Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29234 del 12/11/2019

Cassazione civile sez. II, 12/11/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 12/11/2019), n.29234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21653-2015 proposto da:

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DON

LUIGI STURZO 9, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI NAPPI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO D’ARGENZIO;

– ricorrente –

contro

B.E., V.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3671/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/06/2019 dal Consigliere ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto di ricorso è la sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 4 giugno 2014, che ha rigettato l’appello proposto da B.V. avverso la sentenza del Tribunale di Latina n. 2149 del 2006 e nei confronti di B.E. e di V.A., anche in qualità di eredi di V.A..

1.1. Il Tribunale, previo rilievo della carenza di legittimazione passiva di V.A., aveva dichiarato prescritto il credito di Euro 2.592,30 per compensi professionali in riferimento ad una pratica di condono edilizio azionato dall’ing. B., e inammissibile la domanda subordinata di condanna a titolo di arricchimento senza causa. In particolare, il Tribunale aveva rilevato che non vi era prova che l’ing. B. avesse svolto, in epoca successiva al (OMISSIS), attività finalizzata al condono del fabbricato sito in (OMISSIS), di proprietà della convenuta, e che non risultavano atti interruttivi della prescrizione fino al (OMISSIS).

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza B.V., sulla base di un motivo articolato in più censure. Non hanno svolto difese in questa sede gli intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico, articolato motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, artt. 2727,2729,2938 e 2935 c.c., art. 2956 c.c., n. 2, art. 2959 c.c., art, 2957 c.c., comma 2, artt. 85,99 e 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c..

2. Le doglianze sono complessivamente infondate.

2.1. In tesi del ricorrente, l’attività professionale sarebbe proseguita fino al rilascio della concessione in sanatoria (1995), e non era dirimente l’assenza di atti a sua firma successivi al 1993, in quanto egli aveva continuato ad assistere la sig.ra B., firmataria degli atti in quanto parte interessata al provvedimento.

Per contro la Corte d’appello ha osservato come già il Tribunale, che l’assunto era rimasto sfornito di prova, tanto più alla luce della plausibilità della difesa avversaria, secondo cui la pratica di condono era stata seguita dal figlio della sig.ra B., V.A., nel frattempo diventato ingegnere.

2.2. In questa sede il ricorrente contesta che erroneamente i giudici di merito l’avrebbero onerato di fornire la prova di avere svolto attività in epoca successiva al 1993, ma non si vede in cosa consista l’errore denunciato. La convenuta aveva eccepito che dopo il 1993 l’ing. B. non aveva svolto alcuna attività, e che, essendo decorsi oltre tre anni in assenza di atti interruttivi della prescrizione, il credito azionato era prescritto. Il Tribunale prima e la Corte d’appello poi si sono limitati a rilevare che, in effetti, non risultavano atti a firma del suddetto professionista dopo il 1993 e, in tale contesto, era sicuramente onere dell’ingiungente dimostrare di aver prestato attività in epoca successiva al 1993 ovvero di avere interrotto la prescrizione.

2.3. Ulteriormente, il ricorrente si duole che sia stato applicato dell’art. 2957 c.c., il comma 2 concernente il decorso del termine di prescrizione del diritto al compenso per gli affari non terminati – peraltro riferibile soltanto agli avvocati – mentre, nella specie, il termine doveva farsi decorrere dal compimento della prestazione, che coincideva con il rilascio della concessione in sanatoria.

La doglianza è priva di fondamento.

Come si legge nella sentenza impugnata (pag. 5), alla base della decisione vi è l’accertamento dell’avvenuta cessazione del rapporto nel 1993, donde la conseguenza necessitata che da tale data avesse iniziato a decorrere il termine di prescrizione triennale previsto per le prestazioni d’opera intellettuale, secondo la regola generale (tra le molte, Cass. 03/08/1992, n. 9221), essendo peraltro irrilevante il richiamo alla fattispecie regolata dall’art. 2957 c.c., comma 2.

2.4. Quanto, infine, alla plausibilità della tesi difensiva della convenuta, secondo cui la pratica di condono edilizio sarebbe stata seguita dal figlio, diventato nel frattempo ingegnere, il ricorrente neppure riferisce di averla contestata nei giudizi di merito, mentre la valutazione formulata dalla Corte d’appello non risulta manifestamente illogica e pertanto non è sindacabile sotto il profilo del vizio di motivazione (ex plurimis, Cass. 05/07/2017, n. 16502; Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053).

3. Al rigetto del ricorso non fa seguito pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva degli intimati. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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