Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29234 del 20/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/10/2021, (ud. 05/10/2021, dep. 20/10/2021), n.29234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – rel. Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

L.D., rappr. e dif. dall’avv. Antonio Gregorace, elett.

dom. presso il suo studio in Roma, via della Giuliana n. 32, come da

procura in calce all’atto;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui Uffici è

domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– costituito –

per la cassazione del decreto Trib. Venezia 13.2.2020, n. 1907/2020,

R.G. 2171/2019;

udita la relazione della causa svolta dal Presidente relatore Dott.

Massimo Ferro alla camera di consiglio del 5.10.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. L.D. impugna il decreto Trib. Venezia 13.2.2020, n. 1907/2020, R.G. 2171/2019 che ha rigettato il ricorso contro il provvedimento della competente Commissione territoriale (del 13.2.2019, notificato il 14.2.2019), la quale aveva dichiarato inammissibile la domanda di protezione internazionale, inoltrata senza produrre documenti nuovi rispetto ad altra, parimenti rigettata nel merito il 22.12.2015 e con conferma in sede giurisdizionale;

2. il tribunale, per quanto qui d’interesse, ha ritenuto: a) applicabile alla fattispecie il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, nel testo vigente a seguito del D.L. n. 133 del 2018 (conv. nella L. n. 132 del 2018), dunque respingendo il preteso vizio del procedimento per omessa comunicazione della facoltà di presentare osservazioni entro 3 giorni sull’ammissibilità della domanda valutata in via preliminare come reiterata e non nuova, trattandosi di norma nel frattempo abrogata; b) insussistenti gli elementi nuovi, in punto di b.1.) credibilità del richiedente (il cui racconto, fondato sul timore di essere vittima di stregoneria, non era stato condiviso dalla Commissione); b.2.) difetto di interpretazione del narrato (trattandosi, al più, di limite che poteva essere fatto valere nel primo procedimento giurisdizionale, successivo alla fase amministrativa); b.3.) non rilevante la situazione in Mali, per la regione di Sikasso (per il quale già le prime decisioni avevano escluso il conflitto armato, situazione negativa confermata da fonti aggiornate); b.4.) non rilevante la condizione di salute (per difetto di prova che il relativo stato non potesse essere fatto valere nella prima vicenda giustiziale);

3. il ricorso è su quattro motivi; ad esso resiste il Ministero che si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il ricorso si contestano: a) violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, per avere erroneamente il tribunale negato novità agli elementi addotti con la seconda domanda, in punto di situazione aggravata in Mali e condizioni di salute; b) vizio di motivazione sul narrato già esposto dal richiedente e relativo alle ragioni di allontanamento dal Mali; c) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per erroneo diniego della protezione sussidiaria, avendo riguardo a un quadro preoccupante della situazione in Mali, fonte di insicurezza individuale da conflitto armato; d) violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, come riformato, in relazione al diniego della protezione umanitaria per casi speciali, “stante il documentato disagio psicologico del ricorrente”;

2. i motivi sono singolarmente inammissibili, nonché per plurimi profili comuni; tutti e quattro hanno invero cumulato in modo indistinto violazioni di norme eterogenee ovvero richiamate in modo non specifico, oltre tutto in una sostanziale censura che, in gran parte, attiene alla motivazione (Cass. s.u. 8053/2014);

3. l’inammissibilità delle censure proposte dal ricorrente, giustificando la conseguente preliminare reiezione del ricorso, in applicazione del criterio della ragione più liquida, esclude (conf. Cass. 22495/2021) la necessità di soffermarsi, in questa sede, sulla questione concernente l’invalidità della procura ad litem per mancanza di certificazione della data di rilascio, in conformità ad una recente pronuncia di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., 1/06/2021, n. 15177), seguita dalla rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass., Sez. III, 23/06/2021, n. 17970);

4. i primi tre motivi, da riunire in trattazione, contestano – tra l’altro in modo generico la statuizione giudiziale sull’assenza di conflitto armato, omettendo anche solo di richiamare fonti alternative, più aggiornate e specifiche (con riguardo alla zona di provenienza) e decisive, quali idonee ad incrinare le conclusioni motivate cui è giunto il decreto; il ricorrente in cassazione che deduce la violazione del dovere di cooperazione istruttoria per l’omessa indicazione delle fonti informative dalle quali il giudice ha tratto il suo convincimento, invero “ha l’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio, con la conseguenza che, in mancanza di tale allegazione, non potendo la Corte di cassazione valutare la teorica rilevanza e decisività della censura, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile” (Cass. 22385/2020, 22769/2020); tanto più che, si ripete, “la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass. 18306/2019), così come non basta un conflitto armato a cd. bassa intensità (Cass.5676/2021); né è dato scorgere quale sia il tenore dell’error in procedendo enunciato ma privo di sviluppo argomentativo e più chiara enunciazione;

5. aggiunge poi il Collegio che nel ricorso non trova luogo alcuna contestazione specifica del motivato giudizio di non credibilità già espresso all’esito della prima vicenda giustiziale anche dal tribunale, non introducendosi nessuna circostanza predicabile di autentica novità, né censurandosi in modo adeguato la valutazione di assenza di tale condizione di ammissibilità della domanda reiterata, esclusa dal tribunale laddove il decreto ha motivatamente negato che le presunte difficoltà di traduzione non potessero essere versate in atti, avanti al giudice, già nel precedente giudizio; il decreto appare così rispettoso del principio, cui dare continuità, per il quale, “i “nuovi elementi”, alla cui allegazione il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 29, lett. b), subordina l’ammissibilità della reiterazione della domanda di riconoscimento della tutela, possono consistere, oltre che in nuovi fatti di persecuzione o comunque costitutivi del diritto alla protezione stessa, successivi al rigetto della prima domanda da parte della competente commissione, anche in nuove prove dei fatti costitutivi del diritto, purché il richiedente non abbia potuto, senza sua colpa, produrle in precedenza innanzi alla commissione in sede amministrativa, né davanti al giudice introducendo il procedimento giurisdizionale di cui al D.Lgs. citato, art. 35″ (Cass. 5089/2013, 18440/2019); proprio tale onere non risulta esser stato assolto dal richiedente;

6. il quarto motivo, al pari del pertinente profilo del primo e per come inerente alla salute, è inammissibile; esso, invero, appare del tutto sfornito di specificità, nemmeno riportando o allegando per tratti essenziali la documentazione medica che avrebbe attestato, per un verso, le “problematiche psicologiche” in cui sarebbe incorso il richiedente e, per altro, il bisogno di “cure mediche” altrettanto genericamente prospettato; né appare idoneamente censurata la precisa ratio decidendi di pag. 8 del decreto, ove si richiama la circostanza di un malessere già considerato in sede di audizione 27.1.2017 ed evidentemente non ritenuto decisivo per la protezione umanitaria richiesta, oltre che non nuovo in sede di esame della domanda reiterata ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 29 comma 1, lett. a) e comma 1-bis;

7. più in particolare, l’inammissibilità è riferibile anche alla contestazione del diniego di tutela ai sensi della L. 6 marzo 1998, n. 40, ex novellato art. 19, nel testo ratione temporis vigente; il motivo infatti, per il richiamato grave limite di specificità, non descrive in alcun modo – già ai sensi dell’art. cit., comma 2, lett. d-bis) – lo stato di salute del richiedente, omettendo ogni riferimento alla documentazione medica attestativa del medesimo e alla connessione con un rilevante pregiudizio derivabile dall’ipotesi dei rimpatrio;

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021

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