Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29224 del 28/12/2011
Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29224
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 383/2010 proposto da:
EDIL TAGLIO CEMENTO S.R.L. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CESARE NERAZZINI 5, presso lo studio dell’Avvocato PAZIENZA MICHELE,
rappresentata e difesa dall’Avvocato TARABINI Dino giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 86/27/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di MILANO, del 19/09/2008 depositata il 10/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“In fattispecie di recupero di aiuti di Stato ex L. n. 29 del 2006, con sentenza del 3 settembre 2008, la CTR-Lombardia ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, confermando i provvedimenti con i quali l’Ufficio aveva revocato, per effetto della decisione delle Commissione Europea n. 2005/315/CE, le agevolazioni già concesse a Edil Taglio Cemento s.r.l. D.L. n. 282 del 2002, ex art. 5 sexies, e sanzionato l’omessa presentazione degli elementi accessori per la determinazione di tale aiuto e la restituzione dell’aiuto stesso.
La soc. contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo; l’amministrazione resiste con controricorso.
La ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la commissione tributaria regionale ha errato nella ermeneutica ed applicazione della L. 25 gennaio 2006, n. 29, art. 24. Il mezzo è viziato dall’assoluta inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c., nella parte in cui prevede che, nei casi previsti dall’art. 360, n. 3, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel ricorso in esame, non solo manca del tutto la prescritta formulazione conclusiva, ma manca persine graficamente qualsivoglia riferimento ad un quesito di diritto vero e proprio. E’, infatti, inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass. Sez. U., Sentenza n. 7258 del 26/03/2007). Nè il quesito di diritto può essere desunto dal contenuto del motivo, poichè, in un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20409 del 24/07/2008). Conseguentemente il ricorso può essere deciso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1”.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti e che queste non hanno presentato memorie;
osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta inammissibilità del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione;
considerato che, disatteso il ricorso, da ciò consegue anche la condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in 1.600,00 Euro per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011