Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29221 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24917/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore

Centrale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE 2000 S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 357/1/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, del 5/05/2008 depositata il 22/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2011 dal Presidente Relatore Dott. CARLO PARMEGGIANI;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite:

“La Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con un motivo, avverso la sentenza n. 357/1/08 in data 5-5-2008 depositata il 22-9-2008 confermativa della sentenza della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso di Immobiliare 2000 s.r.l. avverso il provvedimento di diniego di definizione di ritardati e/o omessi versamenti ai sensi della L. n. 289 del 2000, art. 9 bis, sul rilievo che la contribuente aveva omesso di versare una rata dell’importo dovuto.

La società non svolge attività difensiva.

Deduce l’Ufficio violazione della L. n. 282 del 2002, art. 9 bis, in quanto la Commissione di appello aveva ritenuto che la norma in questione, al pari della altre ipotesi previste dalla legge citata, comportasse il perfezionamento del condono con il pagamento della prima rata, sicchè il mancato pagamento delle successive non determinava la decadenza del beneficio, bensì il diritto dell’Amministrazione al recupero anche coattivo degli importi non corrisposti.

Sostiene l’Ufficio che tale interpretazione confligge con il carattere particolare di questa forma di condono, che contrariamente alle altre concerne il mancato versamento di imposte già dichiarate dal contribuente e consente unicamente di evitare le sanzioni normalmente conseguenti, sicchè non può ammettersi che il beneficio sia conseguito in assenza di integrale pagamento degli importi non versati.

Il ricorso è palesemente fondato. E’ infatti giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (v. per tutte Cass. n. 20745 del 2010) che “il condono previsto alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se integrale, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive.” La sentenza impugnata non ha fatto buon governo di tale principio e deve quindi essere cassata, con possibilità di decisione nel merito conforme all’assunto dell’Ufficio.

Si propone quindi la trattazione in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata;

che, non essendo necessari nuovi accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con reiezione del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove si compensano le spese delle fasi di merito per contrasti giurisprudenziali in detta fase.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna lo stesso alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese delle fasi di merito.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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