Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29248 del 14/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 14/11/2018), n.29248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16040-2017 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, BERNARDO BLUMENSTIHL

55, presso lo studio dell’avvocato CATERINA BINDOCCI rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO GAROFALO;

– ricorrente –

contro

B.M., B.R., B.L., B.G.,

B.M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ARTURO

RIANNA;

– controricorrenti

contro

C.M.A., C.G.B., C.F.,

C.L. nato a (OMISSIS), C.L., BU.RE.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1602/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il signor C.L. ricorre per la cassazione della sentenza n. 1602/2017 della corte di appello di Napoli che ha dichiarato estinto il giudizio di appello da lui introdotto per la riforma della sentenza n. 16607/14 del tribunale di Napoli, sezionedistaccata di Ischia, in ragione della intempestiva riassunzione dello stesso giudizio a seguito dell’interruzione del medesimo conseguita al decesso dell’ avv. Ernesto Procaccini, difensore dell’appellato B.G..

La corte partenopea ha ritenuto che – nonostante che B.G. in primo grado avesse conferito mandato difensivo agli avvocati Ernesto Procaccini e Sogliuzzo Francesco, e che tale mandato, non prevedendo limiti, valesse anche per l’appello – tuttavia il successivo rilascio di altra procura per il giudizio di appello al solo avvocato Procaccini, e non anche all’avv. Sogliuzzo, manifestasse per fatti concludenti l’univoca volontà del sig. B. di limitare ad un solo soggetto, appunto l’avv. Procaccini, il mandato difensivo per il secondo grado di giudizio; cosicchè il decesso di quest’ultimo aveva determinato l’interruzione del giudizio, con la conseguente necessità della tempestiva riassunzione.

La corte territoriale ha, inoltre, respinto la richiesta di rimessione in termini avanzata dal sig. C.; tale richiesta era motivata con il rilievo che l’avv. Garofalo, difensore del C., non aveva potuto presenziare, a causa di un malore, all’udienza del 27.11.2015 (in cui era stato dichiarato il decesso dell’avvocato Procaccini) e, successivamente, aveva ritenuto che la causa fosse stata rinviata all’udienza del 19.10.2016; sennonchè quest’ultima udienza si riferiva ad un altro giudizio, pure pendente tra le stesse parti davanti alla medesima corte d’appello; donde l’equivoco in cui l’avvocato Garofalo era, a suo dire incolpevolmente, incorso. Al riguardo la sentenza gravata argomenta che l’errore dell’avvocato Garofalo doveva ritenersi inescusabile “stante anche la semplicità degli adempimenti richiesti (informazione sull’esito dell’udienza collegiale anche per mezzo degli strumenti informatici di cui si è avvalso il procuratore nel deposito del ricorso per riassunzione) tanto più che questo operato si colloca in una fase in cui è maggiore, in ragione della sua pur giustificata assenza alla celebrazione dell’udienza, l’esigenza di seguire l’iter del giudizio”.

Giovanni

B.G., B.M.G., B.L., B.M. e B.R. hanno depositato controricorso; gli altri intimati non si sono costituiti nel presente giudizio di legittimità.

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 4 luglio 2018 per la quale il ricorrente ha fatto pervenire una memoria illustrativa.

Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi.

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 83,85 e 301 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e si censura l’assunto della corte territoriale secondo cui il conferimento, per il giudizio di appello, di una nuova procura ad uno soltanto dei due avvocati officiati per il giudizio di primo grado implicherebbe tacita revoca del mandato difensivo all’altro avvocato; ii ricorrente argomenta che tale assunto contrasterebbe con la natura presuntivamente disgiuntiva dei mandato e richiama l’orientamento di questa Corte secondo cui il rilascio di un secondo incarico difensivo va inteso in aggiunta, e non in sostituzione, rispetto al mandato conferito precedentemente.

Il motivo è infondato, perchè l’orientamento giurisprudenziale richiamato dal ricorrente, alla cui stregua “la nomina, nel corso del

giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sè sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo, dovendosi, invece, presumere che ne sia stato aggiunto a questi un altro, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall’art. 1716 c.c., comma 2,” (tra le tante, Cass. 8525/17) non può essere utilmente invocato nel caso di specie. B.G., infatti, costituendosi in grado di appello con l’avvocato Procaccini, non aggiunse un difensore a quelli che già lo avevano difeso in primo grado in base ad un mandato rilasciato “per il presente giudizio” (avvocati Procaccini e Sogliuzzo), ma conferì uno specifico mandato per il giudizio di secondo grado ad uno soltanto dì quei due avvocati (il Procaccini).

Tanto premesso, il Collegio osserva, in primo luogo, che l’apprezzamento della corte territoriale secondo cui il conferimento di un secondo mandato all’avvocato Procaccini avrebbe implicato la revoca implicita del mandato all’avvocato Sogliuzzo costituisce giudizio di fatto sulla portata della volontà negoziale manifestata dal sig. B., non censurabile in sede di legittimità se non sotto il profilo, qui non dedotto, della violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale; in secondo luogo, comunque, che l’impugnata decisione risulta adeguatamente motivata come ragionevole applicazione del principio per cui la revoca del mandato difensivo può intervenire anche per fatti concludenti (Cass. 19331/17); in terzo luogo, infine, che, ove anche fosse sussistito soltanto il dubbio che il sig. B. fosse assistito esclusivamente dall’ avv. Procaccini, e non anche dall’avvocato Sogliuzzo, la dichiarazione di interruzione del processo adottata dalla corte territoriale sarebbe stata comunque necessaria per offrire la massima garanzia al diritto di difesa della parte il cui difensore era stato colpito dall’evento interruttivo.

Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e censura la statuizione della sentenza gravata che ha negato la rimessione in termini da lui richiesta; si argomenta, al riguardo, nel mezzo di ricorso che la corte distrettuale avrebbe dovuto considerare che il suo difensore era assente per malattia il giorno della pronuncia interruttiva, e, successivamente, è stato indotto in errore sulla data dell’udienza di rinvio dalla contemporanea pendenza di due procedimenti tra le stesse parti presso il medesimo ufficio.

Il motivo non può trovare accoglimento perchè l’apprezzamento operato dalla corte territoriale in ordine alla insussistenza, nella specie, di ragioni giustificative della remissione in termini risulta conforme al principio che, ai fini della rimessione in termini, la decadenza in cui sia incorsa la parte deve dipendere da causa alla stessa non imputabile; l’odierno ricorrente non ha indicato in ricorso, nè risulta lo abbia fatto in sede di merito, quale causa non imputabile all’avv. Garofalo abbia indotto quest’ultimo a riferire alla presente causa la data di rinvio fissata dalla corte partenopea in altra causa pendente tra le stesse parti.

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve darsi atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dei raddoppio del contributo unificato del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018

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