Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2923 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 10/02/2010), n.2923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MANGILI 3,

presso lo studio dell’avvocato MAROTTA OTTAVIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CHIOCCHINI ALBERTO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PONSACCO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE 7, presso lo studio dell’avvocato

BERLIRI CLAUDIO, che lo rappresenta e difende con procura speciale

notarile del Not. Dr. ANGELO D’ERRICO di PISA, rep. n. 29750 del

30/11/2005;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/2004 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 30/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2009 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il resistente l’Avvocato BERLIRI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

B.D. impugnava gli avvisi di accertamento e liquidazione dell’imposta comunale sugli immobili emessi il 27. 10.

2002 dal Comune di Ponsacco per gli anni di imposta 1998 e 1999 sostenendo che la pretesa impositiva era prescritta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 e che l’immobile, in quanto fatiscente, non era utilizzabile in conformità della destinazione catastale (OMISSIS) stabilita dal P.R.G. del 22.5.1991 salvo non pretendibili perchè troppo onerose opere di ristrutturazione.

Poichè nel 2002 le tariffe di estimo del Comune di Ponsacco erano state ridotte chiedeva che le nuove aliquote fossero retrodatate agli anni in contestazione. La CTP accoglieva il ricorso attribuendo all’immobile la categoria catastale (OMISSIS). La CTR della Toscana accoglieva l’impugnazione dell’Ufficio. Il contribuente ricorre avverso la sentenza d’appello deducendo violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed omesso esame di punti decisivi.

Il Comune di Ponsacco resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI

La CTR ha osservato che non rientrava nei poteri del giudice tributario modificare la categoria catastale attribuita dall’Amministrazione finanziaria e che l’imposta era stata correttamente applicata dal Comune in base alle rendite in vigore al primo gennaio degli anni in riferimento. Le circostanze allegate dal contribuente avrebbero da questo dovuto farsi valere domandando all’U.T.E. una diversa classificazione dell’immobile.

Col primo motivo di ricorso si lamenta “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3” Si deduce che la contestazione non concerneva il classamento dell’immobile, ma la impossibilità di utilizzare il bene in conformità alla destinazione catastale che gli era stata attribuita in base al P.R.G. del 22.5.1991 ed alla variante approvata nell’aprile 1998.

L’immobile, anche perchè fatiscente, non era idoneo ad attività di “residenza, commercio, uffici, pubblico spettacolo ed esercizi pubblici”, ed anche la concreta destinazione a “laboratorio artigianale” avrebbe richiesto una troppo costosa ristrutturazione.

L’unica destinazione possibile era dunque quella di magazzino.

Col secondo motivo si deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 5, che la CTR non avrebbe inoltre esaminato gli altri profili di impugnazione degli avvisi, riproposti con l’appello, concernenti in specie la decadenza dal potere di accertamento dell’imposta D.Lgs. n. 504 del 1972, ex art. 11 e la applicazione retroattiva dei nuovi estimi che era stata invocata in via subordinata col ricorso di primo grado.

I motivi sono entrambi inammissibili.

Il primo perchè non contiene “la indicazione delle norme di diritto su cui si fonda” (art. 366 c.p.c., n. 4). Il secondo perchè deduce vizio di motivazione non su punti di fatto decisivi per il giudizio, ma su questioni di diritto, la cui erronea o omessa considerazione potrebbe rilevare solo come violazione di legge (ex art. 360 c.p.c., n. 3, e non art. 360 c.p.c., n. 5).

Le spese del giudizio debbono seguire la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio liquidate in Euro 1.700, 00, di cui Euro 1.500, 00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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