Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29215 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. II, 13/11/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 13/11/2018), n.29215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8828/2015 proposto da:

D.V.G., D.V.V., elettivamente domiciliati

in Roma, V.Le Giulio Cesare 223, presso lo studio dell’avvocato Vito

Castronuovo, rappresentati e difesi dall’avvocato Mariano Orenga;

– ricorrenti –

contro

L.M.R., P.L., elettivamente domiciliati in

Roma, Via Di Torre Argentina, 47, presso lo studio dell’avvocato

Giovanni Caprara, rappresentati e difesi dall’avvocato Filippo

Rautiis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 28/2014 della Corte d’appello di Potenza,

depositata il 29/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/10/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dalla domanda proposta da L.M. e P.L. al fine di conseguire la tutela possessoria nei confronti di D.V.G. e V. e, nello specifico, la rimozione di pali in legno ed il conseguente risarcimento dei danni;

– il Tribunale di Lagonegro, al termine del “merito possessorio” accoglieva la domanda;

– proponevano appello nei confronti della sentenza di primo grado i soccombenti D.V.;

– tuttavia, gli attori appellati eccepivano in via preliminare l’inammissibilità dell’impugnazione: deducevano, in particolare, che la sentenza di primo grado n. 210/2011, depositata il 27 settembre 2011, era da loro stata notificata presso la cancelleria del Tribunale di Lagonegro in quanto le controparti, con il loro difensore avevano in primo grado eletto domicilio presso lo studio legale di Salerno, ossia fuori dal circondario del Tribunale di Lagonegro, omettendo al contempo di indicare un indirizzo PEC cui spedire le comunicazioni; ritenevano, pertanto, che l’ammissibilità dell’appello dovesse essere valutata con riferimento al termine breve per impugnare e non quello di cui all’art. 327 c.p.c., sicchè, attesa la notifica della sentenza avvenuta il 4/1/2012, doveva ritenersi ispirato in data 3/2/2012 il termine breve per l’impugnazione;

– con sentenza n. 28 depositata il 29 gennaio 2014 la Corte d’appello di Potenza dichiarava, in accoglimento dell’eccezione degli appellati, l’inammissibilità dell’appello e compensava integralmente le spese di lite;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da D.V.G. e V. con ricorso notificato il 16 marzo 2015 ed articolato sulla base di tre motivi cui resistono con controricorso L.M.R. e P.L.; considerato che:

– con il primo motivo i ricorrenti censurano, sotto diversi profili ed in relazione agli art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la pronuncia gravata laddove aveva concluso per la ritualità della notifica della sentenza effettuata ai soccombenti presso la cancelleria del Tribunale di Lagonegro sul presupposto che la variazione del domicilio, risultante da un atto “spillato” in calce alla memoria di replica ed acquisita solo dalla cancelleria (che aveva provveduto a comunicare presso tale nuovo domicilio il dispositivo della sentenza), non potesse essere opposta alla controparte;

– il motivo è infondato con riguardo a tutti i parametri dedotti poichè la Corte d’appello ha fatto applicazione del consolidato principio giurisprudenziale in tema di notificazione delle impugnazioni e secondo il quale, qualora la parte si sia costituita in un procedimento che si svolga fuori della circoscrizione cui è assegnato il proprio procuratore, e questi abbia provveduto ad eleggere domicilio nel luogo del procedimento medesimo, il sopravvenuto mutamento di tale domicilio è valido ed operante, al fine della notificazione presso il nuovo indirizzo dei successivi atti del processo, ivi incluso l’atto d’impugnazione, alla duplice condizione che il procuratore assuma un’iniziativa idonea a portare a conoscenza della controparte detto mutamento e che tale iniziativa si esteriorizzi in modo formale, con una dichiarazione esplicita, contenuta nel verbale d’udienza, o con la notificazione di apposito atto (cfr. Cass. 6664/1984; id. 2358/2010; id. 6389/2015);

– in applicazione di tale principio correttamente la corte d’appello ha ritenuto che il mancato riferimento nel corpo della memoria di replica al mutamento di domicilio, indicato soltanto in un documento separato e semplicemente “spillato” all’atto processuale, non garantisse alla controparte la legale conoscenza dell’evento modificativo;

– il secondo motivo, con cui si deduce la nullità della sentenza di primo grado in relazione all’art. 360 comma 1, n.4 cod. proc. civ. e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è infondato atteso che la progressione numerica dei vari paragrafi della sentenza non presenta alcuna interruzione od incompletezza;

– il terzo motivo, con cui si denuncia il vizio di violazione degli artt. 1170 e 2697 c.c., nonchè il vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, appare assorbito dal rigetto del primo motivo riguardante la declaratoria di inammissibilità dell’appello;

– in considerazione dell’esito l’esito sfavorevole dei motivi, il ricorso è rigettato e, in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti e liquidate in Euro 2200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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