Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29215 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2020, (ud. 25/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21246-2019 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 140, presso lo studio dell’avvocato LUCA TROIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO GURRIERI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6/13/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

03/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

La CTR della Sicilia respingeva l’appello proposto da R.G. avverso la pronuncia della CTP di Ragusa con cui era stato rigettato il ricorso del contribuente relativo all’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso dei tributi versati per gli anni 1990,1991 e 1992 sul presupposto della mancata dimostrazione del versamento dell’imposta chiesta in restituzione.

Il giudice di appello rilevava la corretta non applicazione da parte della CTP del principio di non contestazione essendo il credito dedotto in causa globalmente discusso.

Avverso tale pronuncia R.G. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

L’intimata non si è costituita.

Diritto

Considerato che:

Il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.. Lamenta in particolare che l’Amministrazione finanziaria non avrebbe mai contestato il versamento dell’Irpef da parte del contribuente dovuto per il triennio 1990-1992 limitandosi a contestare l’applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, nei riguardi di coloro che avevano estinto il loro debito.

Il motivo è inammissibile.

Giova infatti rilevare che l’art. 115 c.p.c. (così come quella di cui al successivo art. 116 c.p.c.) trova il suo fondamento nel principio del libero convincimento del giudice e, pertanto, opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle relative regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e neppure una violazione di legge, riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 3, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012. (Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940,; Cass. nr. 26185/2019).

Avendo il ricorrente argomentato solo sotto il profilo della violazione di legge, senza neppure indicare la ricorrenza dei presupposti di un vizio motivazionale, ed in particolare sul se ed in che termini il “fatto” non considerato sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti, tale profilo di censura risulta inammissibile.

Nessuna determinazione in punto spese stante la mancata costituzione della parte intimata.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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