Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29250 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 14/11/2018), n.29250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19552-2017 proposto da:

C.R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONIO CASTELLO, ALBERTO PERRONE, LUIGI GIUSEPPE CORMIO;

– ricorrente –

contro

L.G., S.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 11, presso lo studio dell’avvocato

ROBERTA SIMONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI

LAMANNA;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di TRANI, depositata il 31/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 04/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Nel giudizio introdotto ai sensi dell’ art. 702 bis c.p.c., D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, dagli avv.ti L. e S. per la liquidazione delle competenze professionali maturate per l’attività professionale da loro prestata in favore del sig. C.R. in una serie di controversie, il tribunale di Trani, con ordinanza depositata il 31.05.2017, dichiarava intempestiva la domanda riconvenzionale del C., rigettava la richiesta del medesimo di mutamento del rito in rito ordinario e accoglieva la domanda formulata dai professionisti, liquidando le competenze di entrambi i ricorrenti in base all’ analisi dell’attività da loro per svolta per ciascuna pratica.

Per la cassazione della predetta ordinanza del tribunale ricorre il sig. C. sulla scorta di due motivi.

Gli avv.ti L. e S. hanno depositato controricorso.

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 4 luglio 2018 per la quale solo il ricorrente ha depositato una memoria.

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, formulata dai resistenti sul rilievo che l’impugnata ordinanza, risultando emessa nell’ambito di una controversia riguardante l’an debeatur, e non solo la semplice misura dei compensi professionali, sarebbe soggetta al rimedio dell’appello. Al riguardo è infatti sufficiente richiamare i principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4485/18; “La controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all’an debeatur”.

Soltanto qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda (riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale) non esorbitante dalla competenza del giudice adito ai sensi D.Lgs. cit., art. 14, la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti ad un’istruttoria sommaria, con il rito sommario (congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista) e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena (ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena), previa separazione delle domande”).

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia a violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 134 c.p.c., nonchè del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, deducendo la nullità della sentenza gravata per assoluta mancanza di motivazione; in particolare, si sostiene che il tribunale non avrebbe dato conto, a sostegno della liquidazione dei compensi operata, dei criteri previsti dalla citata disposizione, ossia le caratteristiche, l’urgenza e il pregio dell’attività prestata, l’importanza, la natura, la difficoltà e il valore dell’affare, le condizioni soggettive del cliente, i risultati conseguiti, i numero e la complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

Con i secondo motivo il ricorrente impugna la liquidazione del compenso dell’avv. L. di Euro 4.605,98 per una procedura esecutiva immobiliare (trib. Trani 48/2016 RGE), dolendosi del fatto che il tribunale abbia liquidato i compensi anche per la fase di trattazione, a suo dire non effettuata, in dedotta violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, lett. e) e f).

Il ricorso non può trovare accoglimento.

Il primo motivo è infondato perchè la motivazione dell’ordinanza gravata, ancorchè succinta, risulta tuttavia sufficiente a dare conto della ratio decidendi, in quanto, per ognuna delle controversie a cui si riferiscono i compensi richiesti dai professionisti, il tribunale dà conto del valore e dell’oggetto della causa. Tanto basta, in relazione al tema della contesa, a ritenere raggiunto il “minimo costituzionale” della motivazione (Cass. 8053/14).

Il secondo motivo è infondato perchè la sentenza gravata fa menzione dell’istanza di vendita” (non compresa nella lettera “e” e pertanto rientrante nella lettera “f” del D.M. n. 55 del 2014, art. 4), comma 5, e accerta in fatto (con affermazione non specificamente censurata) che per il menzionato procedimento n. 48/2016 sarebbe stata documentalmente provato lo svolgimento di “istruttoria e trattazione” (pag. 8 della sentenza).

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve darsi atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato del D.P.R. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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