Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29263 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 28/12/2011), n.29263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.F., quale impresa edile individuale, rappresentato e

difeso dall’Avv. Monti Andrea del foro di Ravenna, in virtù di

mandato a margine del ricorso, domiciliato presso la cancelleria

della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

FABBRI GIOVANNI E FIGLIO s.n.c., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.to Fonti Primo del foro

di Rimini e dall’Avv.to Alessandro Leproux del foro di Roma, in

virtù di mandato apposto in calce al controricorso, ed elettivamente

domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via G. Antonelli n.

44;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Rimini n. 1876/09 depositata il

23 dicembre 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

uditi gli Avv.ti Anna CHIOZZA (con delega dell’Avv.to Andrea Monti),

per parte ricorrente, e Alessandro Leproux, (con delega dell’avv.

Primo Fonti) per parte controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VIOLA Alfredo Pompeo, che ha concluso per il rigetto

del ricorso, come da relazione scritta.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

M.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Rimini del 23 dicembre 2009 che nell’ambito dell’originario giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto dalla FABBRI GIOVANNI & FIGLIO s.n.c. a titolo di pagamento della fornitura di lastre di marmo di cui alle fatture nn. (OMISSIS), promosso dallo stesso ricorrente, ha respinto il gravame confermando la sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione.

Il ricorso è affidato a due motivi di impugnazione. Si è costituita con controricorso la intimata FABBRI GIOVANNI & FIGLIO. Nominato, a norma dell’art. 377 c.p.c., il consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. ritenendo che il ricorso fosse da rigettare. All’udienza camerale il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta:

“Occorre premettere che per consolidato orientamento di questa Corte, qualora la sentenza impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, la omessa impugnazione anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del gravame non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe pur sempre fondata su di essa (v., tra le altre, Cass., sentenze 23.4.2002 n. 5902, 28.8.1999 n. 9057, 18.4.1998 n. 3951).

Nella specie, emerge in modo evidente dall’ordito motivazionale della decisione del giudice del gravame, che esso si fonda su di una duplicità di rationes decidendi: per un verso, infatti, vi si rinviene il riferimento alla non specificità dei motivi di appello, in violazione dell’art. 342 c.p.c., con i quali l’appellante “si è limitata a riproporre, ampliando le argomentazioni, le eccezioni già formulate negli atti di primo grado”; per altro verso, viene elevato a ragione autonoma, della conferma della decisione di primo grado il tenore della testimonianza di Ma., quanto alla consegna della merce (contestata dall’opponente-ricorrente), nonchè l’assenza di una dimostrazione circa la tempestività della denuncia dei vizi, stante l’assoluta genericità e non specificità delle dichiarazioni dei testi indotti dal M., B.G. e L.P..

Ebbene, mentre sul secondo punto della decisione la ricorrente ha articolato le proprie censure, non risulta affatto contrastata la prima argomentazione, tutt’affatto distinta dall’altra, e che, pure, ha assunto nella formazione del convincimento del giudice rilevanza autonoma, in quanto idonea a sorreggere da sola la sentenza impugnata: sicchè, per tale via andrebbe dichiarato inammissibile il ricorso per il fatto che i motivi in esso sviluppati colpiscono solo una delle due rationes decidendi sulle quali è basata la sentenza del Tribunale di Rimini, destinata, pertanto, a rimanere comunque ferma.

Ciò precisato, occorre rilevare che dalla motivazione e dal dispositivo della sentenza impugnata emerge chiaramente che il rigetto del gravame è stato pronunciato in quanto dalle dichiarazioni testimoniali è rimasto accertato – da un lato – l’adempimento dell’obbligazione di consegna della merce da parte del venditore, con prova assistita dall’attendibilità del teste escusso e – dall’altro – che per i vizi eccepiti non vi fosse stata denunzia.

Dette affermazioni del giudice del gravame non sono state adeguatamente censurate nel ricorso per cassazione, ove la ricorrente lamenta la contraddittorietà delle dichiarazioni del Mu., quanto alla prima circostanza, e l’omessa va-lutazione di quelle della L. e del B., quanto alla seconda circostanza.

Trattasi all’evidenza di doglianze di merito tendenti alla rivalutazione delle risultanze testimoniali, non deducibile in sede di legittimità, se non nei limiti della mancanza, insufficienza contraddittorietà di motivazione, che nel caso specifico non ricorre avendo il giudice di merito correttamente giustificato il suo convincimento, allorchè ha ritenuto l’avvenuta consegna (e quindi l’intervenuta richiesta) della merce di cui alle fatture nn. (OMISSIS) in base al fatto che dalla deposizione del Mu. vi era dimostrazione che si fosse recato lo stesso M. a ritirare il materiale in marmo, in orario di chiusura dello stabilimento della Fabbri Giovanni L. Figlio in (OMISSIS), assente il titolare. Al riguardo i giudici di entrambi i gradi di merito hanno anche spiegato le ragioni per cui la deposizione del teste Mu.

B. era attendibile e rilevante, per essere l’unica persona presente al momento della consegna e la sua deposizione non era in alcun modo contraddetta dalle altre testimonianze. D’altro canto la deduzione della ricorrente secondo cui la contraddittorietà emergerebbe con riferimento alle dichiarazioni rese dal titolare della controricorrente, non trovano alcun conforto dal tenore delle stesse, come riportate dalla M. nel ricorso, dal momento che queste ultime si riferiscono alla merce di cui alla diversa fattura n. (OMISSIS).

Per il resto è appena il caso di ricordare che la valutazione delle risultanze della prova testimoniale e il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri – come la scelta, fra le varie risultanze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la decisione – involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento della sua decisione una fonte di prova ad esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni avverse (v. Cass. 30 marzo 2010 n. 7763; Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 5 ottobre 2006 n. 21412; Cass. 21 agosto 2004 n. 16529). Eguali considerazioni valgono quanto all’ulteriore censura circa la prova della tempestività della denuncia dei vizi, la cui assenza è stata argomentata dai giudici di merito con la genericità delle dichiarazioni dei testi indotti dall’opponente-appellante, in quanto pur vero che, ai sensi dell’art. 1495 c.c., la denunzia da parte del compratore (o di un suo rappresentante, può essere fatta, in difetto di una espressa previsione di forma, con qualunque mezzo, ma lo stesso deve essere in concreto idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati (tra le altre v. Cass. 3 aprile 2003 n. 5142). E’ proprio questa circostanza ad essere rimasta sfornita di prova dal momento che i testi hanno dichiarato “di avere contestato la presenza di difetti”, ma, non anche che gli stessi siano stati denunciati alla venditrice.

Quanto alle argomentazioni svolte dal consigliere relatore con riferimento al primo motivo, pur essendo per detta doglianza assorbente la ragione legata alla omessa impugnazione delle plurime ratio decidendi fondanti la decisione impugnata, poichè le censure dell’intero ricorso attengono nella sostanza alla valutazione delle prove testimoniali effettuata dai giudici di merito, per una migliore trattazione è stato ivi anticipato anche l’esame IVA. delle questioni legate al secondo motivo, di cui l’accertamento probatorio costituisce un presupposto logico, opzione che viene ribadita e condivisa da questo collegio.

Le difese di parte ricorrente, inoltre, nulla aggiungono alle questioni sopra esaminate.

In definitiva, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6^ – 2 Sezione civile della Corte di Cassazione, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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