Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29257 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2116/2008 proposto da:

T.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. MORDINI

14, presso lo studio dell’avvocato BRUSCHI FLAVIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato DE JACO Francesco, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI Roberto, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2474/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 10/01/2007 R.G.N. 2555/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega PESSI ROBERTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 21.12.2006/10.1.2007 la Corte di appello di Lecce confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da T.P. per far accertare la nullità del termine apposto al contratto stipulato fra la stessa e le Poste Italiane per il periodo 7 febbraio 2001/31 maggio 2001, ai sensi dell’art. 25 del CCNL 2001 per “esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi”.

Osservava la corte territoriale che nè la norma legale della L. n. 56 del 1987, art. 23, nè quella contrattuale ponevano vincoli o limiti al contenuto della clausola del contratto individuale, dal momento che la norma legale aveva rilasciato un’ampia delega all’autonomia collettiva e che la norma contrattuale subordinava la sua applicazione unicamente all’esistenza di un processo di riorganizzazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali dell’azienda.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso T.P. con un unico motivo. Le Poste Italiane resistono con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente lamenta violazione di norme di legge (L. n. 230 del 1962, L. n. 56 del 1987), nonchè vizio di motivazione ed, al riguardo, osserva che la corte di merito aveva trascurato di considerare che, pur in presenza di un accordo collettivo che preveda, in termini generali, le ipotesi in cui è consentita l’assunzione a tempo determinato, era onere del datore di lavoro provare in maniera rigorosa la sussistenza effettiva delle circostanze che legittimano la clausola di durata nel caso specifico.

2. Il ricorso è infondato in base all’indirizzo ormai consolidato affermato da questa Corte con riferimento ai contratti a termine conclusi ai sensi dell’art. 25 del ccnl del 2001, in data anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina del contratto a termine (D.Lgs. n. 368 del 2001).

Questa Suprema Corte, decidendo, infatti, in casi analoghi (v. fra le altre Cass. 26 settembre 2007 n. 20162; Cass. 1-10-2007 n. 20608), ha cassato le pronunce di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto a contratti stipulati in base alla previsione della norma contrattuale, osservando, in linea generale, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria “delega in bianco” a favore delle organizzazioni sindacali, le quali pertanto, non sono vincolate all’individuazione di figure contrattuali comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in attuazione della sopra citata “delega in bianco” le parti sindacali hanno legittimamente individuato, quale ipotesi autorizzativa della stipulazione di contratti a termine, quella di cui al citato art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001. In specie, quale conseguenza della suddetta delega conferita dal citato art. 23, questa Corte ha precisato che le organizzazioni sindacali, senza essere vincolate alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro temporaneo per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti.

Premesso, poi, che l’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 prevede, come si è visto, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di “esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi”, questa Corte ha ritenuto viziata Pinterpretazione dei giudici del merito che, sull’assunto della assoluta genericità della disposizione in esame, hanno affermato che la stessa non contiene alcuna autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale speciale, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi sono strumentali.

Tale orientamento va confermato in questa sede, essendo la tesi accolta dalla corte territoriale (volta a prefigurare, in via interpretativa, limiti di operatività non contemplati nell’accordo collettivo) fondata, comunque, sull’erroneo presupposto che il legislatore non avrebbe conferito una “delega in bianco” ai soggetti collettivi ed avrebbe imposto al potere di autonomia negoziale limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli autonomamente valutati dalle parti sociali.

3. Alla luce dei principi indicati, il ricorso non si palesa, quindi, meritevole di accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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