Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29258 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2138/2008 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato TOSI Paolo, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato GALLEANO Sergio Natale Edoardo,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2058/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 16/01/2007 r.g.n. 1207/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega TOSI PAOLO;

udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO per delega GALLEANO SERGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Torino, con sentenza in data 21.12.2006/16.1.2007, confermava la decisione di primo grado, impugnata dalle Poste Italiane, che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto stipulato fra le Poste Italiane e S.E. nel periodo dal 25 febbraio 1999 al 29 maggio 1999, ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994, “per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso… in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

Osservava la corte territoriale che, pur nel contesto normativo qualificato dalla previsione della L. n. 56 del 1987, art. 23, restava chiara, comunque, la natura eccezionale dell’apposizione del termine (sia pure in ipotesi individuate dall’autonomia collettiva) a fronte della regola della ordinaria indeterminatezza della durata del contratto di lavoro, e che,in ogni caso, si doveva riconoscere che, una volta che tale autonomia fosse stata esercitata con la previsione di specifiche e delimitate ipotesi, incombesse sul datore di lavoro l’onere di dimostrare le condizioni obiettive che, nel singolo caso, avevano giustificato la clausola del termine; onere, nella fattispecie, non osservato, essendo stato richiamato solo il processo generale di ristrutturazione operato dall’azienda sul territorio nazionale, senza alcuna dimostrazione in ordine alla effettiva necessità delle assunzioni nello specifico contesto produttivo ove il lavoratore era stato assegnato.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le Poste Italiane con un unico motivo.

Resiste con controricorso, illustrato con memoria, S.E..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo la società ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) della L. n. 56 del 1987, art. 23, dei criteri di ermeneutica contrattuale in relazione agli accordi collettivi intercorsi, nonchè vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che il potere normativamente attribuito alla contrattazione collettiva di individuare nuove ipotesi di assunzione a termine, in aggiunta a quelle già stabilite dall’ordinamento, configurava una vera e propria “delega in bianco” in favore delle organizzazioni sindacali, le quali, pertanto, potevano legittimare il ricorso al contratto a termine non solo per causali di carattere oggettivo, ma anche meramente soggettivo, sicchè restava precluso al giudice di individuare limiti ulteriori, atti a circoscrivere l’ambito di operatività delle ipotesi di contratto a termine individuate in sede collettiva.

2. Vanno ribaditi i principi, ormai acquisiti, che questa Suprema Corte ha affermato con riferimento alla disciplina dell’istituto nel sistema vigente anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001.

In primo luogo, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, questa Corte ha più volte affermato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063,v.

anche Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26 luglio 2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato” (v., fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378).

In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23 agosto 2006 n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866).

3. In base agli esposti criteri interpretativi, ormai consolidati, ed al valore dei relativi precedenti, pur riguardanti l’interpretazione di norme collettive, il ricorso va, pertanto, rigettato, previa correzione della motivazione della decisione impugnata.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro 2500,00 per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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