Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29209 del 21/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2020, (ud. 24/11/2020, dep. 21/12/2020), n.29209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20434-2019 proposto da:

S.A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE BASSO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3674/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata il 27/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza 3674/2018 la CTR della Puglia accoglieva parzialmente l’appello proposto da V.E. avverso la sentenza della CTP di Bari confermando la gravata decisione in punto regolarità delle notifiche relative a diverse cartelle riguardanti la Tarsu (anni dal 2003 al 2009) Ici (anno 2003-2004), IVA, Irap e Irpef dal 2008 al 2010 con la sola eccezione della cartella relativa all’Iva anno 2009 dell’importo complessivo di Euro 1.150,66.

Osservava che la regolarità delle notifiche precludeva al contribuente di far valere vizi propri delle cartelle escludendo che l’Agente della riscossione fosse tenuto all’esibizione in giudizio di copie delle cartelle nel loro contenuto integrale nemmeno ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, che peraltro ne prevede la conservazione in alternativa alla matrice.

Avverso tale sentenza V.E. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Nessuno si costituisce per l’Agenzia delle Entrate-riscossione e per il Comune di (OMISSIS).

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 2719 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e dell’art. 115 c.p.c..

Lamenta che la CTR sarebbe incorsa in un errore ritenendo rituale le notifiche nonostante l’ente concessionario si fosse limitato a produrre solo copie prestampate delle relate di notifiche neppure autenticate.

Con un secondo motivo si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, della violazione e falsa applicazione degli art. 2719 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e dell’art. 115 c.p.c..

Sostiene che a torto la CTR avrebbe rilevato la ritualità della notifica delle cartelle malgrado fosse stato specificamente contestato dal contribuente l’avvenuta notifica degli avvisi di accertamento che rappresentano gli atti presupposti.

Osserva che l’Agenzia delle Entrate in proposito si sarebbe limitata a produrre copie prestampate degli atti che non avrebbero alcuna valenza probatoria.

Con il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, della violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., e dell’art. 115 c.p.c..

Rileva che la ritenuta regolarità della notifica delle cartelle ha precluso al giudice di appello di esaminare la prescrizione del credito azionato che viene riproposta in questa sede.

Sostiene che la prescrizione sia dei tributi erariali che di quelli locali matura con il decorso dei cinque anni termine che nella specie sarebbe pienamente trascorso non essendo intervenuto alcun atto interruttivo.

I primi due motivi che possono esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione sono inammissibili per violazione dell’art. 366 c.p.c., e comunque infondati.

Occorre ricordare che al fine di evitare di incorrere in un vizio di genericità del motivo per il mancato rispetto del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il ricorrente è tenuto ad indicare elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto della decisione che si assume viziata allo scopo di consentire a questa Corte di apprezzare l’effettiva portata dell’impugnazione proposta, senza compiere generali verifiche degli atti.

Difatti la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è sì anche giudice del fatto processuale e ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa al fine di valutare la fondatezza del vizio denunciato, purchè però lo stesso sia stato ritualmente indicato e allegato nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4; è perciò necessario, non essendo tale vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (si vedano in questo senso, fra molte, Cass. 2/2/2017 n. 2771, Cass. 30/09/2015 n. 19410).

Principio questo che nel caso in esame non può dirsi rispettato.

Il contribuente si limita a contestare la valenza probatoria degli atti prodotti dalla concessionaria senza trascriverne il contenuto o allegarli in causa incorrendo con ciò nella violazione dell’art. 366 c.p.c..

Le contestazioni veicolate attraverso i due motivi sono comunque infondate.

Secondo il condiviso orientamento di questa Corte in tema di notifica a mezzo posta della cartella esattoriale emessa per la riscossione di imposte o sanzioni amministrative, trova, infatti, applicazione il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, per il quale la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore – come accaduto nel caso di specie – di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, come risulta confermato per implicito dal citato art. 26, comma pen., secondo il quale l’esattore è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione (v. Cass. 2020 nr 10144 Cass. n. 16949 del 2014; Cass. n. 14327 del 2009; Cass. n. 14105 del 2000).

Quanto alle modalità con cui si debba fornire la prova della notifica della cartella esattoriale, questa Corte si è già espressa nel senso che non sussiste un onere, in capo al Concessionario, di produrre in giudizio la copia integrale della cartella, poichè tale obbligo, in particolare, non discende dal richiamato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 comma 4, che peraltro prevede, a fini amministrativi, la conservazione di copia della cartella in alternativa alla “matrice” (la quale – come chiarito da Cass. n. 10326/2014 – è l’unico documento che resta nella disponibilità del concessionario per la riscossione nel caso in cui opti per la notificazione della cartella di pagamento nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore anzichè con raccomandata con avviso di ricevimento).

Deve ritenersi, pertanto, ammissibile la prova della notificazione mediante produzione, ove il Concessionario opti per tali forme di notificazione, della relata (che contiene riferimenti circa alla cartella) separatamente dalla copia della cartella, della matrice o dell’estratto di ruolo, il quale ultimo è, ai fini che interessano, equipollente alla prima (cfr. Cass. n. 6395/2014; conf. Cass. nn. 15795/2016, 23039/2016, 23902/2017; Cass. 2020 nr 2805). Ciò posto nel caso in esame la CTR ha analizzato partitamente le notifiche di ciascuna cartella ritenendo probanti i documenti prodotti in copia informale e rispettose della norma di riferimento (del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26).

Il ricorrente mostra di non aver colto la ratio decidendi della pronuncia impugnata, la quale si sostanzia nell’attribuire, in assenza di specifiche contestazioni in ordine alla loro conformità, alle copie la medesima valenza degli originali. In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 4, la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo, incombendo alla parte l’onere di contestarne la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice l’obbligo di disporre, solo in tal caso, la produzione del documento in originale, ai sensi del citato art. 22, comma 5, (Cass. n. 8446 del 27/04/2015; Cass. n. 22770 del 23/10/2006).

Contestazione questa che non è stata sollevata dal contribuente il quale si è limitato a censurare la valenza probatoria della copia anche con riferimento all’atto presupposto.

Il rigetto dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo stante la rilevata ritualità delle notifiche delle cartelle.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Nessuna determinazione in punto stante la mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020

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