Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29223 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 39/2010 proposto da:

BIEFFE HELMETS S.R.L. IN LIQUIDAZIONE C.F. (OMISSIS), in persona

del liquidatore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALLISNERI 11,

presso lo studio dell’Avvocato PACIFICI Paolo, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati MENICHETTI FABIO, GUERRINI ELIDO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 272/29/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE, del 14/10/2008 depositata il 18/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“In fattispecie d’imposte dirette ed Iva per un valore complessivo di circa Euro 520 mila con sentenza del 3 settembre 2008, la CTR-Lazio ha rigettato l’appello di Bieffe Helmets nei confronti dell’Agenzia delle entrate, confermando la sentenza della CIP di Lucca n. 56/06/2006.

La soc. contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; l’amministrazione resiste con controricorso.

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione cerca un fatto controverso e decisivo per il giudizio – art. 360, comma 1, n. 5 in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55 e art. 2729 c.c., violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, nonchè correlativo difetto di motivazione.

Con il secondo motivo, denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 395 c.p.c., n. 5 e art. 372 c.p.c..

Entrambi i mezzi sono palesemente inammissibili:

a. Il secondo è viziato dall’assoluta inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c., nella parte in cui prevede che, nei casi previsti dall’art. 360, n. 3, “l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto”. Nel ricorso in esame, non solo manca del tutto la prescritta formulazione conclusiva, ma manca persino graficamente qualsivoglia riferimento ad un quesito di diritto vero e proprio. E, infatti, inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7258 del 26/03/2007). Nè il quesito di diritto può essere desunto dal contenuto del motivo, poichè, in un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20409 del 24/07/2008).

b. Inoltre, le censure motivazionali di cui al primo mezzo trascurano che, nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere accompagnato da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; il motivo, cioè, deve contenere – a pena d’inammissibilità un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Sez. U, n. 12339 del 2010). Nulla di tutto ciò è leggibile nel caso di specie.

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti e che queste non hanno presentato memorie;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta inammissibilità del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione;

considerato che, disatteso il ricorso, da ciò consegue anche la condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.000,00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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