Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29250 del 12/11/2019

Cassazione civile sez. I, 12/11/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 12/11/2019), n.29250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22018/2018 proposto da:

K.M.L. ( K.), elettivamente domiciliato in Roma,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso, per procura in calce al ricorso, dall’avv. Maria Monica

Bassan che chiede di ricevere le comunicazioni relative al processo

alla p.e.c. maria.bassan.ordineavvocatipadova.it e al fax n.

049/8646524;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la Corte di Cassazione,

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI VERONA – Sezione Padova;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1105/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 4/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere Dott. Paola GHINOY.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Venezia confermava l’ordinanza del Tribunale che aveva rigettato la domanda proposta da K.M.L., proveniente da Basse (Gambia), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale.

2. La Corte riferiva che il richiedente aveva dichiarato di avere lavorato come dj per una radio che trasmetteva canzoni contro il regime, facendo ascoltare musica di cantautori che raccontavano dei reali problemi del paese e di avere parlato lui stesso dell’arresto del dittatore Imam ” B.L.”. Una mattina si erano presentati dei poliziotti sul posto di lavoro e poi a casa per cercarlo e così aveva ritenuto necessario fuggire.

3. Ad avviso della Corte, il racconto appariva generico nella parte fondamentale relativa al collegamento fra la vicenda personale e la dittatura di Y.J., non parendo credibile che questi non avesse fatto bloccare le trasmissioni radiofoniche che esprimevano posizioni critiche contro il governo e che in assenza di precedenti arresti o minacce il richiedente avesse deciso di fuggire subito dopo

essere stato avvertito delle ricerche della polizia, neppure risultando alcune informazioni in rete sulla sua situazione di persona impegnata socialmente. Inoltre, non si comprendeva perchè anche il neo presidente A.B., candidato alle elezioni di una coalizione di partiti di opposizione, avesse intenzione di perseguire il richiedente.

4. Escludeva per tale motivo la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), mentre in relazione alla lett. c) argomentava che la situazione del Gambia quale risultante da qualificate fonti internazionali (EASO, USDOS US, IRIN, portale viaggiare sicuri) risultava che il nuovo presidente del Gambia, A.B., rientrato nel paese nel gennaio 2017 ponendo fine a una crisi politica, aveva assicurato che avrebbe garantito la libertà di stampa ed abolito le misure restrittive adottate sotto la precedente dittatura, liberando anche molti detenuti politici, per cui la situazione risultava normalizzata, esclusa quindi l’esistenza di un conflitto armato a causa di una situazione di violenza indiscriminata.

5. Neppure ravvisava i presupposti per la protezione umanitaria, mancando qualsiasi elemento anche a livello di allegazione idoneo ad individuare una situazione di vulnerabilità.

6. Per la cassazione della sentenza K.M.L. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui il Ministero dell’Interno non ha opposto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Il richiedente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, per mancata valutazione della situazione del paese di origine del richiedente (Gambia) e della situazione personale del richiedente ai fini del riconoscimento della sussistenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

8. Lamenta la mancata o superficiale valutazione della degenerazione del tessuto socio-politico del Gambia, la mancata comparazione tra situazione di integrazione sociale e di specifica vulnerabilità.

9. Il ricorso non è fondato.

In relazione alla protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (nel testo operante ratione temporis) la valutazione della Corte di merito va confermata, avendo questa Corte chiarito (v. Cass. 23/02/2018, n. 4455 e successive conformi) che non può essere riconosciuto il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente ed astrattamente, il livello di integrazione in Italia del richiedente, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione, particolarmente nel caso in cui lo straniero non possieda uno stabile titolo di soggiorno nello Stato di accoglienza, ma vi risieda in attesa che sia definita la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale (Cass. 28/06/2018, n. 17072).

10. La Corte d’appello ha operato una ricognizione della situazione politica del Gambia, anche con riguardo alla possibile compromissione dei diritti umani, attingendo ad aggiornate e qualificate fonti internazionali (European Asylum Support Office – EASO, Report of the Secretary – General on the activities of the United Nations Office for West Africa and the Sahel, USDOS-US Department of State, IRIN) e da siti destinati ai consigli di viaggio per turisti.

11. Il motivo, nella parte in cui si sostanzia in una censura di merito all’accertamento di fatto compiuto dalla Corte d’appello, risulta inammissibile, considerato che il vizio di motivazione rappresentato (travisamento di fatti decisivi) non è riconducibile al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e che quanto valorizzato (pg. 5) conferma l’evoluzione in senso positivo del processo di giustizia transizionale, riferendosi anche della presenza in Gambia di forze militari Ecowas, il cui ritiro era previsto a metà 2018.

12. Segue coerente il rigetto del ricorso.

13. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva degli intimati.

14. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non risultando il richiedente ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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