Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29228 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 21/12/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 21/12/2020), n.29228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

K.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA CANNATA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE SALERNO SEZIONE DI

NAPOLI 1, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 10050/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 18/12/2019 r.g.n. 4130/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/09/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con decreto depositato in data 18/12/2019 il Tribunale di Napoli respingeva il ricorso proposto da K.D., cittadino ivoriano, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale, volto a conseguire il riconoscimento dello status di rifugiato politico, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e ss. o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, dopo aver sottolineato le incongruenze presenti nel racconto del migrante, riteneva che non fossero emersi elementi da cui fosse possibile trarre la conclusione che la vita del migrante potesse essere in pericolo in caso di rimpatrio, rimanendo così precluso l’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria formulata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

il Collegio di merito escludeva poi la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), atteso che, alla stregua delle notizie acquisite, la situazione del paese di origine non era caratterizzata da una generalizzata e indiscriminata violenza derivante da conflitto armato; nè era stata allegata alcuna situazione di pericolo cui il richiedente sarebbe stato esposto al rientro in Patria;.

infine, rispetto alla richiesta di protezione umanitaria, il Tribunale riscontrava la carenza dei fattori soggettivi di vulnerabilità, quali l’età del richiedente, le sue condizioni di salute e la sua vita anteatta, neanche assumendo rilievo l’esperienza negativa vissuta nella Libia, paese di transito;

ricorre per cassazione avverso questa pronuncia la parte soccombente al fine di far valere tre motivi di impugnazione;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in quanto il Tribunale avrebbe fondato la propria valutazione negativa in ordine alla credibilità delle dichiarazioni del ricorrente su parametri diversi da quelli normativi, tralasciando di considerare i riscontri oggettivi relativi alla situazione generale esistente nel paese di origine, ritenuta ad alto potenziale di criminalità politica e comune;

2. il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto il Tribunale, chiamato a verificare la presenza di una condizione di vulnerabilità da proteggere alla luce degli obblighi costituzionali e internazionali gravanti sullo Stato italiano, avrebbe omesso di considerare diritti coinvolgenti la sfera personale e umana del migrante, quali il diritto alla salute e all’alimentazione, alla luce del percorso di integrazione compiuto nel contesto sociale del paese di accoglienza; il ricorrente assume che il Tribunale non abbia valorizzato, ai fini del riconoscimento della protezione. umanitaria, la situazione esistente nel paese di origine, inidonea a garantire il suo diritto alla salute e all’alimentazione;

3. il terzo motivo prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte d’appello erroneamente affermato che il paese di provenienza del ricorrente non presentasse particolari problematiche, spettando al giudice il compito di cooperare nell’accertamento delle condizioni che consentono allo straniero di godere della protezione internazionale, acquisendo anche d’ufficio le informazioni necessarie in virtù del principio del cd. onere probatorio attenuato; ci si duole altresì che il giudicante abbia del tutto omesso ogni forma di valutazione del contratto di lavoro subordinato e modello Unilav trasmessi all’Inps e depositati in atti attestante che il ricorrente aveva dimostrato di avere “intrapreso in Italia un significativo percorso di integrazione sociale”;

4. il ricorso è fondato e va accolto entro i termini che si vanno ad esporre;

deve infatti rimarcarsi che, secondo i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, da ribadirsi in questa sede, in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2017, ex art. 14, lett. c), il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel Paese d’origine del richiedente va esercitato dando conto,. nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo che sia possibile verificarne anche l’aggiornamento;

rispetto alle ipotesi di pericolo integrante la protezione ‘sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b) e c) il giudice del merito è tenuto ad un aggiornamento informativo riferito alla situazione attuale al fine di verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente ed astrattamente sussumibile in entrambe le tipologie tipizzate di rischio, sia sussistente al momento della decisione (vedi in motivazione Cass. 16/7/2015 n. 14998);

il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale o umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. (Country of origin information) ed altre informazioni relative alla condizione interna del Paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione, in funzione della loro oggettiva notorietà, è censurabile in sede di giudizio di legittimità (vedi, ex plurimis, Cass. 16/7/2020 n. 15215);

è bene inoltre rammentare che detto esercizio officioso del potere d’indagine riservato al giudice della protezione internazionale, neanche trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (cfr. Cass. 6/7/2020 n. 13940, Cass. 29/5/2020, n. 10286; Cass. 24/5/2019 n. 14283; Cass. 25/7/2018 n. 19716; Cass. 28/06/2018 n. 17069; Cass. 16/7/2015 n. 14998);

orbene, nello specifico il Tribunale ha disatteso i summenzionati principi, avendo escluso la sussistenza di un pericolo per il ricorrente di essere esposto alle conseguenze di una violenza indiscriminata nel proprio paese di origine (Costa d’Avorio) – in particolare, facendo riferimento all’area periferica di Abijan, luogo di provenienza del ricorrente, in cui erano cessati dalla fine del 2017 i disordini determinati dalle rivendicazioni dei militari ivoriani – “sulla base di notizie di pubblico dominio”;

si tratta di un riferimento del tutto generico che non consente di ritenere rispettato l’onere di cooperazione istruttoria definito dai richiamati dicta e gravante sul giudice del merito il quale, nel pervenire alla definizione del proprio convincimento, non ha attinto a fonti informative aggiornate ed autorevoli, limitandosi a fare generico riferimento a dati acquisiti.alla comune conoscenza, così non consentendo lo scrutinio della loro attendibilità e fondatezza mediante l’esatta individuazione della fonte di conoscenza e il controllo sul contenuto delle informazioni acquisite.

Alla stregua delle sinora esposte argomentazioni, il ricorso deve essere accolto quanto al profilo descritto, con assorbimento di quelli ulteriori;

la sentenza va cassata con rinvio al Tribunale designato in parte dispositiva, il quale provvederà a scrutinare la fattispecie devoluta alla luce dei principi enunciati, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la pronuncia impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del. presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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