Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29263 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. I, 22/12/2020, (ud. 03/11/2020, dep. 22/12/2020), n.29263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

B.M., rappr. e dif. dall’avv. Maria Cristina Ximenes,

avvocatoximenes.pec.abclex.it, elett. dom. presso lo studio, in

Cagliari, via Molise n. 16, come da procura spillata in calce

all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Cagliari 29.3.2018, n.

273/2018, in R.G. 878/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 3.11.2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. B.M. impugna la sentenza App. Cagliari 29.3.2018, n. 273/2018, in R.G. 878/2017 di rigetto dell’appello avverso l’ordinanza 3.7.2017 del Tribunale di Cagliari che a sua volta aveva rigettato l’impugnazione del provvedimento 14.7.2016 di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. premesso che il gravame era circoscritto al diniego della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, la corte ha ritenuto: a) insussistente il rischio di subire un grave danno da trattamento disumano o degradante, posto che i fatti riferiti e alla base dell’allontanamento dal Gambia afferivano al fratello e non al richiedente; b) in evoluzione democratica la situazione del Paese, senza dunque conflitti armati ai sensi dell’art. 14, lett. c), D.Lgs. cit., non risultando segnalazioni in tal senso; c) infondata la richiesta di protezione umanitaria, per omessa allegazione e prova di elementi ulteriori rispetto a quelli recati a supporto della prima forma di protezione, mancando altre situazioni di vulnerabilità; d) di dovere revocare i presupposti del patrocinio a spese dello Stato, stante la pretestuosità e l’infondatezza delle argomentazioni;

3. il ricorrente propone tre motivi di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost., oltre che come vizio di motivazione, relativamente alle argomentazioni trascurate dalla corte circa il percorso d’integrazione del richiedente, ai fini della protezione umanitaria;

2. con il secondo mezzo si deduce l’erroneità della sentenza per non aver valutato le condizioni del richiedente e la compromissione dei suoi diritti fondamentali in ipotesi di rientro;

3. con il terzo motivo si censura la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

4. il primo e secondo motivo, da trattare in via congiunta perchè connessi, sono inammissibili; la corte, con complessa ratio decidendi non impugnata, rivolta al diniego della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ha riferito di un’evoluzione democratica delle istituzioni del Gambia, altresì osservando la non attinenza del danno grave prospettato dal richiedente ai parametri del trattamento inumano o degradante, essendo i relativi fatti propri di accadimenti interessanti un familiare e non il richiedente stesso;

5. in difetto di altri elementi, tale lacuna mostra di reagire negativamente anche sul giudizio proprio della protezione umanitaria, non permettendo di attuare una valutazione comparativa effettiva sulla situazione di vulnerabilità che graverebbe sul richiedente al rientro, non bastando invero e in ogni caso la segnalazione di alcuni indici di inserimento in Italia, benchè non assunti integralmente nella motivazione della pronuncia impugnata;

6. la sentenza ha invero giudicato non prospettate circostanze significative al proposito, così rispettando il principio per cui già Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), ha statuito che “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6″; l’indirizzo è stato ribadito da Cass. s.u. 29460/2019, facendo nella specie difetto entrambi i termini oggettivi di un’effettiva comparabilità, al fine di censire la vulnerabilità della ricorrente, negata dalla corte, che ha appunto escluso la rilevanza più specifica di altri fattori;

7. il terzo motivo è inammissibile, ove si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, in quanto la revoca del patrocinio pubblico, adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non implica mutamenti nel regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 dello stesso D.P.R., dovendosi quindi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione (Cass. 29228/2017, Cass. 3028/2018, Cass. n. 32028/2018, Cass. 10487/2020, Cass. 16968/2020);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i prupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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