Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2925 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2925 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

VANNI Giuseppina (ARN GPP 46P43 B519C), rappresentata e
difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dagli
Avvocati Ennio Cerio e Giovanni Romano, elettivamente
domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via
Valadier n. 43;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;

4 40M

Data pubblicazione: 10/02/2014

- resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Bari
depositato in data 11 settembre 2015t,
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Giovanni Romano;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 8

settembre 2011 presso la Corte d’appello di Bari, Vanni
Giuseppina

chiedeva

la

condanna

del

Ministero

dell’economia e delle finanze al pagamento del danno non
patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di un
giudizio iniziato dinnanzi al TAR per il Molise
Campobasso, con ricorso depositato il 6 luglio 1998, e la
cui discussione era stata fissata per l’udienza del 16
novembre 2011;
che l’adita Corte d’appello riteneva che il giudizio
presupposto, ancora pendente alla data di proposizione
della domanda, avesse avuto una durata irragionevole di
dieci anni, stimata come ragionevole quella di tre anni;
che, quanto all’indennizzo, la Corte d’appello,
rilevato che subito dopo il deposito del ricorso la

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udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.

ricorrente aveva ottenuto un provvedimento cautelare
favorevole e che non aveva presentato istanza di prelievo,
così denotando uno scarso interesse ad una rapida
definizione della controversia, liquidava un indennizzo di

200,00 per anno di ritardo;
che secondo la Corte d’appello sussistevano giusti
motivi per compensare per la metà le spese del
procedimento, in considerazione del rilevantissimo
scostamento tra la somma richiesta e quella riconosciuta;
che per la cassazione di questo decreto Vanni
Giuseppina ha proposto ricorso sulla base di un unico
articolato motivo;
che l’intimato Ministero non ha resistito con
controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai
fini della partecipazione alla discussione della causa.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso la ricorrente,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2
della legge n. 89 del 2001 e degli artt. 6, par. l, e 41
della CEDU, si duole della esiguità della liquidazione
dell’indennizzo, rilevando che non sussistevano, nel caso
di specie, indici di un suo disinteresse alla rapida

euro 2.000,00, ragguagliato al parametro riduttivo di euro

definizione della controversia, avendo ella depositato una
prima istanza di fissazione nel 1998 e poi una successiva
istanza nel 2009, a seguito della comunicazione di cui
all’art. 9 della legge n. 205 del 2000;

che infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,
in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che
la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non
indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro
750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a
euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in
capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in
misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle
peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari

criteri di determinazione

dell’indennizzo facendo riferimento al

sostanziale

disinteresse mostrato dalla parte per una rapida

che il ricorso è fondato;

definizione del giudizio presupposto e il sostanziale
accoglimento delle pretese azionate con la sospensiva
concessa dal giudice amministrativo pochi giorni dopo il
deposito del ricorso;

territoriale appare non ragionevole, essendo la stessa
pervenuta al riconoscimento di un indennizzo meramente
simbolico;
che in proposito,

occorre rilevare che,

con

riferimento ai giudizi amministrativi di durata
irragionevole, questa Corte, in applicazione dei criteri
elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(decisioni Volta et autres c. Italia,
Falco et autres c. Italia,

del 16 marzo 2010 e

del 6 aprile 2010; Cass., 18

giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271;
Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), è solita liquidare un
indennizzo che corrisponde a circa 500,00 euro per anno di
irragionevole durata;
che il ricorso deve quindi essere accolto, con
conseguente cassazione del decreto impugnato;
che non essendo tuttavia necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.;
che, invero, avuto riguardo alla accertata violazione
della ragionevole durata del giudizio presupposto per

che tuttavia lo scostamento operato dalla Corte

dieci anni e alla natura del giudizio presupposto, alla
ricorrente va riconosciuto un indennizzo pari ad euro
5.000,00 determinato sulla base dell’indicato parametro di
500,00 euro per anno di ritardo;

dunque condannato al pagamento, in favore del ricorrente,
della somma di euro 5.000,00, oltre agli interessi legali
dalla data della domanda al saldo;
che il Ministero deve essere altresì condannato al
pagamento delle spese dell’intero giudizio, che si
liquidano in dispositivo, avuto riguardo alla operata
rideterminazione dell’importo dovuto al ricorrente;
che le spese del giudizio di merito devono essere
distratte in favore degli Avvocati Ennio Cerio e Giuliana
Terzano, dichiaratisi antistatari, e quelle del giudizio
di legittimità devono essere distratte in favore dei
difensori della ricorrente, Avvocati Ennio Cerio e
Giovanni Romano, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore
della ricorrente, della somma di euro 5.000,00, oltre agli
interessi legali dalla domanda; condanna il Ministero al
pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida

che il Ministero dell’economia e delle finanze va

in euro 873,00, di cui euro 50,00 per esborsi, euro 445,00
per diritti ed euro 378,00 per onorari, oltre alle spese
generali e agli accessori di legge; condanna il Ministero
al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che

agli accessori di legge. Dispone la distrazione delle
spese del giudizio di merito in favore degli Avvocati
Ennio Cerio e Giuliana Terzano, dichiaratisi antistatari,
e quelle del giudizio di legittimità in favore dei
difensori della ricorrente, Avvocati Ennio Cerio e
Giovanni Romano, dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Civile della Corte suprema di cassazione, il 16
gennaio 2004.

liquida in euro 506,25, oltre ad euro 100,00 per esborsi e

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