Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29212 del 06/12/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/12/2017, (ud. 20/09/2017, dep.06/12/2017),  n. 29212

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Il Tribunale di Bolzano, con la sentenza n. 864/09, depositata il 15.7.2009, respingeva le domande proposte da F.A. nei confronti del Condominio (OMISSIS) e di M.V., quale titolare dell’impresa individuale Mult-Edile 68 e con l’intervento in causa, su istanza della Mult-Edile 68, dell’Assitalia Assicurazioni spa, aventi ad oggetto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, nonchè ad effettuare le necessarie riparazioni,in relazione ai danni subiti a seguito dell’esecuzione dei lavori commissionati dal Condominio all’impresa Mult-Edile 68.

La Corte d’Appello di Trento sez. stacc. di Bolzano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bolzano, ha invece condannato il Condominio al pagamento, a titolo di risarcimento del danno in favore di F.A., dell’importo di 3.000,00 Euro, oltre ad interessi.

La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ritenuto provato il nesso causale tra l’esecuzione dei lavori effettuati su incarico del Condominio e le infiltrazioni lamentate dal F., ha ritenuto sussistente la responsabilità del solo Condominio ex art. 2051 c.c.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, illustrati da successiva memoria, il Condominio (OMISSIS).

Il F. non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.

Il P.G. dott. Luigi Salvato ha concluso ex art. 380 bis c.p.c. per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo il Condominio denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 183 e 112 c.p.c., oltre che dell’art. 345 codice di rito, per avere la Corte territoriale omesso di affermare la “novità” della domanda ex art. 2051 c.c., ritualmente spiegata dal F. nei confronti del condominio soltanto in appello.

Sia in atto di citazione che in sede di precisazione delle conclusioni, il F. aveva infatti chiesto la condanna in solido del Condominio, quale committente, e del M. quale titolare dell’impresa appaltarice, per il danno derivante dalla esecuzione di lavori su parti comuni dell’edificio.

Il motivo è fondato.

La censura sollevata dai ricorrenti impone alla Corte l’esame degli atti processuali, dovendo essere qualificata come censura di error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), ancorchè sia stata erroneamente indicata la diversa ipotesi di cui all’art. 360, nn. 3) e 5) (Sezioni Unite, 24 luglio 2013, n. 17931).

Risulta effettivamente dalla lettura dell’atto di citazione che la domanda risarcitoria originariamente proposta dal F. nei confronti del Condominio e di (OMISSIS), in qualità, rispettivamente, di committente ed appaltatrice, era fondata sull’esecuzione delle opere di rifacimento dei cavedi, deducendosi che dalla loro esecuzione era derivato un danno al proprio immobile.

Non sussiste dubbio, pertanto, su quale fosse, nello specifico, il fatto costitutivo invocato dal F. della pretesa risarcitoria fatta valere nei confronti del condominio, costituito dalla responsabilità in capo al Condominio per i danni derivati al suo immobile dai lavori fatti eseguire su parti comuni dell’edificio.

La domanda originaria del F. appare dunque riconducibile alla prospettata responsabilità in capo al condominio-committente per danni derivanti a terzi dall’esecuzione dell’opera, la quale, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, è ravvisabile soltanto in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti dall’art. 2043 c.c., ovvero nell’ipotesi di riferibilità dell’evento al committente stesso per “culpa in eligendo” per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l’appaltatore, in base a patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente, agendo quale “nudus minister” dello stesso (Cass. 1234/2016).

Solo nel giudizio di appello il F. ha infine invocato la responsabilità ex art. 2051 c.c. ed ha specificamente chiesto la condanna del condominio anche per l’ipotesi che le infiltrazioni risalissero ad epoca anteriore a quella di inizio dei lavori.

La sentenza impugnata, nel dare conto dei successivi passaggi, ha ritenuto di poter superare il profilo della novità della domanda ex art. 345 c.p.c., sul rilievo che l’appellante, ossia il F., non aveva modificato i fatti storici posti a fondamento della propria pretesa, nè era ravvisabile un mutamento del tema d’indagine.

Si osserva, in contrario, che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, quando l’attore abbia invocato in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell’art. 2043 c.c., il divieto di introdurre domande nuove (la cui violazione è rilevabile d’ufficio da parte del giudice) non gli consente di chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ai sensi degli artt. 2050 (esercizio di attività pericolose) o 2051 (responsabilità per cose in custodia) c.c., a meno che l’attore non abbia, sin dall’atto introduttivo del giudizio, enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata da detti articoli (Cass. 18609/2013).

In particolare, come questa Corte ha già affermato, il riferimento ad una concreta condotta colposa del danneggiante, contenuto nella domanda di risarcimento danni, esclude che la parte attrice abbia inteso richiamare la fattispecie della responsabilità da cose in custodia, essendo questa fondata sulla mera esistenza di un nesso causale tra la cosa ed il danno a prescindere dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode, ciò che preclude all’attore la possibilità di invocare, nei successivi gradi di giudizio, l’applicazione dell’art. 2051 c.c. (Cass. 4446/2014).

Orbene, nel caso di specie, la diversità del titolo di responsabilità si è tradotta nella diversità dei fatti posti a fondamento della domanda e, di conseguenza, nella diversità della prova “a discarico” che gli interessati erano chiamati a fornire.

L’attore ha infatti originariamente allegato, quale fatto costitutivo della domanda, un fattore “estrinseco”, vale a dire l’esecuzione di lavori di manutenzione “in modo assolutamente non professionale”, formulando le seguenti conclusioni in sede di atto citazione: -accertarsi e dichiararsi che a seguito dei lavori di cui è causa si sono verificate e continuano a verificarsi infiltrazioni d’acqua e di umidità nell’appartamento del geometra F. e condannarsi, conseguentemente, i convenuti ad effettuare tutte le necessarie riparazioni…”

La successiva estensione della domanda risarcitoria nei confronti del condominio alla fattispecie di responsabilità fondata sull’art. 2051 c.c., che postula la mera esistenza del nesso eziologico tra cosa (parti comuni dell’edificio) e danno, anche precedentemente ed indipendentemente dall’esecuzione dei lavori suddetti, presenta profili di assoluta novità rispetto alla prospettazione originaria, fondata sulla responsabilità derivante dall’esecuzione di opere e, quanto al condominio, sulla responsabilità ex art. 2043 c.c., ed implica, conseguentemente, un inammissibile mutamento della causa petendi.

L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo, con il quale si censura la sentenza impugnata per aver omesso di rilevare l’inammissibilità dell’impugnazione del F., per novità e difetto di specificità.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., anche in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che non fosse provato che le infiltrazioni lamentate dal F. fossero riconducibili proprio all’opera dell’appaltatrice.

Il motivo è infondato.

Conviene premettere che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 24434/2016).

Nel caso di specie la Corte d’Appello ha affermato che la Mult edile 68 aveva provveduto ad eseguire unicamente opere di copertura delle vetrate dei lucernari e dei cavedi di areazione ed illuminazione, limitandosi all’esecuzione di opere di demo-ricostruzione muraria, e non anche lavori più ampi, escludendo pertanto che fosse ravvisabile alcun nesso causale tra dette opere e le infiltrazioni lamentate dal F..

Non è dunque ravvisabile alcuna contraddittorietà tra tali statuizioni e l’esclusione di una concorrente responsabilità della Mult Edile 68, non risultando provato, secondo la valutazione di merito della Corte territoriale, alcun nesso eziologico tra le limitate opere poste in essere da tale ditta e le infiltrazioni lamentate, nè potendo ritenersi che l’appaltatore avesse assunto la custodia del cantiere.

In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso con assorbimento del secondo; respinto il terzo motivo.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Trento, sez. stacc. di Bolzano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso.

Dichiara assorbito il secondo motivo.

Respinge il terzo motivo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Trento, sez. stacc. di Bolzano, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2017

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