Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29249 del 06/12/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/12/2017, (ud. 20/09/2017, dep.06/12/2017),  n. 29249

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 7933/2011 la Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia emessa il 29.1.2008 del Tribunale della stessa sede, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato in data 14.11.2003 da S.G., nei confronti della Telecom Italia spa, anche in qualità di incorporante la società IT Telecom, con cui era stata richiesta la condanna della società al risarcimento di tutti i danni ivi indicati, per i fatti posti in essere a suoi danni dal gennaio 1994 al 30.4.2000, analiticamente descritti, da considerarsi come deprivazione di mansioni ovvero quale mobbing aziendale.

2. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha evidenziato che: 1) non era condivisibile l’assunto del Tribunale, che aveva escluso la rilevanza tra le parti della transazione prodotta in giudizio, intercorsa tra l’originario ricorrente e la SEAT Pagine Gialle (cui era succeduta la Telecom Italia spa ex art. 2112 c.c.), ai sensi dell’art. 1304 c.c., perchè detta disposizione, che richiede la volontà di volersi avvalere della transazione da parte del debitore solidale, non era applicabile nel caso in esame in quanto la Telecom, al momento dell’atto transattivo del 29.5.2003, era totalmente estranea al rapporto essendo divenuta responsabile solidale in un momento successivo e, cioè, quando si era verificata la fusione per incorporazione di Saritel in Tin it poi divenuta Telecom Italia spa; 2) la transazione di Seat con il sig. S. aveva natura novativa per cui la responsabilità di Telecom Italia, a seguito della vicenda successoria, era limitata al contenuto delle obbligazioni nascenti dall’atto transattivo; 3) la rinuncia all’azione contenuta nell’atto transattivo concerneva la domanda di accertamento non solo della responsabilità contrattuale dedotta nel giudizio, ma in via prodromica anche della domanda di accertamento della condotta ritenuta illegittima per violazione delle norme poste a tutela dei diritti nascenti dal rapporto di lavoro; 4) non era stata proposta alcuna domanda di nullità o di annullamento della transazione de qua.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione S.G. affidato a tre motivi.

4. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere erroneamente la Corte di appello affermato il carattere “novativo” della transazione intervenuta il 29.5.2003 con la spa SEAT Pagine Gialle, quando, invece, le due azioni, quella intrapresa con il ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c., e quella formulata nel presente giudizio, erano totalmente diverse avendo ad oggetto, la prima, l’adibizione alle mansioni corrispondenti al livello di inquadramento e, la seconda, l’accertamento della illegittima dequalificazione dal gennaio 1994 al 30 aprile 2000 con la connessa richiesta risarcitoria.

2. Con il secondo motivo lo S. denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1965 c.c., perchè, dal contenuto della transazione, non era rinvenibile alcun effetto novativo ma si dava solo attuazione corretta al rapporto di lavoro in essere con l’attribuzione di mansioni nel rispetto dell’art. 2103 c.c..

3. Con il terzo motivo si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della violazione dell’art. 1304 c.c., in relazione all’art. 2112 c.c., per non avere considerato la Corte territoriale che la Telecom Italia era stata convenuta in giudizio, proprio quale cessionaria dell’azienda ex art. 2112 c.c. e, quindi, coobbligata in solido, non aveva dichiarato di volere approfittare della transazione sottoscritta con la società cedente.

4. Il primo motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza ormai canonizzato nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

5. Invero, il ricorrente ha omesso di indicare specificamente i contenuti degli atti processuali su cui si fonda la censura: si è limitato a riportare stralci degli atti introduttivi dei due giudizi ma che non consentono una valutazione compiuta del motivo ed una loro completa comparazione. Nè il giudice di legittimità può ricercare egli stesso gli atti succintamente richiamati nel ricorso per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo nella individuazione delle parti di essi rilevanti in relazione alla formulazione della censura, in ossequio al principio secondo cui la responsabilità della redazione dell’atto introduttivo del giudizio fa carico esclusivamente al ricorrente (in termini cfr. motivazione di Cass. 10.4.2014, n. 8450).

6. Il secondo motivo non è meritevole di pregio.

7. L’accertamento relativo alla natura e alla portata dell’accordo transattivo integra un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se la relativa motivazione sia immune da vizi logici e giuridici (Cass. 13.5.2010 n. 11632).

8. Nella fattispecie in esame la Corte distrettuale, con argomentazioni logiche, coerenti e giuridicamente corrette, ha desunto la natura novativa sia dalla volontà complessiva delle parti che, nel comporre l’originario rapporto litigioso, avevano chiaramente inteso addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, sia dall’oggetto della transazione rappresentato dalla nascita di reciproche obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti con totale trasformazione del rapporto controverso, giungendo alla conclusione che l’obbligazione successiva aveva interamente sostituito quella precedente.

9. Infine, anche il terzo motivo è infondato.

10. La questione di diritto che viene posta è, in sostanza, quella di accertare se la cessionaria di un’azienda, ex art. 2112 c.c., per avvalersi della transazione stipulata dal cedente con il creditore, debba necessariamente dichiarare di profittarne ex art. 1304 c.c., , comma 1.

11. I giudici di secondo grado hanno dato sul punto una risposta negativa e questa Corte concorda con la conclusione adottata.

12. La norma di cui all’art. 1304 c.c., postula, per la sua concreta applicabilità, la sussistenza di un negozio transattivo stipulato in relazione ad un’obbligazione solidale gravante su più debitori in solido per l’intero debito solidale (Cass. 5.7.2001 n. 9071).

13.1 presupposti dell’obbligazione solidale sono, ai sensi dell’art. 1292 c.c.: a) la pluralità di soggetti dal lato attivo e/o passivo del rapporto; b) la medesima prestazione, sia pure con le precisazioni di cui all’art. 1293 c.c.; c) la eadem causa obligandi.

14. Il concetto di solidarietà, richiesto dall’art. 1304 c.c., è di tipo genetico, nel senso che richiede il presupposto di un concorso di più cause concorrenti in uno stesso evento dannoso, sia in ipotesi di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, e non anche quando le attività o il ruolo dei debitori siano reciprocamente indipendenti.

15. Occorre, cioè, una contestualità, da intendersi in senso giuridico, dei comportamenti dei soggetti passivi dell’obbligazione e una esistenza di questi ultimi al momento della conciliazione, ai fini della possibilità di ravvisare, in capo al condebitore il diritto potestativo di avvalersi della transazione e, successivamente, di esercitarlo.

16. La responsabilità del cessionario ex art. 2112 c.c. sorge, invece, al momento dell’acquisto della titolarità dell’azienda ceduta e si connota quale rafforzamento della responsabilità del cedente che si attua con l’aggiunta di un nuovo debitore a garanzia di una obbligazione che rimane del cedente, con conseguente applicabilità delle norme in materia di obbligazioni solidali.

17. In tale fattispecie si verte, pertanto, in una ipotesi di solidarietà che può definirsi di tipo “funzionale”, conseguente ad una forma di accollo cumulativo ex lege, in un’ottica di garanzia per il creditore perchè il subentrante è estraneo alla genesi della vicenda lavorativa oggetto della transazione.

18. E’evidente, quindi, che la responsabilità solidale ex art. 2112 c.c. è strutturata e si articola diversamente da quella richiesta per l’operatività dell’art. 1304 c.c., perchè non nasce in relazione alla medesima causa obligandi e non opera con riguardo alla universalità delle situazioni giuridiche debitorie, richiedendo, invece, comunque la sussistenza di determinati requisiti.

19. Ne consegue che la disciplina del citato art. 1304 c.c., come condivisibilmente rilevato dai giudici di seconde cure, non può estendersi anche al cessionario dell’azienda.

20. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

21. Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2017

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