Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29261 del 22/12/2020

Cassazione civile sez. I, 22/12/2020, (ud. 28/10/2020, dep. 22/12/2020), n.29261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10806/2019 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in Roma V.Vito Giuseppe Galati

100-c, presso lo studio dell’avvocato Giardiello Enzo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Colella Eugenio;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza n. 974/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/10/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO;

udito l’Avvocato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – M.P. ricorre per quattro mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 21 febbraio 2019 con cui la Corte d’appello di Napoli, provvedendo in parziale riforma dell’ordinanza resa tra le parti dal locale Tribunale, ha accolto la sua domanda di protezione umanitaria, rigettando per contro quella di protezione internazionale.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi ascrivere ad un atto di costituzione per l’ipotesi dello svolgimento dell’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. – Il primo mezzo lamenta il rigetto della domanda dello status di rifugiato, motivato dalla non credibilità del richiedente. Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe nulla perchè non avrebbe evidenziato alcun elemento di fatto posto a base della decisione e non avrebbe confutato le critiche all’ordinanza di primo grado svolte in atto d’appello; per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili; per motivazione assente; per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5; per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

Il secondo mezzo “riguarda la trasmissione ereditaria delle cariche e dell’appartenenza alla setta degli (OMISSIS) e il ricorso della setta al reclutamento forzoso” (così il ricorrente a pagina 8 del ricorso), ed è volto a denunciare la nullità della sentenza per motivazione apparente, per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, per violazione del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 19, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Il terzo mezzo “riguarda l’impossibilità del ricorrente di chiedere protezione all’autorità del suo paese di origine”. La Corte d’appello non si sarebbe pronunciata su relativo motivo, avrebbe omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, avrebbe mancato di attivare i propri poteri officiosi.

Il quarto mezzo “riguarda la negazione della protezione sussidiaria”. A dire del ricorrente la decisione della Corte non affronterebbe il caso concreto e lascerebbe l’appello senza risposta in ordine al fatto che in Nigeria c’è una situazione di conflitto, che il conflitto non è più circoscritto alla zona nord-est della Nigeria ma coinvolge anche il sud dello Stato. Il che determinerebbe sia violazione dell’art. 112 c.p.c., sia omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso, sia carenza di motivazione. Anche in questo caso la Corte territoriale non avrebbe esercitato i propri poteri officiosi. Inoltre la sentenza impugnata avrebbe violato anche il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), l’art. 14, lett. c), dello stesso D.Lgs., l’art. 5 del medesimo.

ritenuto che:

4. – Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.

4.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578): il che è già sufficiente ad evidenziare l’inammissibilità della censura svolta in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e ciò a tacere dell’ulteriore rilievo che la censura non indica quale dei parametri di giudizio normativamente previsti il giudice di merito avrebbe violato ed in qual modo la violazione avrebbe avuto luogo.

Nel caso di specie, poi, esclusa la ricorrenza dell’ipotesi di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per mancanza della deduzione di uno specifico fatto storico che, con riguardo al giudizio di non credibilità del richiedente, la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare, è parimenti da escludere che la sentenza manifesti il vizio di assenza di motivazione, sia sotto il profilo della mancata risposta alle censure contenute nato dall’appello, sia sotto il profilo del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.

Ed invero, quanto al primo aspetto, la motivazione addotta dalla Corte d’appello non è nient’altro che una motivazione per relationem, senz’altro valida, a condizione che la relatio consenta di evincere una precisa presa di posizione su motivi di appello (Cass. 5 agosto 2019, n. 20883).

Orbene: la sentenza impugnata ha riassunto sinteticamente la motivazione svolta dal Tribunale in ordine alla non credibilità del richiedente (alla stregua di fonti internazionali la setta degli (OMISSIS) non praticava, come affermato dal ricorrente, il reclutamento forzoso, nè prevedeva la trasmissione ereditaria delle cariche o dell’appartenenza, tant’è che nè lo stesso ricorrente, nè il fratello appartenevano alla setta), ha dato conto del motivo in proposito spiegato (“assume che il tribunale ha mal valutato le sue dichiarazioni circa i rischi che corre dagli (OMISSIS), e che deve pertanto essere ritenuto attendibile; si contesta anche quanto osservato sulla non ereditarietà delle cariche”) ed ha fatto propria la motivazione già addotta dal Tribunale.

Del tutto fuor di luogo, poi, quanto al secondo aspetto, è l’assunto secondo cui la sentenza esporrebbe un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili per avere la Corte d’appello affermato per un verso che “i motivi di appello… sono effettivamente specifici” e per altro verso che: “il racconto dell’appellante… appare generico è stereotipato, non suscettibile di approfondimenti istruttori”: si tratta infatti di affermazioni collocate su piani totalmente diversi, l’uno su quello della fattura dell’atto d’appello, l’altro sul piano del contenuto concreto delle dichiarazioni del richiedente, sicchè il denunciato contrasto non è neppure astrattamente configurabile.

4.2. – E’ inammissibile il secondo motivo.

Esso difatti tende a nient’altro che a un ribaltamento del giudizio di fatto svolto dalla Corte territoriale, la quale, conformemente al Tribunale ha ritenuto che la menzionata setta non praticasse il reclutamento forzoso nè prevedesse il trasferimento ereditario dell’appartenenza e delle cariche.

4.3. – Il terzo mezzo è inammissibile, essendo proposto contro motivazione evidentemente svolta ad abundantiam, una volta accertata la non credibilità del richiedente.

4.4. – Il quarto mezzo è fondato.

Il ricorrente, in appello, ha espressamente dedotto la sussistenza, nella zona di provenienza, di una situazione riconducibile del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sostenendo, tra l’altro, che il tribunale si sarebbe fondato su fonti del 2012, che più non riflettevano la situazione del paese.

A tal riguardo la sentenza impugnata non dice assolutamente nulla, ed anzi non fa il benchè minimo cenno alla fattispecie normativa in questione.

La sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i primi tre motivi ed accoglie il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

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