Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29217 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23149/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

OTTOGAS S.R.L. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE 154, presso lo studio dell’Avvocato LUIGI GIULIANO, che la

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato PAUDICE CARMINE, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 58/48/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, del 24/04/2008 depositata il 02/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2011 dal Presidente Relatore Dott. CARLO PARMEGGIANI;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite:

“La Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con un motivo, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 58/48/08, pronunciata il 24-5-2008, depositata in data 2-10-2008, confermativa della sentenza della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso di Ottogas s.r.l., avverso il diniego di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, relativo ad omessi versamenti relativi agli anni 2000 e 2001, fondato sul rilievo che non era condonabile ad avviso dell’Ufficio ai sensi della L. n. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45, il mancato versamento di una rata relativa ad una precedente dichiarazione tesa ad usufruire del condono di cui al citato art. 9 bis.

La contribuente resiste con controricorso.

Con l’unico motivo la Agenzia deduce violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, in relazione alla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45, esponendo in fatto che la contribuente aveva aderito al condono di cui all’art. 9 bis citato facendo istanza di pagamento delle imposte dovute e non versate con gli interessi di legge e senza sanzioni, optando per la rateizzazione delle somme dovute, omettendo di pagare una rata; aveva quindi utilizzato la estensione del beneficio alla data dell’1-1-2004 di cui alla L. n. 350 del 2003, inserendo quale mancato versamento di imposta la rata omessa; la CTR aveva ritenuto legittimo tale modo di operare, ritenendo che “i versamenti che scaturiscono da provvedimenti agevolativi non sono altro che imposte non pagate in precedenza” e quindi suscettibili di rientrare nel nuovo provvedimento di condono di cui alla L. n. 350 del 2003.

Afferma la Agenzia che il mancato versamento di una rata di condono non è assimilabile ad un mancato pagamento di una imposta e di una ritenuta, e quindi non è a sua volta condonabile.

Il motivo è palesemente fondato.

E’ principio giurisprudenziale consolidato che “il condono previsto alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate della L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se integrale, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive” (Cass. n. 20745 del 2010).

Ne deriva che a seguito del mancato pagamento di una rata il beneficio fiscale, consistente peraltro nella mancata irrogazione delle sanzioni per l’omesso versamento di una imposta la cui debenza è certa per dichiarazione dello stesso contribuente, non si realizza. Tale effetto è immediato con l’infruttuoso decorso del termine per il versamento della rata, ed appare definitivo e non altrimenti emendabile. In particolare, la L. n. 350 del 2003, al comma 45, non prevede una nuova ipotesi di condono, ma si limita ad estendere in senso cronologico il precedente, portando la applicabilità della disposizione di cui al citato art. 9 bis ai mancati pagamenti di imposte e ritenute commessi entro il 1-1-2004.

A tale proposito è evidente che il versamento di una rata del corrispettivo per ottenere il beneficio della esclusione delle sanzioni previste per il mancato pagamento di una imposta dovuta non è in alcun modo assimilabile ad una obbligazione fiscale per il pagamento di una imposta, costituendo non già un obbligo del contribuente ma semplicemente un onere cui è subordinato l’ottenimento di un trattamento agevolativo; ed infatti l’omesso versamento della rata non determina altra sanzione che la decadenza dalla agevolazione richiesta. Tale effetto si è già verificato, ed il versamento tardivo della rata non è suscettibile di operare la reviviscenza del diritto, rimanendo estraneo alla estensione dei termini successivamente disposta per fruire dello stesso beneficio, la cui applicazione è limitata ad ipotesi di mancati versamenti di imposte ulteriori e diverse da quelle per cui il condono è già stato (infruttuosamente) richiesto.

In sostanza, il “condono di condono” non è ammissibile, e peraltro anche ponendosi nell’ottica del contribuente un beneficio consistente nella esenzione da una sanzione per omesso versamento di una imposta, oggetto della proroga di legge, non può tradursi in un beneficio fiscale ben diverso, consistente secondo la intenzione del contribuente in una “rimessione in termini” per l’ottenimento di una agevolazione fiscale ormai perenta; nè tale variazione di natura può essere conseguente alla osservazione di fatto della CTR che la rata non versata costituiva a sua volta versamento tardivo di una imposta dovuta.

Il ricorso appare pertanto palesemente fondato, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e possibilità di decisione nel merito.

Si propone pertanto la trattazione in Camera di consiglio”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che le osservazioni di cui alla memoria depositata dal contribuente non meritano accoglimento, atteso che nella specie non può essere invocato il principio dell’affidamento incolpevole del contribuente in quanto nessuna disposizione e circolare della Amministrazione tra cui quella richiamata n. 22/E72003 dichiarava la irrilevanza del pagamento tardivo ai fini del perfezionamento del condono, nè può esservi errore scusabile in caso di violazione conclamata dei termini di pagamento previsti dalla norma di agevolazione fiscale; che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata;

che, non essendo necessari nuovi accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con reiezione del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove si compensano le spese delle fasi di merito per contrasti giurisprudenziali in detta fase.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna lo stesso alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese delle fasi di merito.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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