore che sussistano le condizioni per l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza dell’unico motivo, come precedentemente richiamato. Si osserva, innanzitutto, in generale che il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., comma 1 è ammesso solo ed esclusivamente per violazione di legge e, quindi, con esso può farsi valere il vizio di motivazione solo ove esso si risolva in violazione di legge, e, quindi, per mancanza radicale della motivazione, non essendo consentita la prospettazione di incompletezze o insufficienze della motivazione del provvedimento impugnato (cfr., tra le tante, Cass. 25 marzo 1999, n. 2820, e Cass. 11 maggio 2006, n. 10939).

Orbene con l’unica doglianza la società ricorrente ha dedotto una violazione di legge processuale per aver il giudice adito in procedimento monitorio, dopo la definizione del processo medesimo, emesso decreto di liquidazione del consulente tecnico di ufficio nominato nel corso del giudizio, assunta la decisione con la sola pronuncia di condanna generica alla rifusione dei costi di c.t.u..

Osserva il relatore che, sulla scorta degli atti del procedimento a cui si riferisce il provvedimento impugnato (esaminabili anche in questa sede di legittimità, trattandosi di violazione processuale), emerge che, effettivamente, la liquidazione dei costi di c.t.u., seppure genericamente ricompresa nel dispositivo della sentenza n. 1999/2009 pronunciata in esito al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, è stata definita nell’ammontare solo con il decreto depositato il 28.9.2010 e ciò in violazione del regime specifico delle impugnazioni.

Infatti il provvedimento impugnato è stato adottato dal Giudice di pace ad integrazione della sentenza n. 1999/2009, la quale non era più suscettibile di interventi modificativi da parte dello stesso giudice (della originaria pronuncia) per avere egli esaurito ogni potere al riguardo.

Sarebbe spettato al giudice del gravame provvedere sulla omessa pronuncia in ordine alle spese della consulenza tecnica di ufficio a fronte di una specifica doglianza della parte Interessata, trattandosi di tipico vizio da fare valere con il mezzo dell’impugnazione. Nè può ravvisarsi alcuna lesione del diritto del consulente tecnico di ufficio ad ottenere il compenso, il quale può esperire altre vie.

In presenza, infatti, di un sistema, dal quale si desume implicitamente, ma inequivocamente, che la liquidazione (e l’accollo) del compenso al C.T.U. vanno fatti con la sentenza che definisce il giudizio, è da ritenere che il giudice è carente di potere in ordine alla effettuazione di tali attività in epoca successiva.

D’altra parte, il C.T.U. nei confronti del quale il giudice abbia omesso di provvedere alla liquidazione del compenso non è senza tutela, potendo egli chiedere il decreto ingiuntivo ex art. 633 c.p.c., n. 3, in considerazione dell’ampia formulazione della norma in questione, come già affermato dalla citata sentenza 4 marzo 2000 n. 2481 e dalla sentenza 2 febbraio 1994 n. 2022 (v. di recente, Cass. 22 luglio 2003 n. 11418; Cass. 7 dicembre 2004 n. 22962; Cass. 31 marzo 2006 n. 7633; Cass. 29 gennaio 2007 n. 1887; Cass. 3 luglio 2008 n. 18204; Cass. 15 settembre 2008 n. 23586; Cass. 31 dicembre 2009 n. 28299).

Cosi stando le cose, il decreto impugnato va ravvisato inficiato da un difetto di giurisdizione del giudice che l’ha pronunciato e deve essere cassato”.

Considerato che gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio;

che, pertanto, il ricorso va accolto ed il provvedimento impugnato deve essere cassato senza rinvio (ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3), trattandosi di ipotesi in cui il processo non poteva essere proseguito (cfr., in conformità, Cass. SS.UU. 14 giugno 2000 n. 434;

nello stesso senso, sia pure in via indiretta, si è pronunziata anche la Corte a SS.UU. 17 gennaio 2006 n. 759);

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese in considerazione della particolarità della controversia e della mancata costituzione delle parti intimate, che nulla hanno, per ciò stesso, opposto al ricorso avverso il contestato provvedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa senza rinvio il provvedimento impugnato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6^ – 2 Sezione civile della Corte di Cassazione, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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