Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29239 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 28/12/2011), n.29239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20633/2007 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

17, presso lo studio dell’avvocato ANGELINI Massimo, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FONTANAZZA SANTO,

MINGRINO FRANCESCO PAOLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA Luigi e PUGLISI LUCIA,

che lo rappresentano e difendono giusta procura notarile in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 266/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/04/2007, R.G.N. 1509/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato CALDARA GIANROBERTO per delega MASSIMO ANGELINI;

udito l’Avvocato TERESA OTTOLINO per delega LUIGI LA PECCERELLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.G., titolare di posizione assicurativa presso l’Inail quale artigiano metalmeccanico, ha chiesto che venisse accertato che in data (OMISSIS) aveva subito un infortunio sul lavoro, cadendo a terra mentre provvedeva alla chiusura del cancello dell’officina, con la condanna dell’Inail alla corresponsioni delle prestazioni previste dalla normativa antinfortunistica (indennità giornaliera e rendita per inabilità, con valutazione complessiva, D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 80 e D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, essendo già titolare di rendita per un precedente infortunio).

Il Tribunale di Torino ha respinto la domanda con sentenza che è stata confermata, quanto alla statuizione di rigetto, dalla Corte d’appello della stessa città, che ha ritenuto di poter escludere, sulla base degli accertamenti svolti dal c.t.u. di primo grado, che la patologia lamentata dal C. (artropatia cronico-degenerativa e gonartrosi tricompartimentale del ginocchio sinistro) dovesse ricollegarsi al trauma subito in occasione dell’infortunio.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione C.G. affidandosi a tre motivi di ricorso cui resiste con controricorso l’Inail.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 61 e 62 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire “se, nel caso, era contrario a legge il mandato al c.t.u.

per l’accertamento degli elementi circostanziali dell’infortunio e se illegittima è la conclusione della relazione di c.t.u. che afferma l’inesistenza dell’infortunio; se, in difetto dell’assunzione di tali elementi circostanziali mediante idonee prove, doveva essere disattesa qualunque precisazione, anche ipotetica, del c.t.u. a proposito delle circostanze e delle modalità del trauma infortunistico; se, irrilevanti le premesse della c.t.u. relative agli elementi circostanziali del trauma, il giudice doveva astenersi dalla decisione negativa sulla ricorrenza del trauma infortunistico e sulle conseguenze dannose per la persona dell’infortunato e doveva ritenersi obbligato, previamente, all’ammissione ed all’assunzione delle prove dedotte dal ricorrente”.

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 112, 115, 184, 420 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire “se la Corte di merito, in relazione agli obblighi previsti dalle norme sopra richiamate, poteva esimersi dal pronunciare specificamente sull’ammissibilità e rilevanza delle istanze istruttorie proposte dalla parte ricorrente e se poteva rifiutare l’ammissione delle prove proposte sulla base delle deduzioni emesse dal c.t.u. su fatti non acquisiti ritualmente”.

3.- Con il terzo motivo si lamenta violazione del D.P.R. n. 1124 DEL 1965, art. 2, artt. 40 e 41 c.p. e art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire “se la Corte di merito, per l’art. 112 c.p.c., era obbligata, nel caso, a pronunciare su tutte le domande proposte dal ricorrente sia in punto di tutelabilità dell’infortunio del 20.8.2004 e sia in punto di prestazioni per le conseguenze dirette dell’infortunio; se la Corte di merito, per i principi di equivalenza delle cause deducibili dall’art. 41 c.p. … era obbligata all’esame ed alla decisione relativamente all’effetto, anche minimamente accelerativo, del trauma infortunistico sulla pregressa patologia della quale il ricorrente era affetto; se la motivazione della Corte di merito, in proposito è omissiva ed insufficiente”.

4.- Il primo motivo è infondato. Questa Corte – cfr. ex plurimis Cass. n. 569/2011, Cass. n. 9988/2009, Cass. n. 8654/2008 – ha ripetutamele affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da infortuni o malattie professionali, le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico- legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medicolegale e rientra tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sicchè, in mancanza di detti elementi, le censure, configurando un mero dissenso diagnostico, sono inammissibili in sede di legittimità. Come già rilevato dalla Corte territoriale, non è dubbio poi che il giudice possa affidare al consulente tecnico non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), e in tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (cfr. ex plurimis Cass. n. 6155/2009, Cass. n. 3990/2006). Ed è altrettanto certo che, tra le valutazioni che il giudice può richiedere al consulente tecnico, rientra, come correttamente argomentato dalla Corte d’appello, anche quella relativa alla “compatibilità delle conseguenze lesive con la dinamica dell’infortunio allegata o accertata e quindi la riconducibilità del quadro sanitario all’evento stesso” (così a pag. 8 della sentenza impugnata).

5.- Nel caso in esame, la Corte territoriale ha posto alla base della propria decisione gli accertamenti eseguiti dal consulente tecnico d’ufficio, secondo cui doveva escludersi l’esistenza di un nesso causale diretto tra l’evento lesivo e i postumi di carattere invalidante riscontrati a carico dell’assicurato, posto che “la patologia in oggetto (gonartrosi tricompartimentale) di carattere degenerativo, progressivo e cronico, non può essere insorta nel lasso di tempo di 25 giorni intercorsi tra l’evento infortunistico descritto nel ricorso e la certificazione del (OMISSIS) dell’ortopedico … che tale patologia ha diagnosticato per la prima volta”, aggiungendo che le conclusioni del consulente tecnico dovevano essere condivise anche nella parte in cui era stata esclusa ogni possibile incidenza causale dell’infortunio in ordine all’aggravamento della situazione patologica preesistente. Con riguardo a quest’ultimo punto, il giudice d’appello, facendo proprie le conclusioni del c.t.u., ha rilevato come l’assenza del nesso causale era agevolmente desumibile dall’evidente divaricazione “tra la non significativa entità dell’infortunio del (OMISSIS) (quale delineato nel ricorso introduttivo) e la grave situazione patologica rilevata con la diagnosi del (OMISSIS) e con gli accertamenti successivi”, evidenziando altresì come il C. avesse effettuato la prima visita ortopedica a distanza di 25 giorni dalla data dell’infortunio e come solo nella cartella clinica relativa all’intervento chirurgico del novembre 2004 si accennasse, per la prima volta, peraltro genericamente, ad un pregresso “banale trauma distorsivo”.

Rispetto alla valutazione di fatto così operata dalla Corte d’appello le censure del ricorrente si risolvono in una mera contrapposizione, diretta ad ottenere una diversa valutazione delle risultanze processuali e, come tale, inidonea a radicare un deducibile vizio di legittimità di tale valutazione; anche perchè il ricorrente non riporta nel ricorso il contenuto integrale della relazione del consulente tecnico d’ufficio – di cui pure contesta la validità degli accertamenti e delle relative conclusioni – e finisce per attribuire alla sentenza impugnata affermazioni o conclusioni, come quella del “non accadimento del trauma infortunistico”, alle quali la Corte territoriale, in realtà, non è pervenuta, avendo, piuttosto, accertato l’esistenza di un quadro clinico già fortemente compromesso, che ha ritenuto incompatibile con la “non significativa” entità dell’infortunio.

Il primo motivo deve essere pertanto respinto.

6.- Il secondo motivo deve ritenersi inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Il ricorrente non riporta, infatti, nel ricorso i capitoli di prova testimoniale di cui lamenta la mancata ammissione, non consentendo così a questa Corte la possibilità di un riscontro effettivo in ordine alla decisività delle circostanze di fatto che formavano oggetto delle richieste istruttorie e, correlativamente, alla correttezza ed alla sufficienza della motivazione della sentenza su questo punto.

7.- Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui lamenta un vizio di omessa pronuncia, che avrebbe dovuto essere fatto valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e non sotto il profilo della violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) ovvero come vizio della motivazione, riconducibile al n. 5 del citato art. 360 c.p.c. (cfr., ex plurimis Cass. n. 26598/2009, Cass. n. 1196/2007), ed è comunque infondato, perchè, avendo la Corte territoriale escluso l’esistenza di un qualsiasi contributo causale dell’evento infortunistico al peggioramento di una situazione patologica preesistente, non avrebbe potuto di certo affermare un effetto, anche minimamente accelerativo, del trauma infortunistico sulla preesistente patologia da cui era affetto l’assicurato.

8.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza (trattandosi di procedimento incardinato in epoca successiva al 2 ottobre 2003, è applicabile ratione temporis l’art. 152 disp. att. c.p.c., come sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. in L. n. 326 del 2003).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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