Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29259 del 19/01/2021

Cassazione civile sez. I, 22/12/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 22/12/2020), n.29259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3624/2019 proposto da:

A.Z.R., elettivamente domiciliato in Lecce, in via Manzoni

n. 1, presso lo studio dell’avvocato Marco D’Antonio, dal quale è

rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 08/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2020 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Lecce, A.Z.R., cittadino del (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 136/2019, depositato l’8 gennaio 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice di merito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento allo straniero dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso A.Z. confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1 c.p.c.”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (v. Cass., 13/3/2006, n. 5400). Anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c. (introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 196 del 2016), alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370 e 366 c.p.c., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. Cass., 18/04/2019, n. 10813; Cass., 25/09/2012, n. 16261; Cass., 09/03/2011, n. 5586).

2. Con il primo e secondo motivo di ricorso, A.Z.R. denuncia la nullità dell’impugnata sentenza per contraddittorietà assoluta e carenza di motivazione, nonchè per la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

2.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – peraltro con motivazione del tutto inadeguata ed illogica – l’insussistenza dei presupposti per la concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), reputando erroneamente non credibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di origine, consistiti nel timore di essere arrestato per la morte di un ladro, introdottosi nel negozio in cui il medesimo lavorava, e di essere sottoposto in prigione ad un trattamento disumano e degradante. Il tutto senza compiere alcun accertamento istruttorio ufficioso, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

2.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesima neanche la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, della situazione socio-politica del Paese di origine.

2.3. Le censure sono fondate, nei limiti che si passa ad esporre.

2.3.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, laddove sia carente di motivazione o sorretto da una motivazione del tutto illogica o contraddittoria, tale da essere “apparente” – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).

La valutazione delle dichiarazioni del richiedente asilo non deve essere, tuttavia, rivolta ad una capillare ricerca di eventuali contraddizioni – atomisticamente esaminate – insite nella narrazione della sua personale situazione, dovendosi piuttosto effettuare una disamina complessiva della vicenda persecutoria narrata (Cass., 27/03/2020, n. 7546). Con la conseguenza che la prognosi negativa circa la credibilità del richiedente non può essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando, invece, viene trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass., 08/06/2020, n. 10908; Cass., 19/06/2020, n. 11925).

2.3.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha ritenuto non credibile il ricorrente, perchè il medesimo avrebbe in primo tempo dichiarato che ad uccidere il ladro sarebbe stata la folla, per poi aggiungere di avere, a sua volta, colpito il ladro alla testa con un bastone (p. 5). Per converso, va rilevato che il nucleo essenziale della narrazione non risulta – per quanto è dato desumere dalla stessa sentenza impugnata, che sul punto appare, pertanto, illogica e contraddittoria – sostanzialmente modificato dal richiedente, il quale alla Commissione territoriale aveva dichiarato che il ladro, entrato nel negozio, era stato ivi reperito e picchiato dalla folla fino alla morte, e che “il suo apporto” era consistito “nel colpire in testa il ladro con un bastone” (p. 3). L’istante aveva altresì dichiarato, in quella sede, di temere di essere individuato tra i corresponsabili dalla polizia ed arrestato, nonchè di potere essere vittima di vendette da parte della famiglia del morto. Il Tribunale si è fermato, sul punto, su elementi di dettaglio, non significativi in ordine alla credibilità del ricorrente, quali il mancato confronto immediato con la polizia per chiarire la sua posizione, e gli scarsi dati offerti circa le ricerche della polizia nei suoi confronti ed il pericolo di ritorsioni da parte dei parenti della vittima.

Di più, il giudice di merito ha affermato che “non possono revocarsi in dubbio le condizioni degradanti che caratterizzano la detenzione in Ghana”, ed ha dato rilievo al fatto che, dal rapporto di Amnesty International 2017-2018, si desumono “difficoltà di accesso alla giustizia, condizioni inique nei processi, poca tutela dei soggetti con disabilità (…), violenze e vessazioni da parte della polizia in danno delle persone”. E tuttavia, non ne ha poi – del tutto incongruamente ed illogicamente – tratto conseguenza alcuna, senza, peraltro, neppure disporre ulteriori, eventuali, accertamenti ai sensi del D.Lgs. n. 26 del 2008, art. 8, ove ritenuti necessari, ai fini del riscontro di un pericolo di “danno grave” per il richiedente, a sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

2.3.3. Per quanto concerne, invece, la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) del decreto succitato, va osservato che – secondo il consolidato insegnamento di questa Corte – è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

2.3.4. Nel caso concreto, il Tribunale ha dato atto che dal medesimo rapporto di Amnesty International succitato, e da altre fonti indicate in ricorso, si desumeva che la zona di provenienza dell’istante non è caratterizzata da situazioni di violenza indiscriminata derivanti da conflitti armati in atto.

2.4. I motivi in esame vanno, pertanto accolti nei limiti suindicati.

3. Ne deriva l’assorbimento del terzo e quarto motivo di ricorso, atteso che la protezione umanitaria va trattata solo ove vengano disattese le domande dirette ad ottenere gli strumenti tipici di protezione internazionale (Cass., 24/04/2019, n. 11261).

4. L’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso – nei limiti suindicati – comporta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio al Tribunale di Lecce in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito della controversia, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione; dichiara assorbiti il terzo e quarto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia al Tribunale di Lecce in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2020

 

 

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