Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29253 del 12/11/2019

Cassazione civile sez. I, 12/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 12/11/2019), n.29253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20186/2018 proposto da:

D.A., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Livio Neri, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale

Brescia;

– intimato –

e contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1722/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 15/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/06/2019 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

D.A., nato in (OMISSIS), con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava dinanzi il Tribunale di Brescia, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il richiedente proponeva gravame, insistendo per il riconoscimento della protezione in tutte le sue forme, dinanzi alla Corte di appello di Brescia che lo respingeva.

Egli aveva riferito di provenire da (OMISSIS), di avere aderito, quale studente, all’associazione studentesca A.E.E.M. e di avere partecipato a degli incontri ed ad una manifestazione degenerata in scontri violenti, in occasione dei quali era intervenuta la polizia; di essere stato ricercato a seguito di questi eventi e di essere fuggito dal Mali, temendo per la sua vita in caso di rientro.

La Corte, nel respingere l’appello, pur ritenendo credibile il narrato in relazione alle vicende occorsegli a seguito della partecipazione all’associazione studentesca, ha tuttavia escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato non ravvisando alcun indice di persecuzione politica nella attività della polizia volta a perseguire gli autori di violenze ed atti vandalici perpetrati in occasione degli scontri di piazza. Ha escluso anche il riconoscimento della protezione sussidiaria, sulla base delle informazioni acquisite in merito alla situazione politico sociale del Mali, sulla considerazione che le tensioni e gli scontri che ancora caratterizzavano il Paese, pur a fronte di ripetuti tentativi di tregua negoziati nel 2015 tra il Governo ed i ribelli, non riguardavano la zona a sud, dove si trovava la città di provenienza del richiedente e richiamava le informazioni UNHCR sul punto.

Infine non ha ravvisato la ricorrenza di condizioni di particolare vulnerabilità idonee a giustificare il riconoscimento del permesso umanitario, considerato che la documentazione medica prodotta era di parte e non risultava attestata in maniera seria una patologia del richiedente e che la professionalità acquisita nella lavorazione dei metalli avrebbe potuto essere valorizzata anche in patria.

Il ricorso è articolato in cinque mezzi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. e) e comma 2, in merito alla nozione di “atti persecutori” e di “opinione politica” ed alla conseguente esclusione della sussistenza di una persecuzione in danno del ricorrente.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione dell’arresto arbitrario subito dal padre del ricorrente, per tale ragione successivamente deceduto, quale forma di pressione psicologica nei suoi confronti.

1.3. I motivi, trattati congiuntamente dal ricorrente, sono infondati per l’assorbente ragione che il tentativo di arresto del richiedente era motivato, secondo l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte di appello, dalla necessità di perseguire gli autori delle violenze perpetrate nel corso della manifestazione, non già dall’appartenenza del richiedente all’associazione studentesca promotrice della manifestazione stessa: il che esclude che il tentativo di arresto possa essere ricondotto a “opinioni politiche” ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. e), del ricorrente.

Detta considerazione assorbe qualsiasi altro profilo di censura contenuto nei motivi in esame, perchè esclude la configurabilità dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, cui unicamente si riferiscono i motivi stessi, ferma restando ovviamente l’eventuale rilevanza dei fatti in essi richiamati ai fini del riconoscimento di altre forme di protezione internazionale, in primo luogo della protezione sussidiaria cui fa riferimento il terzo motivo di ricorso.

2.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e l’omesso esame di un fatto decisivo connesso al rischio di essere sottoposto a tortura o ad un trattamento inumano o degradante.

Il ricorrente si lamenta che la Corte territoriale, pur avendo riconosciuto la credibilità del racconto del ricorrente, non abbia preso in considerazione il tentativo di arresto, con le modalità indicate (in primo luogo l’arresto arbitrario del padre), come minaccia di danno grave consistente in un trattamento inumano ex art. 14, lett. b), D.Lgs. cit., in considerazione delle prassi di arresti e uccisioni arbitrarie da parte delle forze di polizia maliane, delle condizioni di detenzione inumane, della corruzione e sostanziale dipendenza della magistratura dal potere esecutivo.

2.2. Il motivo è fondato sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione, dato che la Corte bresciana nulla osserva in proposito.

3.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale avrebbe imputato al richiedente la mancata produzione di altri attestati sanitari, produzione impossibile per il maturare del termine decadenziale ex art. 345 cit..

3.2. Con il quinto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e il D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28 e di altre disposizioni in merito al rigetto della domanda di protezione umanitaria, oltre che dell’emesso esame di un fatto decisivo, individuato nella documentazione prodotta a sostegno della domanda.

3.3. I motivi quarto e quinto sono assorbiti dall’accoglimento del terzo motivo.

4. In conclusione va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati i motivi primo e secondo ed assorbiti i motivi quarto e quinto; la decisione impugnata va cassata nei limiti dell’accoglimento e rinviata alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo del ricorso, respinti i motivi primo e secondo ed assorbiti i motivi quarto e quinto; cassa la sentenza impugnata nei limiti dell’accoglimento e rinvia alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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