Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29260 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 28/12/2011), n.29260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.M. (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, Via Tigrè n. 37, presso lo studio dell’Avvocato

CAFFARELLI Francesco, dal quale è rappresentato e difeso, unitamente

all’Avvocato Nicola Marchi, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D’A.C.I.T. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore;

V.S.; T.F.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2004 del 2009,

depositata in data 14 luglio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VIOLA Alfredo Pompeo, il quale nulla ha osservato sulla relazione ex

art. 380 bis cod. proc. civ..

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con citazione del novembre 1999, F.M. convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Sondrio, la società D’Acit s.a.s di Tavelli Fabrizia, T.F. personalmente e V.S., chiedendo che, accertata l’appropriazione indebita della somma di L. 26.148.770, la società, la T. personalmente e la V. venissero condannate alla restituzione della somma capitale, aumentata degli interessi che egli aveva dovuto pagare alle banche, calcolata alla data del 28 febbraio 1999, in complessive L. 45.310.988, oltre agli interessi compensativi da tale data al saldo, e chiedendo altresì la condanna della T. personalmente al risarcimento del danno morale, determinato in L. 5.000.000;

che, in via subordinata, l’attore chiese che le convenute fossero condannate al pagamento dell’importo suddetto a titolo di inadempimento contrattuale;

che si costituirono la società e la T. personalmente, eccependo che il debito era stato contratto dalla T. a titolo personale e non in nome e per conto della società, e contestando l’importo richiesto;

che si costituì anche la V., contestando le pretese dell’attore ed eccependo la simulazione del contratto di società stipulato con T.F.;

che l’adito Tribunale, con sentenza depositata il 25 febbraio 2005, accolse la domanda e condannò le convenute, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 23.401,17, nonchè T.F. al risarcimento del danno morale determinato in euro 2.582,28;

che, secondo il Tribunale, l’appropriazione indebita posta in essere da T.F. non poteva essere ritenuta come posta in essere dalla T. a titolo personale, ma doveva ritenersi avvenuta in nome e per conto della società d’Acit, della quale era amministratrice, e ciò in ragione del fatto che la società era delegataria dell’ACI, e per tale sua qualità, atteso l’accordo intercorso tra ACI e SARA Assicurazioni, l’agente generale di quest’ultima, F.M., era obbligato a trattare con la stessa, sicchè ogni riscossione di somme ebbe a verificarsi nell’ambito dei rapporti obbligati tra il F. e la d’Acit, come del resto ammesso dalla stessa T. nella dichiarazione in data 2 giugno 2004, nella quale aveva appunto dichiarato di avere incassato premi, non versati al F., in qualità di titolare della delegazione ACI;

che concludeva il Tribunale, la responsabilità della società comportava poi la responsabilità della socia V., illimitatamente responsabile dei debiti sociali;

che avverso questa sentenza proposero distinti appelli la società d’Acit s.a.s e T.F. personalmente, nonchè V. S.;

che in entrambi i giudizi si costituì il F.;

che la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2004 del 2009, depositata il 14 luglio 2009, in accoglimento dell’appello della società e della V., ha escluso la responsabilità delle stesse, rigettando ogni domanda proposta dal F. nei loro confronti;

che la Corte territoriale ha ritenuto che la circostanza che la T. avesse commesso un reato non consentiva di riferire le conseguenze civili di tale condotta alla società e quindi all’altra socia;

che non era infatti sufficiente a coinvolgere la società nella responsabilità ex art. 2043 cod. civ., il fatto che l’occasione per sottrarre le provvigioni fosse nata dalla attività di subagente svolta dalla T., in nome e per conto della d’Acit s.a.s., nè il fatto che nella scrittura confessoria del 2 giugno 2004 la T. si fosse qualificata come titolare della delegazione ACI di Tirano, perchè in ogni caso il reato commesso dalla T. esulava dagli scopi sociali e si era inserito come un elemento anomalo ed estraneo all’attività della società;

che il F. del resto, ha osservato la Corte d’appello, non aveva agito nei confronti della società, richiamandone la responsabilità per il fatto illecito della dipendente, ma aveva individuato erroneamente nel comportamento della T. un illecito direttamente commesso dalla società;

che inoltre, doveva escludersi che potesse essere accolta la domanda subordinata del F. di accertamento della responsabilità per inadempimento contrattuale della società, in quanto il fatto reato commesso dalla sola T. non poteva trasformarsi in inadempimento contrattuale della società;

che, infine, la Corte d’appello ha rigettato le censure della T. relativamente alla quantificazione della somma dovuta e al danno non patrimoniale;

che per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso F.M. sulla base di tre motivi, successivamente illustrati da memoria, mentre non hanno svolto attività difensiva le intimate d’Acit s.a.s. di Tavelli Fabrizia, T.F. personalmente e V.S.;

che con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine alla esclusione della responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 della società d’Acit s.a.s. e di V.S., per avere la sentenza impugnata affermato che la T., nel sottrarre le somme all’agente provinciale della SARA, non avrebbe agito in qualità di legale rappresentante della d’Acit, pur essendolo, ma solo a titolo personale;

che prosegue il ricorrente, sarebbe del tutto inappagante la motivazione secondo cui la commissione di un reato da parte del legale rappresentante di una società, nello svolgimento dell’attività sociale, comporterebbe l’esclusione della riferibilità della condotta del legale rappresentante alla società stessa;

che comunque la domanda, nei termini in cui era stata proposta, non escludeva la possibilità che la responsabilità della società venisse affermata anche ex art. 2049 cod. civ.;

che con il secondo motivo il ricorrente denuncia ulteriore vizio di motivazione con riferimento alla esclusione della responsabilità della società (e della V.), a titolo di inadempimento contrattuale;

che con il terzo motivo il F. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 1218 cod. civ., per avere la Corte d’appello escluso la responsabilità della società per il solo fatto che la T., e solo la T., avesse commesso un reato;

che essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso con il rito camerale, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al pubblico ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) Il primo e il terzo motivo di ricorso, nella parte in cui si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., sono manifestamente fondati.

Trova applicazione, nella specie, il principio per cui l’azione civile per il risarcimento del danno, nei confronti di chi è tenuto a rispondere dell’operato dell’autore del fatto che integra una ipotesi di reato, è ammessa – tanto per i danni patrimoniali che per quelli non patrimoniali – anche quando difetti una identificazione precisa dell’autore del reato stesso e purchè questo possa concretamente attribuirsi ad alcune delle persone fisiche del cui operato il convenuto sia civilmente responsabile in virtù di rapporto organico, come quello che lega la società di capitali al suo amministratore, o di dipendenza (Cass. n. 12951 del 1992).

Invero, la responsabilità aquiliana investe tutti gli organi dell’ente e si fonda sul rapporto organico, ed inoltre sul generale principio che rende responsabili persone fisiche ed enti giuridici per l’operato dannoso di coloro che sono inseriti nell’organizzazione burocratica o aziendale (Cass. n. 10213 del 2001, in motivazione).

Il fatto che la legale rappresentante della società d’Acit s.a.s.

abbia commesso un reato nello svolgimento di un’attività sociale (nella specie, appropriazione di somme riscosse per premi assicurativi che avrebbero dovuto essere versate alla agenzia principale) non vale quindi, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte d’appello – che pure ha rilevato che l’appropriazione indebita è avvenuta nello svolgimento dell’attività sociale -, ad escludere la riferibilità della condotta alla società e quindi ad escludere la responsabilità di questa. L’affermazione della responsabilità civile della società comporta poi la responsabilità della socia illimitatamente responsabile.

Sussistono, pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”;

che il Collegio condivide tale proposta di decisione, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che il primo e il terzo motivo di ricorso vanno quindi accolti, con assorbimento del secondo, e conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo esame alla luce dei richiamati principi di diritto;

che il giudice di rinvio provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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